Alla Ikona Gallery di Venezia è possibile visitare, fino al 30 novembre, la mostra WILLIAM KLEIN – encore. still. ancóra, una personale che rende omaggio a uno dei maestri indiscussi della fotografia del Novecento.
Sedici stampe originali in bianco e nero, provenienti dallo Studio Klein di Parigi, raccontano le grandi metropoli – da New York a Roma, da Mosca a Tokyo – e il mondo della moda. Scatti che, oggi come allora, condensano avanguardia, contraddizione e forza visionaria. “Encore. still. ancóra” diventa così titolo e dichiarazione d’intenti: un ritorno che rinnova e al tempo stesso interroga il senso stesso del fotografare.
William Klein, il fotografo che ha cambiato lo sguardo


Nato a New York nel 1926 e scomparso a Parigi nel 2022, William Klein è stato una figura rivoluzionaria che ha attraversato linguaggi diversi: dalla pittura al cinema, dalla grafica alla fotografia. La sua irriverenza e la sua capacità di rompere gli schemi lo hanno reso un artista dirompente, capace di influenzare generazioni di fotografi e creativi.
La sua fama nasce con la pubblicazione di “Life is Good & Good for You in New York” (1956), un libro che sovvertì ogni canone estetico e narrativo della fotografia del dopoguerra. Immagini sfocate, tagli improvvisi, contrasti violenti e inquadrature ardite restituivano l’energia e il caos della metropoli americana in un modo mai visto prima.
Klein ha rivoluzionato anche la fotografia di moda portandola fuori dagli studi e dalle pose costruite, calandola invece nelle strade, tra la gente, negli scenari reali della vita quotidiana. Allo stesso tempo ha dato forma a una nuova fotografia urbana: le sue celebri serie dedicate a New York, Roma, Mosca, Tokyo e Parigi non sono semplici reportage, ma veri e propri ritratti emotivi delle città, colti nella loro energia caotica e contraddittoria.
William Klein e il legame con l’Italia

Tra i capitoli più intensi della sua carriera c’è il libro “Roma” (1959), frutto del soggiorno nella capitale italiana, dove Klein si trasferì dopo aver vinto un premio di pittura che lo portò in Europa. Quelle immagini raccontano un’Italia vitale e contraddittoria, segnata dalla ricostruzione postbellica e al tempo stesso attraversata da una grande energia sociale e culturale. La sua Roma è fatta di bambini di strada e di monumenti, di processioni religiose e di sguardi popolari: una fotografia cruda e poetica, lontana dalle cartoline turistiche, che restituì una città autentica e inaspettata. Questo legame con l’Italia è stato determinante anche per la sua carriera, consolidando la sua fama internazionale e contribuendo a ridefinire il linguaggio del reportage fotografico.
Un’eredità viva

La carriera di Klein è stata costellata di riconoscimenti e mostre in sedi prestigiose: dal MoMA di New York (1980) al Centre Pompidou di Parigi (2005), dalla Tate Modern di Londra (2012) al MAAT di Lisbona (2024). Nel 2019, in suo onore, l’Académie des Beaux-Arts ha istituito il Premio William Klein per la Fotografia.
Ikona Gallery, 46 anni di visioni

La mostra di Ikona Gallery è anche un modo per celebrare la storia della galleria fondata da Živa Kraus nel 1979 e diventata dal 1989 Scuola Internazionale di Fotografia. Pittrice, gallerista e curatrice di origine croata, Živa Kraus è una delle figure più influenti del panorama artistico veneziano e internazionale. Nata a Zagabria nel 1945, si è formata all’Accademia di Belle Arti della sua città, per poi trasferirsi negli anni Sessanta a Venezia, dove ha intrecciato la propria vocazione creativa con un instancabile impegno nella promozione culturale. In questi decenni le sue sale hanno accolto giganti come Robert Doisneau, Helmut Newton, Mario Giacomelli, Gianni Berengo Gardin, Bruce Davidson. Il nuovo progetto espositivo conferma il ruolo di Ikona Gallery come punto di riferimento internazionale: un luogo dove la fotografia continua a raccontare, interrogare e trasformare lo sguardo sul mondo.


















































































Apprezzo molto gli scatti fotografici di Klein per la sua capacità di rendere partecipe l’osservatore , quasi fosse lì presente.