Forza e coraggio che la politica è di passaggio. Il nome del nuovo partito di centro che il vulcanico sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, vuole fondare, ovvero “Coraggio Italia”, logo e simbolo già depositati all’ufficio brevetti del Ministero, sembra più un messaggio disperato e, quasi quasi negativo, all’attuale politica italiana aggrappata a SuperMario, nel senso di Draghi.
Cosa c’entra l’imprenditore prestato alla politica nel 2015 con la candidatura vincente a sindaco di Venezia?
È una storia che vale la pena di essere raccontata da vicino. Luigi Brugnaro, classe 1961, nasce a Mirano vive a Spinea, area metropolitana di Venezia. La mamma Maria è maestra, autorità indiscussa e amata tra le scolaresche locali. Maniere signorili, dizione perfetta. (“Ma come hai fatto un figlio così? – a volte le chiedono. Ma el se bon!”. La sua repentina risposta). Il papà Ferruccio, è l’operaio-poeta-sindacalista, già popolare al Petrolchimico di Portomarghera nei roventi anni Settanta. Uomo di lotta e di cultura. Leggeva le poesie in fabbrica e prendeva le botte dalla polizia al grido: sono dalla parte della gente più sfruttata della terra! Libri di poesie tradotti in diverse lingue.
Il “Coraggio” di realizzarsi: UMANA
Da genitori così poteva nascere la prima impresa di lavoro interinale, una di quelle legalizzate nel 1997 con la legge 160, chiamato “Pacchetto Treu”? La risposta è: sì. Ma dai genitori non ha appreso nulla? Luigi, che da bambino già racimolava qualche lira andando a dipingere le ringhiere dei giardini dei vicini e che da studente-lavoratore faceva il cameriere a percentuale, vicino alla stazione di Venezia, fonda Umana un quarto di secolo fa. Oggi holding che raggruppa 23 imprese con 700 milioni di fatturato e mille collaboratori diretti. Scusate se è poco. Credo che da ragazzo non sognasse minimamente di diventare politico, semmai calciatore.
Il “Coraggio” di entrare in politica
La folgorazione sulla via di Damasco, la ebbe nell’autunno del 2014. Prima dichiarazione dell’allora presidente della gloriosa società di basket Reyer (che lui dalla serie C porta direttamente in serie A…). “Se alle primarie del Pd, tra il senatore Felice Casson e il giornalista Nicola Pellicani, vince l’ex magistrato, allora mi candido, altrimenti mi va bene Pellicani con il quale mi lega l’amicizia con il papà Gianni, già vicesindaco “campagnolo” a Venezia. Contro Casson, candidato sindaco per la sinistra, Brugnaro, grande organizzatore, mette su una macchina da guerra infernale, che il senatore cercherà di smontare chiedendo ai Tribunali una indagine sui finanziamenti elettorali.
La battaglia è epocale. Casson parte favorito dai sondaggi che lo collocano vincente attorno al 70% dei consensi. Commette l’errore, dopo la prima clamorosa trombatura con Cacciari del 2005, di stare seduto sugli allori dei consensi. Da decenni la sinistra domina incontrastata a Venezia-Mestre-Marghera. Mentre Casson dorme, il villan nel senso del campagnolo Brugnaro, come lo cercheranno di denigrare i gauche-caviar di Venezia, si muove come un pazzo. Spritz, feste, musiche, strette di mano, pacche sulle spalle. Giusto il contrario di quello che (non) fa Casson.
In lungo e in largo tra isole e periferie, Luigi Brugnaro, guai a chiamarlo Gigi o Gigio, sfonda a centro destra. “Ma non sarò né di destra, né di sinistra, o se preferite di tutte e due le parti”, il suo slogan che anticipa di un decennio Giuseppe Conte e la politica attuale. Sistema i bilanci, ultra malandati dell’amministrazione, dove denuncia un “buco” tra Comune e partecipate di 800 milioni. Boom! Che bugia, denunceranno a gran voce a sinistra. Alla prima certificazione della Corte dei conti, viene però dichiarato un “rosso” di 799 milioni. In pratica l’intero consiglio comunale è nelle sue mani.
