Il nuovo presidente della Biennale di Venezia sarà Giafar El-Siquili, sentimenti musulmani, 60 anni. Non è uno scherzo. È il nome da convertito di Pietrangelo Buttafuoco. Un intellettuale che ha collaborato sia per il Secolo d’Italia che per Repubblica. Ma anche per il Fatto Quotidiano e per Libero. Una persona complessa, un anarchico conservatore, come si diceva per Giuseppe Prezzolini.
Buttafuoco da giudicare dopo il suo operato
Due personaggi di primo piano, Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, e Salvatore Settis su Repubblica, lo difendono. È un uomo di cultura. Punto. Come amministratore verrà giudicato per quello che farà alla Biennale più famosa al mondo (e la prima, nonostante le imitazioni, anno di nascita 1895…). Giudicato dopo e non prima.
Romanziere, giornalista, drammaturgo, polemista sicuro. Da opposti estremismi a opposti isterismi, ironizza ora, facile facile, qualche giornale. E c’è già, nel perfido mondo dei social, chi pubblica meme e giochi di parole, tipo “A Venezia acqua salsa sul Buttafuoco”. “Il suo cognome è già tutto un programma…”. Ecc. ecc.
Speranzon su Buttafuoco
“È stato infranto un altro tetto di cristallo”, afferma ma senza ironia e in modo fin troppo tempestivo il senatore di Fratelli d’Italia, Raffaele Speranzon, veneziano, riferendosi a tutti i presidenti della Biennale precedenti, in odore di sinistra.
Giuseppe Galasso, Carlo Ripa di Meana, Paolo Baratta, Roberto Cicutto (che resterà in carica fino a marzo 2024). Affermazione intempestiva in quanto Buttafuoco è ancora un candidato designato. Spetta alle commissioni cultura di Camera e Senato approvare la nomina, entro metà novembre, che poi sigillerà il ministro Gennaro Sangiuliano.
“Spesso la Fondazione la Biennale di Venezia – rincara il senatore Speranzon – è stata considerata dalla sinistra un feudo in cui collocare amici e accoliti. Finalmente un cambio di passo che il Governo Meloni vuole imprimere in ogni sede culturale e sociale della nazione”. In pratica, benzina sul Buttafuoco. Affermazioni politica alquanto divisiva.
Il dietrofront
Per la cronaca il futuro presidente della Biennale fu nel 2015 il candidato di Matteo Salvini per la Regione Sicilia. “No! È un candidato musulmano”, si oppose otto anni fa, Giorgia Meloni. “Noi dobbiamo rivendicare le nostre origini di cultura greca, romana e cristiana”.
Il curriculum di Buttafuoco, catanese di nascita , è però molto ricco. Ex segretario nazionale Fronte della Gioventù, nipote di Nino Buttafuoco parlamentare MSI, componente dell’assemblea fondativa di Alleanza Nazionale nel 2003. Tre anni dopo è stato finalista al Premio Campiello a Venezia con il romanzo “Le uova del drago”.
Chi è Buttafuoco
“Non sono un intellettuale – disse – quel posto lo lascio volentieri a Massimo Cacciari”.
Nel 2012 dopo un articolo apparso su Repubblica “Il dizionario dei destrutti”, cattivissimo verso gli stretti collaboratori del presidente Berlusconi, rischiò il licenziamento da Panorama. Era una feroce critica al berlusconismo imperante. Restò senza stipendio.
E infatti, l’ultima sua fatica letteraria del 2023 è il libro: “Beato lui, panegirico sull’arciitaliano Silvio Berlusconi”. In parole povere Buttafuoco un uomo libero.
“Esiste un rapporto profondo tra le nostre culture”, disse a Teheran nel 2017. Chissà se lo ripeterebbe oggi ai tempi di Hamas.
Nel 2015 per l’editore Bompiani, pubblicò il romanzo “Il feroce Saracino”. Sottotitolo “Il califfo alle porte di Roma”.
A Venezia ora si aspettano quintali di polemiche e una laguna di chiacchiere. Ma qui giochiamo in casa.