Devo all’amica Rina Dal Canton, che me ne ha fatto dono, la scoperta di un testo per me inedito del poeta Diego Valeri (1887-1976). Si tratta di un libretto di grande semplicità tipografica ma di alto valore culturale dedicato alla grande Mostra Cinque secoli di pittura veneta, che si tenne a Venezia dal 21 luglio al 31 ottobre 1945.
È un volumetto che si può leggere come il poetico catalogo della storica esposizione, completato da 24 riproduzioni in bianco e nero (era appena finita la guerra, ed era già un miracolo che ci fosse la carta…). È un testo che, grazie al “potere disarmato della bellezza”, trascina i lettori, anche quelli che non abbiano confidenza con l’arte classica (ma amino la lettura).
Dunque, Cinque secoli di pittura veneta, edito a Padova nel settembre del 1945 da Le Tre Venezie e raccontato da un poeta famoso, allora nella piena maturità.
Chi era Diego Valeri

Diego Valeri inizia il suo commento annotando l’eccezionalità dell’evento artistico perché “in tempi ordinari, le opere vivono disseminate, e mezzo celate, nei musei e nelle chiese della regione” mentre in un’unica mostra i dipinti magnificano la grande arte fiorita “sotto il cielo di Venezia”.
L’osservatore, e in primis il poeta, visitando la mostra ascolta la voce del tempo, di un’epoca, e vede il genio veneto esprimersi nel suo splendore in un contesto drammatico, quel secondo dopoguerra con la desolazione delle rovine e l’angoscia dei lutti.
Lo sguardo del poeta è incantato, e la sua parola gareggia con la bellezza delle forme e la suggestione dei colori che si fondono nello stile pittorico veneto. Ecco come introduce Giorgione: “è l’apollineo giovinetto che, per virtù di genio, trova senza cercare, e innova profondamente senza uscire dalla tradizione: da quella che ormai si può dire la tradizione della nostra pittura”. Si noti come il poeta con quell’aggettivo “nostra” sia coinvolto, come “senta” la pittura che “trasfigura così immediatamente la realtà in sogno”, mentre “risolve tanto ardore di senso e di anima in puro canto di aerea malinconia; che, per trovare un giusto termine di paragone, dobbiamo pensare alla poesia di Saffo…” (la Pala di Castelfranco).
E, a proposito di Francesco Guardi: nella sua opera “la pittura veneta toccava l’ultima sua perfezione, finendo in sé l’ardore dell’antico desiderio; e così nasceva la moderna pittura europea, tutta intesa a ritrovare per tante vie, e nel gioco serrato delle azioni e delle reazioni, l’ingenuità e la purezza di un primo sguardo sul mondo”.
Citazione d’autore

Fare, e fare in grande
“Se ti viene la felicità del fare, seguila docilmente e appassionatamente: il pittore si salva se lascia alle spalle qualche opera nata con grazia, tenera o terribile che sia. I grandi artisti, Bernini, Tiepolo, Picasso, che danno un nuovo modo di fare atieneall’arte del loro tempo, si salvano anch’essi per la bellezza che accompagna i loro grandi progetti”.
“È facile che nasca in te un conflitto fra la cultura che ti impartiscono, specie quando si è giovanissimi, e quella che tu intravedi, cerchi e ami. Questa è la nuova ed è l’essere, quella è l’avere, e farai bene a servirtene se ti giova per convenienza, ma a disfartene a favore di ciò che ti appartiene”.
Corrado Balest, pittore (1923-2016)
Dal suo Manuale, Angelo Colla editore 2008
Scenari celesti

(poesia)
I
Gli dèi antichi non sono morti
ma, fuggiti dal cielo, la terra
li ha accolti – sono il nutriente
delle nostre radici, l’humus
fantastica del Tempo
che si attorciglia affamato
ai piedi dei monumenti.
II
La luna, migrante celeste, passa
fra le bianche nuvole estive,
corre oltre i confini e le stelle
sono la sua scorta regale.
III
La luce dell’astro notturno,
la visitatrice, si posa sul letto
e silenziosa respira con noi.
Anonimo 2024
Mi ricordate Leopardi
” Dolce e chiara è la notte
e senza vento,
e queta sovra i tetti
e in mezzo agli orti
posa la luna
e di lontan rivela
serena ogni montagna …