Ci sono anche errori
È vero. Commette l’errore di criticare le scelte omogenitoriali dell’ex consigliera verde, Camilla Seibezzi, si prende i rimbrotti mondiali di Elton John, felice papà omogenitoriale, paga decine di migliaia di euro per aver offeso in Consiglio il senatore Pd Andrea Ferrazzi; è costretto a rinunciare all’acquisto – fatto con un’asta regolare – dell’isola di Poveglia, che lui vorrebbe rigenerare come centro sui problemi alimentari con 40 milioni di investimento e che ora giace abbandonata. Si inventa il blind trust per pararsi le terga contro eventuali conflitti di interessi sull’area strategica dei Pili, Porta di Venezia, ovvero società di 42 ettari ai bordi della laguna, comprata per 5 milioni nel 2007 con il placet dell’allora sindaco Cacciari. E secondo qualcuno ci sarebbe un aspirante acquirente indonesiano pronto a offrire 50 milioni.
Il 2020
Nel 2020 la sinistra ritenta di riprendersi la città con il candidato Pierpaolo Baretta, sottosegretario all’Economia, ma si capisce subito che non c’è trippa per gatti. Brugnaro vince al primo colpo e si porta a casa un consiglio e una giunta al 90% mestrina e terrafermiera. Forse per questo i veneziani del centro storico non lo votano. Pazienza, la sua risposta, se ne faranno una ragione. Diventa una celebrità a livello nazionale, tanto che il “vecchio” Berlusconi lo candida come suo prossimo sostituto. E intanto va a braccetto con Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Il lontano slogan: né destra né sinistra sembra un po’ smarrito.
Il “Coraggio” parte da qui
Ma è da qui che parte il Gigio Nazionale. Incontri a Roma, con Renzi, con Calenda, con l’ex Dc Gianfranco Rotondi ( che lo definisce “un talento da mandare a Roma in prima linea..”), con il governatore ligure Giovanni Toti, con Gaetano Quagliarello, con Adriano Paolozzi, financo – pare – un incontro riservato con il presidente Mattarella, quando a Roma riceve dal CONI l’ambito riconoscimento di maestro dello sport. Già, in 5 anni di governo locale, Brugnaro trova il tempo di vincere con la sua amata Reyer, due scudetti, una coppa Europa e una Coppa Italia. Veniamo al 2021. Premessa. Prossime scadenze elettorali in autunno: amministrative a Milano, Torino, Bologna, Roma, Napoli, ecc. quanto basta per provocare un ribaltone politico. Semestre bianco per l’elezione del presidente. Scadenze Recovery fund 2022, elezioni politiche 2023.
Ora Luigi esce allo scoperto
Quanto basta per lasciare in questi giorni la seguente dichiarazione: “ Non possiamo più far finta di niente, dobbiamo da subito sostenere le riforme, creare lavoro, rilanciare il nostro paese tutti insieme”. Per Luigi Brugnaro è la prima dichiarazione da leader nazionale. L’Italia color fucsia. Il partito del fare. Seconda dichiarazione urbi et orbi: “È il momento di fare delle scelte coraggiose, donne e uomini di buona volontà a cui chiediamo di mettersi generosamente a disposizione per il futuro dell’Italia. La costituzione di un nuovo grande progetto politico”. Terza dichiarazione ecumenica: “Il problema è che siamo rappresentati male in Parlamento. Ogni volta i peggiori li abbiamo trovati tra i nostri. Non si preoccupano del lavoro ma puntano a prendere quattro voti, questi non li convincerò mai”. Amen. Come diceva Alcide De Gasperi: il piccolo politico pensa alle prossime elezioni politiche, lo statista al futuro del Paese.
Il “Coraggio” dove si sistemerà?
Ora al centro si aprono delle praterie lasciate dai pentastellati (32% e 11 milioni di voti nel 2018, 474 parlamentari), dalla riduzione del renzismo, dalla nostalgia delle riforme mai fatte e possibile ritorno al maggioritario.
C’è la farà Gigio? È partito sette anni fa con lo slogan dialettale “Ghea podemo far”, imitando l’Obama del 2008 “Yes we can!”.
Gli slogan a basso costo
Siamo l’Italia degli slogan a basso costo: la promessa di un milione di posti di lavoro, oppure “uno vale uno”. Allora ultima citazione d’obbligo con l’immortale Giulio Andreotti: In politica meglio veder lontano o vicino? Sia miopi che presbiti, in politica, sono pericolosissimi.
Maury Claut