“Basta parlare di emergenza maltempo, ogni volta si inventano bombe d’acqua, tempeste e altre cose. Bisogna incominciare seriamente a parlare di emergenza climatica. Quello che sta accadendo in Emilia Romagna mostra i segni evidenti di questo pericolo nuovo e sottovalutato. C’è giusto il tempo di correre ai ripari per rimediare. Se poi mi chiede se a Venezia possa ripetersi quello che è accaduto nel 2019, rispondo di no: perché la città è protetta dal Mose che ha dato prova di funzionare e di concedere il tempo per pensare a soluzioni prossime. Ma il tempo va adoperato per pensare al futuro, non per vivere di rendita. Il problema di Venezia sarà semmai quello di quante volte il Mose entrerà in funzione in un domani vicino: forse anche 300 volte all’anno!”. L’ingegner Giovanni Cecconi, 69 anni, marchigiano di Pergola e veneziano d’adozione, è uno dei massimi esperti della salvaguardia lagunare e profondo conoscitore del sistema del Mose al quale ha lavorato per decenni. Laurea a Padova, è stato premiato con la medaglia d’oro come miglior laureato del suo anno, il 1978. Un passato di assistente universitario e di calciatore dilettante, era una scattante ala sinistra. Oggi lavora nel suo studio, collabora con Ca’ Foscari, ha fondato e dirige il Wigwam Venice Lab ed è nella Commissione dei Cambiamenti climatici dell’ordine degli ingegneri della Città Metropolitana per la quale è tra gli autori della “Carta di Venezia Climate Change”.
Cecconi si definisce un “ingegnere sociale” perché organizza esplorazioni lagunari tra barene, pesca e Mose, per “acclimatare” i cittadini, per metterli cioè in condizione di apprezzare Venezia. Dice: “La competenza non è utile alla politica, ma può esserlo ai cittadini che costringono la politica a comportarsi meglio”.
Ingegner Cecconi, Venezia è diventata più fragile?
“Sono convinto che nel 2019 il Mose poteva e doveva essere provato, si potevano quantomeno ridurre i danni. Il Mose ha dato prova di poter funzionare bene. Mi ripeto: si pone il problema di quante volte deve e può entrare in funzione nell’arco di un anno. Con la situazione climatica che si sta creando prevedo che potrebbe essere chiamato a proteggere la città e la laguna quasi ogni giorno, anche quando l’acqua potrebbe essere troppo bassa per metterlo in funzione. E non costerebbe troppo, perché i vantaggi saranno di gran lunga superiori ai costi. Ma non ci sarebbero problemi all’ecosistema e anche il porto troverebbe la soluzione, andando fuori. Il vero problema rimane la possibilità tecnica di operare con la barriera mobile quando non hai il livello tecnico da cui partire. E ci sarà minore manutenzione perché non ci sarà la bassa marea. Ma forse per un quadro simile ci vorranno 60 anni, abbastanza per studiare la soluzione del dopo Mose. E va fatto presto e insieme per le nuove generazioni. Il futuro unisce, il presente divide perché c’è più conflitto”.
Che cosa sta accadendo col clima?
“In due giorni sulla Romagna è caduta la pioggia che in genere cade in due mesi. Un maltempo incessante, con precipitazioni senza sosta per giorni interi. Un evento meteorologico del tutto anomalo. Come è stato possibile? I meteorologi spiegano che il ciclone mediterraneo formatosi sulle coste del Nord Africa si è accanito sull’Appennino romagnolo e sulle pianure adiacenti a causa di un fenomeno chiamato ‘effetto Stau’. Il termine viene dalla parola tedesca Stau che significa coda, ristagno; e in meteorologia indica un vento di risalita che si presenta quando una corrente d’aria, mentre supera una catena montuosa, perde parte della propria umidità che condensa in precipitazioni piovose o nevose. Questo fenomeno favorisce maggiori precipitazioni nelle zone limitrofe alle catene montuose. A questa situazione si sono aggiunte diverse aggravanti: il ciclone si è praticamente fermato una volta raggiunto il Centro Italia, protraendo quindi il maltempo; i forti venti di bora sulla costa con mare agitato hanno ostacolato anche il deflusso delle acque dall’Appennino verso l’Adriatico; i terreni erano già intrisi d’acqua per via dell’alluvione di appena due settimane fa sempre nella stessa zona e con cause del tutto simili a quelle attuali. C’è stata una tregua, il peggio dovrebbe essere passato. Ma l’instabilità atmosferica, pur con delle fisiologiche pause, si protrarrà molto probabilmente per tutto maggio e forse anche nella prima parte di giugno”.
