Sul finire degli anni ’80 alla scuole elementari di Mareno di Piave la maestra con giustificata soddisfazione disse agli alunni: “Questo nostro paese ha prodotto due campioni che nel calcio si sono affermati, Aldo Bet e Francesco Casagrande”. Per la cronaca Bet vinse lo scudetto 1978/79 quello della stella con il Milan assieme a Gianni Rivera, mentre Casagrande centrocampista a tutto campo conquistò la prima Coppa Italia della storia della Sampdoria.

La scoperta di Casagrande
Mareno è un Comune della Marca Trevigiana che si trova sulla sinistra del fiume Piave. Nel secondo dopoguerra da queste parti il settore unico e trainante era l’agricoltura. Verso gli anni ’60 la svolta con l’affermarsi del terziario e quindi della piccola e media impresa. Però ancora oggi a Mareno le aziende agricole e produttrici di vino di qualità sono una forza economica. Da queste parti all’inizio degli anni ’70 si aggira un imprenditore col talento per scovare futuri campioni del calcio. E di fiuto ne ha, eccome. Si chiama Franco Dal Cin, inizia al Clodiasottomarina (Venezia) per poi mettere in piedi a Conegliano una vera e propria fabbrica di campioni. Nel 1983 porterà ad Udine niente meno che Zico…ma questa è un’altra storia.
L’intuizione
Dal Cin capisce subito che quel ragazzo do Mareno classe 1953, che corre per tre in campo, con baffoni, stempiato davanti ma con chioma lunga dietro che ricorda un pirata sempre pronto all’attacco avrà un futuro. Si chiama Francesco Casagrande, dopo sei anni tra Clodia e Vittorio Veneto per poco non approderà al Torino di Luigi Radice. E’ un mediano che corre come un dannato e sa anche inserirsi in area. All’epoca quelli come lui dovevano dedicarsi al non facile compito di marcare il numero 10 (da tempo scomparso) avversario, quello che dava fantasia e creatività alla manovra. Casagrande si accasa a Monza nel 1975, l’anno dopo a Cagliari. Nell’isola purtroppo sono finiti i tempi di Riva e Scopigno e la squadra è caduta in serie B, ma grazie a una perfetta programmazione nel 1979 il Cagliari è di nuovo in A col contributo fondamentale di Casagrande. Un anno in rossoblu nella massima serie ed ecco il grande salto a Firenze. In maglia viola sfiora lo scudetto sfumato solo all’ultima giornata del campionato 1981-82 tra mille polemiche e arbitraggi molto discussi.
La carriera

Da Firenze a Genova, sponda Sampdoria, per il primo vero titolo della società blucerchiata: la Coppa Italia del 1985 vinta nella doppia finale contro il Milan. Casagrande entra nel secondo tempo e per la troppa euforia si becca l’ammonizione. Gli ultimi quattro anni a Padova, Como e Virescit Bergamo. Una volta appese le scarpe al chiodo Casagrande ha allenato i giovani della Sampdoria, quelli della scuola Calcio di Mareno e alla Vazzolese. Attualmente gioca e allena le ex stelle del Vittorio Veneto, una compagine di ultra cinquantenni ancora innamorati del pallone.
Casagrande come è stata quella domenica 16 maggio 1982: scudetto perso dalla Fiorentina all’ultima giornata per un punto contro la Juventus?
“A dire il vero il gol di Ciccio Graziani siglato a Cagliari era valido. Però ci venne annullato. Una delusione totale che ti porti dietro tutta la vita. Quella Fiorentina era fortissima e il mister di allora Picchio De Sisti ci aveva ben sistemati in campo”.
Che ricordi ha in maglia viola?
“A Firenze c’è una tifoseria paragonabile alle città del Sul Italia. Se tutto procede bene sei un re, se qualcosa comincia a girare storto meglio non mettere piede in centro città. Sbagliai un gol contro il Cagliari, mamma mia quanti fischi che mi sono beccato, diventai un capro espiatorio. Un ambiente particolare che ricordo molto volentieri e una gran bella piazza per un calciatore”.

Graziani, Antognoni, Bertoni, Mancini, Vialli, Beccalossi, Brady, Trevor Francis, Souness: con quanti campioni ha giocato?
“Antognoni un ragazzo splendido e tecnico, vero trascinatore in campo. Mancini già giovanissimo era un leader aveva la stoffa del campione, mi ricordava il miglior Gianni Rivera, il mio idolo. In allenamento era un po’ svogliato e lo stimolavo ma poi ti cambiava la partita nel giro di due minuti. Francis se non fosse stato bersagliato dagli infortuni era un attaccante completo, restammo amici e andai a trovarlo in Inghilterra. Questi tre giocatori li metto allo stesso livello. Graziani era simpaticissimo e teneva su lo spogliatoio ed in campo dava tutto. Dare una palla a Brady era come metterla in cassaforte. Ma perché non mi chiedete chi ho marcato?”.
Subito: chi ha marcato e chi è stato più difficile da controllare?

“Credo che contro Diego Maradona, marcato in una partita amichevole nel 1981, ho speso mentalmente in 90 minuti quello che di solito si spende in 5 partite. Ho avuto la fortuna di giocare in fascia e dedicarmi a Bruno Conti, tutta una finta in pratica ti ubriacava. Ma il peggiore è stato senza dubbio Paulo Roberto Falcao. Non riuscivo a prenderlo, sapeva – grazie ai suoi movimenti e alla sua intelligenza – portarti via dalle zone nevralgiche del campo in modo che si inserivano altri centrocampisti e difensori. Riuscii a marcare anche il mio idolo Rivera, alla faccia di chi dice che non correva. Mi spiace poi non essermi scattato una foto con il Golden Boy. Verso fine carriere marcai un giovanissimo Baggio, capii subito che il ragazzo avrebbe avuto futuro”.
Casagrande, gli allenatori che ha apprezzato di più?
“Rino Marchesi un vero signore. Inoltre mi sono trovato molto bene con Mario Tiddia al Cagliari e Renzo Ulivieri alla Samp. Qualche problema c’è stato con altri, ma si sa quando giochi a calcio per vent’anni non sempre tutto corre liscio. Qualche incomprensione ci può stare. Mi sento ancora ogni tanto con Antognoni e Contratto ex compagni nella Viola e Piras del Cagliari”.
E dei giovani che ha allenato?
“Sono completamente diversi da noi. Ci divertivamo anche ad allenarci sotto la pioggia. Oggi invece esiste solo l’ambizione di arrivare in alto, ma non vedo in loro la nostra determinazione, la nostra cattiveria. D’altra parte non è colpa loro visto che sono subissati da messaggi spesso non educativi e non legati a ciò che davvero dovrebbe rappresentare lo sport”.

Casagrande, è appena scomparso uno dei più grandi del nostro calcio, Paolo Rossi. Cosa ricorda di questo grande campione?
“Lo invidiavo per la capacità di leggere l’azione prima che venisse conclusa. Lo avrei voluto imitare. Ho avuto la fortuna di partecipare e giocare alcuni incontri per beneficienza con gli ex del Real Vicenza quindi anche con Pablito. Un uomo semplice, gentile. Un vero campione in campo e fuori”.