Stivalaccio Teatro fa rivivere la Commedia dell’Arte tra intrighi e risate. Maschere dalle smorfie inamovibili e grandi interpreti, tra le vie della città così come sul palcoscenico. A Venezia va in scena il gioco degli equivoci. Il Teatro Goldoni celebra i giorni di Carnevale con Arlecchino muto per spavento, che ha debuttato giovedì 8 febbraio. Stivalaccio Teatro ripropone uno dei canovacci più rappresentati nella Parigi di inizio ‘700. Lo spettacolo, diretto da Marco Zoppello, riaccende i riflettori sulla commedia dell’arte, ispirato al canovaccio Arlequin muet par crainte di Luigi Riccoboni. Sotto ai riflettori la maschera più amata di sempre, quella che simboleggia la storia e il costume italiano. Tutto questo proprio nei giorni in cui tra calli e campielli di maschere ne sfileranno a centinaia da tutte le parti del mondo.
Arlecchino torna nel teatro popolare
Un teatro popolare, ricco di spunti, in cui la tradizione viene smontata e rimontata con strumenti di interpretazione e lettura contemporanei. Sul palcoscenico nove attori, alle prese con recitazione, canto, danza, combattimento scenico. Non manca niente, nemmeno un occhio di riguardo per l’ecologia e la sostenibilità. Tutti i costumi, ideati da Francesca Parisi, Sonia Marianni, Caterina Volpato, sono stati realizzati riciclando stoffe e materiali a basso impatto ambientale. Mentre le scenografie sono state costruite direttamente nella bottega di Stivalaccio Teatro, da Roberto Maria Macchi e Matteo Pozzobon.
Lo spettacolo, in scena fino al 13 febbraio, giorno in cui sarà celebrato il martedì grasso, è co-prodotto da Stivalaccio Teatro, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Verona, con il sostegno di Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, Fondazione Teatro Civico di Schio.
La trama ruota tra gli amori contrastati e caparbi, attorno all’intrigo
Il giovane Lelio a Venezia si innamora di Flamminia, figlia di Pantalone de’ Bisognosi. Ma il padre della giovane l’ha già promessa in sposa a Mario, figlio di Stramonia Lanternani, il quale però ama Silvia, ragazza risoluta e determinata. Lelio a Milano intende ricondurre alla ragione Mario e Stramonia o, alla peggio, sfidare il giovane a duello. La notizia è segreta ma Arlecchino, servitore di Lelio, è pronto a spifferarla. Per ridurlo al silenzio, il padrone gli gioca un tranello: finge che un demonio sia imprigionato nel suo anello e, se parlerà, lo spirito maligno glielo rivelerà ed il servitore sarà decapitato. Arlecchino decide dunque di chiudersi in un religioso silenzio, diventando muto. Ma privato della parola, s’innamora della servetta di Pantalone, Violetta. E così sorgono le complicazioni tra le coppie di innamorati.
Arlecchino muto e l’abilità italiana
Arlecchino muto per spavento è un grande omaggio all’abilità italiana del fare di necessità virtù. Venne rappresentato a Parigi, nel 1716, quando i Comici Italiani tornarono ad essere protagonisti del teatro parigino. Allora Luigi Riccoboni, in arte Lelio, si circondò dei migliori interpreti dello stivale tra cui, per la prima volta in Francia, l’Arlecchino vicentino Tommaso Visentini che non parlava però la lingua francese, deficit imperdonabile per il pubblico della capitale. E fu così che emerse il genio di Riccoboni nell’inventare un canovaccio dove il servo era muto, per spavento.
Esili vicende, ambientate in un mondo surreale e fantastico, echi dello splendore teatrale italiano di tempi lontani che riescono ancora oggi a strappare un sorriso, a dar vita a una gioia senza peso e senza tempo. E a un briciolo di poesia.