“Siamo tutti nella pancia della Balena!” Così ha scritto una fedele lettrice di questo giornale. Il suo parlare figurato o metaforico si chiarisce una riga dopo l’altra del messaggio, che è poco dire sconsolato: “La voce del mondo” continua a scrivere, “è diventata uno tsunami verbale e verboso: suoni e parole che ci inondano e ci inghiottono in un boccone, come fa la Balena quando fagocita Pinocchio. Il fiero burattino di Collodi, che ci somiglia tanto, non muore, non lo digerisce il mostruoso cetaceo, anzi potrebbe continuare a vivere dentro il cavernoso ventre del mostro. Ma le pare vita?”
Si può condividere o dissentire da tanto pessimismo: in fondo, Geppetto si era adattato per continuare a vivere. Ma è un fatto che gli avvenimenti di cui siamo spettatori segnano drammaticamente il nostro presente e oscurano l’orizzonte del futuro. Dunque, amarezza e rabbia sono come ombre che ci accompagnano. La lettera prosegue così: “Siamo coinvolti, senza alcuna responsabilità, in fatti catastrofici e, diciamoci la verità, siamo stritolati negli ingranaggi della Storia come ci insegna la guerra in Ucraina: siamo tutti caduti nella rete globale, che è la Balena”.
È vero, consapevoli o no, siamo parte – o particelle – di una Rete mondiale di comunicazione, (dunque di scambio, pensano gli ingenui) un flusso torbido che ci bombarda e che la parola Internet riassume e semplifica. Ma qualche spiraglio forse si trova in quegli “ingranaggi” che sono pur sempre dotati di pensiero, “animali con l’anima” è stato detto. Umani siamo, suggerisce qualcuno, dotati di forza umana, di ragione e passione, di spirito combattivo: fermo restando che possiamo fare qualcosa, per esempio accogliendo gli ucraini naufraghi della Storia. Non siamo del tutto disarmati: ognuno ha in sé un dono vivo e vivificante: la speranza.
Per tornare all’inizio, la fiaba di Collodi ci dice che Pinocchio si salva, e salverà anche il su babbo Geppetto, cioè la memoria che nutre la continuità della vita.
Si può diventare dono
In questi giorni, alla tv si è parlato molto, e bene, del Veneto (Zaia ospite di Augias-Zanchini a Rebus) e mi ha colpito in particolare l’annuncio che i nostri corregionali hanno già messo a disposizione dei profughi ucraini migliaia di appartamenti. Rifugi sicuri che sono il risultato della sensibilità dei veneti, quelli che dicono “Mi ha preso il cuore…..” e aprono le porte. Non è casuale che in questa terra abbia radici profonde ed estese in ogni comunità il movimento del volontariato. Infatti, si incontrano volontari di ogni età, genere e professione in tutte le attività sociali, e sono – come dice il poeta – ossigeno e lievito di una società che si sente e vuol chiamarsi civile.
In concreto, io stesso vivo da fiancheggiatore una lunga esperienza di volontariato: in questi giorni, a Mestre, una associazione onlus ricorda (stavo per scrivere festeggia…) i suoi 40 anni di onorato servizio alla città e al territorio della terraferma veneziana. Le sue prime idee posso dire che si sono sviluppate nel soggiorno di casa grazie a quattro donne di cui una suora.
Parlo della Banca del tempo libero: fondata nell’autunno del 1981, la ricorrenza è in ritardo sul calendario perché frenata dalla pandemia del Covid 19, ma adesso la Btl è presente con un “segno” forte, un libro nel quale ha condensato la propria testimonianza di umanità combattiva sul fronte delle sofferenze, delle diverse povertà e del disagio sociale: il titolo è Diventare dono (Edizione dell’Angelo. Due parole che sono il cuore pulsante dell’associazione e insieme suonano come l’auspicio che i suoi volontari, energie dell’amore gratuito, possano aumentare e rafforzare il fronte del bene per contrastare la ferocia di questo tempo in cui dilagano violenze disumanizzanti.
Il “tesoro” della Banca è il tempo, donato dalle persone associate: appena depositato, comincia a fruttare, diventando azione, servizio, assistenza, dono personale e collettivo. Sembra semplice, e in fondo lo è. Come l’amore.
La fanfara
(poesia)
Sognando ho visto Lei
appena risvegliata
che volava e rideva
lanciando foglie secche.
Una fanfara suonava
per Lei, l’Annullatrice,
con cannoni e scie di fuoco.
La sua ombra ci copriva
mentre noi giocavamo
a poker con la vita in palio.
Non era lì solo per uno
ma puntava al gregge
e rideva e sparpagliava
nell’aria del mondo
tutte le carte dei Tarocchi.
Amen.
(Anonimo 22)