Vita breve ma intensa quella di Tina Modotti, donna straordinaria che attraversò gli anni più densi di avvenimenti storici del secolo scorso. Attrice, viaggiatrice, poliglotta, fotografa, attivista politica, animatrice del Soccorso Rosso Internazionale, traduttrice, perfino autrice di saggi, pittrice e poeta.
Una mostra per Tina
A questa figura Rovigo dedica una mostra “TINA MODOTTI, L’opera”, allestita a Palazzo Roverella (Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, e con il sostegno di Intesa Sanpaolo), che ha aperto i battenti il 22 settembre scorso e rimarrà aperta fino al 28 gennaio prossimo. Mancano dunque pochi giorni alla chiusura per poter ammirare le 300 fotografie tratte dalla sua produzione. L’esposizione, è curata da Riccardo Costantini e prodotta da Dario Cimorelli Editore con Cinemazero di Pordenone che negli anni, assieme a Gianni Pignat e Piero Colussi, ha portato avanti l’ambizioso progetto di ricostruire la produzione fotografica dell’artista, con ricerche in ogni lato del pianeta, fra musei e collezionisti privati, arrivando a individuare oltre 500 fotografie da lei scattate, molte, moltissime di più di quelle note.
Chi era Tina Modotti
Assunta Adelaide Luigia Modotti, detta Tina, nacque nel 1896 a Udine da una famiglia operaia. Come molte altre famiglie dell’epoca i Modotti emigrarono prima in Austria e poi negli Stati Uniti. Tina nel 1913 è a San Francisco dove lavora in una fabbrica tessile, ma dopo pochi anni la sua bellezza e il suo temperamento la portano a calcare le scene dei teatri degli emigranti a Little Italy. A 21 anni si trasferisce a Los Angeles con il compagno pittore e poeta Roubaix de l’Abrie Richey (in arte Robo), dove frequenta un ambiente bohemien ricco di stimoli intellettuali. Nel 1920 esordisce a Hollywood dove recita in tre film, uno dei quali, The Tiger’s Coat, è proiettato in mostra. Da notare che Tina è l’unica attrice italiana, a parte Lina Cavalieri, a interpretare un ruolo da protagonista nel cinema muto americano.
Nel 1922 la morte prematura in Messico di Robo e poi del padre e la relazione, nel 1923, con il fotografo Edward Weston segnano una svolta nella sua vita. Si trasferisce con lui in Messico e da lui apprende l’arte fotografica, che diventerà per anni la sua attività lavorativa ed espressiva.
L’arte della fotografia
Le sue foto in bianco e nero, realizzate con una pesante e ingombrante macchina fotografica Graflex 4”X5”, raccontano un particolare talento di osservazione della realtà che la circondava, uno sguardo, il suo, febbricitante e appassionato, com’era lei, del resto.
Riccardo Costantini definisce così l’arte di Tina Modotti: «Un percorso che ricostruisce la sua capacità di utilizzare la metonimia, più della metafora e del simbolo, con quella capacità tuttora commovente di raccontare il reale – fra leggera sfocatura e precisa attenzione al “cuore” del soggetto – con assoluta forza comunicativa. Quest’ultima si gioca molto nello stile di Modotti nella sua iniziale linearità: le sue foto colpiscono l’occhio immediatamente per come ricevono la realtà, restituendola innescando un flusso partecipativo successivo, che viaggia intermittente (andata e ritorno, in dialogo costante e paritario) dallo spettatore verso il soggetto immortalato. In questo dinamismo, la partecipazione si fa viva, partecipata e partecipante allo stesso tempo: si appartiene alla foto e allo stesso tempo alla realtà, e viceversa.»
Com’è organizzata la mostra
La mostra ricostruisce vita e opera dell’artista in otto sezioni: 1) Tinissima; 2) Il mondo di Tina Modotti; 3) L’arte di Tina Modotti, niente di più; 4) Popolare e folklorico; 5) Donne, madri, bambini; 6) Messico, terra di contrasti; 7) La grande mostra del 1929; 8) “Occhi negli occhi”: i ritratti.
Alcuni scatti, diversi di Weston, ce la restituiscono bellissima e misteriosa, il volto intenso, gli occhi di velluto, nel pieno della sua giovinezza. Tra le sue foto invece si ritrovano molti personaggi che hanno condiviso la sua vita, amori (Robo, Weston stesso, Julio Antonio Mella, Vittorio Vidali), amici, intellettuali come Vladimir Mayakovsky e scrittori come John Dos Passos, artisti come Diego Rivera. Ma anche le donne di Tehuantepec che ritrae al mercato, per strada, al lavatoio. Le donne rivestono un ruolo fondamentale nella fotografia di Tina Modotti.
Intraprese un viaggio verso l’Istmo di Tehuantepec verso la metà del 1929, dopo l’omicidio del compagno Julio Antonio Mella per il quale venne ingiustamente sospettata e che le costò una vera e propria gogna mediatica. Per superare questo momento tanto difficile partì da sola e si dedicò a fermare nel “senza tempo” fotografico la fierezza delle donne tehuane, che vivevano in una società a stampo matriarcale in cui rivestivano un ruolo politicamente e socialmente rilevante. I suoi scatti ci lasciano un messaggio sociale importante: il lavoro, la dignità delle donne sono centrali, il suo sguardo nel ritrarre la maternità, poi, è sempre intenso e dolcissimo.
Tina e il Messico
Pochi artisti hanno legato la propria opera a un Paese come lei ha fatto con il Messico e il suo popolo, documentandone anche il degrado e la povertà. Dal 1923 al 1929 praticamente tutta la sua produzione è concentrata qui. Nel 1930 dovrà andarsene, espulsa due mesi dopo il grande successo della sua prima (e unica) mostra personale allestita nella capitale, a causa della falsa accusa di aver partecipato all’attentato contro il presidente Pascual Orti Rubio.
In mostra viene riproposto nella sua forma più completa mai realizzata il percorso espositivo della mostra del 1929: 41 stampe certe sulle probabili 57/60 fotografie di allora.
Un documentario biografico del 1997, ¡ Que viva Tina!, di Silvano Castano, che conclude il percorso espositivo, aiuta a ricostruire gli ultimi anni della Modotti, anni in cui rinunciò per sempre alla fotografia per dedicarsi completamente all’attività politica, diventando membro del Comintern, vivendo a Mosca con Vidali, seguendolo poi in Spagna e rimanendoci dal 1936 al 1939 durante la guerra civile. Dopo il crollo del fronte repubblicano e l’instaurazione del regime franchista sempre assieme a Vidali, fece ritorno in Messico sotto falso nome, dove trovò la morte nel 1942 a soli 46 anni, in circostanze poco chiare .
Una vita avventurosa dunque quella di Tina Modotti, segnata da molti lutti, sospetti e misteri, ma illuminata da forti passioni e da molti indiscussi talenti.
Una mostra da non perdere.
Informazioni qui: https://www.palazzoroverella.com/tina-modotti-opera/
“TINA MODOTTI, L’opera”, Rovigo, Palazzo Roverella, fino al 28 gennaio 2024.