E’ la signora dei libri e delle parole. Ogni anno dal 2005 mette insieme scrittori, giornalisti cantanti, star della tv, attori, musicisti, scienziati, e li trasporta a Padova tra saloni, teatri, librerie. La Fiera delle Parole si sparge per la città, in pochi giorni centinaia di piccoli e grandi protagonisti si mescolano a molte decine di migliaia di spettatori. Ogni anno Bruna Coscia ricomincia da capo ed è forse quello il momento più difficile.
Come nasce la Fiera delle Parole?
“All’inizio quando programmo non so mai cosa ne verrà fuori, navigo a vista verso un porto sicuro. Poi è come una cosa che cresce da sola, un po’ alla volta. Vedo un libro, sento una musica, metto fuori un’antenna e costruisco un programma. Quando alla fine vedo tutto il lavoro e do alle stampe il programma allora vuol dire che sono soddisfatta, anche se hai paura che ci sia sempre qualcosa che ti sei dimenticata. Ma penso che alla fine tutto somiglia davvero alla Fiera delle Parole che è e resta un lavoro di gruppo”.
Cosa vuol dire andare avanti da quasi vent’anni?
“Vuol dire incontrare tante persone, imparare quanto più possibile. Vuol dire anche tante amicizie. Questa edizione è dedicata a Sergio Staino, il grande disegnatore satirico, mancato lo scorso anno. Il suo personaggio Bobo ha segnato un’epoca della nostra storia. La Fiera è cresciuta insieme a lui, ci conoscevamo da quando a Este avevo fatto un cineclub e lui era venuto a presentare il suo film ‘Cavalli si nasce’. Non ci siamo più persi e quando gli ho parlato della Fiera ha disegnato la vignetta che è diventata il nostro logo.
Era un uomo molto generoso, fa parte di quelle amicizie che non vorresti mai perdere. Come con Roberto Vecchioni, con lui ci conosciamo dal 1980 quando è venuto a fare un concerto a Este e poi ha presentato in teatro il suo primo libro. Allora non c’erano in giro tanti festival culturali, oggi decisamente c’è più attenzione per la cultura. Anche se il Covid ha cambiato non poche cose e pure le attenzioni del pubblico. Grandi personaggi e amici, come Corrado Augias, come Francesco Guccini, Mario Tozzi e tanti altri. E’ il mio patrimonio”.
Chi è la signora delle parole
Bruna Coscia, la signora bionda dei libri, nata ad Anguillara dice che proprio la sua origine l’ha resa più forte: “Mi sento una provinciale, ma molto provinciale, nata in un paese di frontiera e di fiume”. Ha incominciato con una radio libera all’alba degli anni ’80, con coraggio e un po’ di incoscienza ha organizzato a Este, con un gruppo di compagni di lavoro della radio, il concerto di un quasi sconosciuto Vasco Rossi. Fu un successo clamoroso, si capì subito che quel giovane emiliano sarebbe diventato una star. Sulla scia di quel successo quei giovani della radio chiamarono Gianna Nannini, Roberto Vecchioni, Ron, gli Stadio.
Altre piazze piene. Era chiaro che la giovane polesana aveva talento nello scegliere l’artista giusto e nel capire cosa chiedeva la gente. Dalla musica al cinema, con la creazione di un cineclub, altra incoscienza premiata: si presentò alla Mostra del Cinema di Venezia per chiedere al regista Citto Maselli, che vedevano per la prima volta, di venire a Este per una conferenza. E Maselli non solo arrivò, ma convinse Montaldo, Nanny Loi, Ugo Gregoretti e Luigi Magni a seguirlo in quell’avventura. Fu così che il grande cinema italiano di quegli anni fece grande il piccolo cineclub di Este.
Tutto è incominciato il 25 aprile del 2005 a Rovigo, nell’ex Zuccherificio…
“E’ vero, era una sfida, con poche risorse e tante illusioni. Una scommessa che puntava sul futuro. Ma ho capito cosa avrei dovuto fare per non mollare, per portare avanti il grande sogno. Siamo cresciuti anno dopo anno, sbagliato e corretto, provato e riprovato. Trovi difficoltà di ogni tipo, però con la passione e l’impegno ce l’abbiamo fatta. Hai bisogno di avere attorno collaboratori validi, della dedizione di molti, della paziente sopportazione di mio marito Galdino che mi ha sostenuto dal primo momento, mi ha coperto le spalle anche nelle immancabili difficoltà. Ma ce l’abbiamo fatta. Ci vuole un anno per costruire un programma, tutto il mio tempo è dedicato alla cultura”.
Qual è il rapporto tra Padova e la Fiera delle Parole?
“Padova ama la Fiera delle Parole, è stato un amore a prima vista, dall’inizio c’è stata una grande attenzione. E continua, ogni anno mi stupisco di vedere questo amore ricambiato. Qui è tutto gratuito, non si paga per gli eventi, il giorno stesso dell’apertura avevamo il tutto esaurito, una cosa incredibile. Abbiamo la collaborazione prima di tutto del Comune, poi dell’Università, del mondo ecclesiastico, delle librerie, tutti quelli che hanno a che fare con i libri hanno voglia di far parte della fiera, abbiamo la collaborazione dei giornalisti.
Ogni anno è come se ci fosse un appuntamento, una festa, mi stupisco di quanta gente si interessa alla Fiera. Più offri sale grandi e più si riempiono, una volta mi sembrava impossibile riempire gli 800 posti del Palazzo della Ragione e ci siamo riusciti. Poi abbiamo traslocato alla Fiera con sale da mille posti e le abbiamo riempite. Più gente viene ed è una cosa bellissima, emozionante. L’anno scorso ci hanno seguito almeno 60 mila persone, la Fiera si è ripresa alla grande la città dopo le stagioni del Covid. Ne nasce anche un indotto notevole per la città. La cosa più sorprendente è questo affetto e il contributo dei volontari che sono una quarantina, tutti giovanissimi, tutti laureandi o neolaureati”.
Ci sono stati momenti difficili?
“Forse la cosa più difficile è far quadrare i conti, credere nei miracoli per far presto e non commettere errori. Ma il sindaco ci crede, ci crede il Comune e gli altri enti, accade da anni”.
Da quel 25 aprile del 2005 la Fiera delle Parole è diventata una delle più grandi manifestazioni culturali d’Italia, ha messo assieme in tutti questi anni migliaia di autori, milioni di persone.
Insomma, Bruna Coscia nel suo piccolo già tra radio e cineclub muoveva le montagne. Da lì a muovere libri e scrittori il passo non è stato poi così lungo. Quel 25 aprile fu l’inizio della lunga e fortunata strada. Lo ricordo bene, sono partito da Mestre per Rovigo con Gualtiero Bertelli per presentare il mio libro appena uscito, “Il sangue di tutti”, 1943-1945 occupazione e resistenza a Nordest. Bertelli aveva la sua fisarmonica e una serie di canzoni per raccontare quegli anni terribili. A Mira le signore della Croce Rossa ci fermarono col bocolo di San Marco, una lunga rosa rossa, lo portammo a Bruna come augurio per la sua nuova avventura.