Può ripetersi quello che sta avvenendo in Emilia Romagna?
“Si tratta di grandi masse d’acqua che si scaricano in tempi brevissimi, purtroppo può ripetersi. Nel 2019 si è verificato qualcosa di simile, è stato anche il caso di Vaia con raffiche di vento pure a livello del suolo. Il mio amico meteorologo Tiziano Corte dice che questi episodi un tempo rari sono diventati improvvisamente frequenti, e in questo momento ne vediamo i segni evidenti. Qualche giorno fa un mio amico documentarista mi ha mandato le immagini che mostrano che in Patagonia due laghi naturali usati per giocarci a hockey sul ghiaccio, ora sono ridotti ad acquitrini. E’ l’effetto devastante del riscaldamento globale al quale si accompagnano situazioni di pericolo molteplici che producono catastrofi. Come queste alluvioni. Piccoli torrenti che erano in armonia col loro territorio si trovano ad essere insufficienti per un flusso normale davanti a questa tropicalizzazione del clima. L’effetto è quello del ciclone”.
Cecconi, torniamo a Venezia…
“Ho lavorato a lungo con documentaristi di tutto il mondo proprio per documentare il cambio climatico specie nella nostra laguna. Il livello del mare a Venezia negli ultimi 200 anni è cresciuto oltre ogni previsione. A Venezia il livello dell’acqua lo si può scientificamente calcolare anche sulla base delle tele del Canaletto. Si vede benissimo dove arrivava il livello del mare nel Settecento. E’ cresciuto di 20 centimetri al secolo, lo vediamo anche dalla linea verde dei palazzi. Ma negli ultimi anni l’innalzamento è raddoppiato, ora tocca i 40 centimetri. Lo si nota anche dal numero dei turisti che cadono in acqua e dai gondolieri che hanno alzato le passerelle. Ma la vera ricchezza di Venezia è la sfida continua a vivere sull’acqua. Solo che si tratta di decidere con la velocità giusta cosa fare, di prendere il controllo su avvenimenti non prevedibili”.
Cecconi, allora, come affrontare le emergenze?
“Partendo dai cittadini, partendo da casa nostra. Viviamo un tempo particolare, ci sono state tre crisi una dietro l’altra: la pandemia, la guerra, il clima. Bisogna creare una rete mondiale per collaborare in maniera nuova, non per gestire un lento declino. Venezia è chiamata a un ruolo fondamentale, esercita un richiamo forte. Ci sono, per fortuna, persone che credono ancora in questa città: Renato Brunetta ci sta provando con la Fondazione Venezia capitale mondiale della Sostenibilità; vuole far capire che non si fanno operazioni che sfruttino Venezia, ma il contrario. Soprattutto chiede che si affronti un problema che ormai è di tutti e che Venezia ha più ragioni di altri per risolvere. Oltre ad avere una responsabilità precisa per ruolo e visibilità, due fattori complessi dai quali partire”.
Cecconi, cosa si può fare subito in Emilia Romagna aspettando i grandi interventi?
“La Lega ha proposto di pulire gli alvei, qualcuno ha sorriso, ma la Lega non ha tutti i torti: se si prende cura degli alvei, la gente incomincia a informarsi e a formarsi. Con l’urbanizzazione spinta i territori sono stati invasi e abbandonati, invece la cura del territorio è importante, come quella dei fiumi che sono stati spesso trasformati in discariche. La cura del bene comune è indispensabile, come quella dello snellimento della burocrazia, c’è un eccesso di normativa che blocca tutto e che intralcerà anche i grandi interventi”.
Cecconi, anche il Ponte sullo Stretto?
“Dal punto di vista ingegneristico è un’opera che può essere fatta ed è una grande sfida. Ma come Stato siamo in grado di fare queste opere? Per le Olimpiadi che richiedono tutto e subito si agisce per una committenza delegata: affronti la sfida e la affidi non avendo una struttura in grado di affrontarla nel tempo richiesto. E’ successo anche col Mose. La procedura ordinaria ha tempi lunghissimi, di fronte all’incapacità lo Stato delega. Finora in questo campo delle opere il solo esempio buono è quello del Ponte di Genova, ma non fa testo. Troppe volte si sono viste le drammatizzazioni mediatiche, ci sono opere che non esistono e che sono state inaugurate davanti alla tv non so quante volte!”.