All’inizio dell’Ottocento, il Fontego passò dal controllo napoleonico al demanio statale e fu destinato a funzioni pubbliche, ospitando prima l’Ufficio delle Dogane e poi la Direzione delle Poste e dei Telegrafi. Nel 2008, il Gruppo Benetton acquistò l’immobile da Poste Italiane per 53 milioni di euro, con l’obiettivo di trasformarlo in un centro commerciale di lusso. Il cambio di destinazione d’uso da “pubblico” a “commerciale” richiese una trattativa con il Comune di Venezia. La Giunta comunale approvò una convenzione nel dicembre 2011 che prevedeva alcune clausole volte a preservare una funzione pubblica per determinate aree dell’immobile, come la corte interna, 200 mq da destinare a servizi alla persona, e il terrazzo, che dovevano essere accessibili gratuitamente e utilizzati per eventi culturali o istituzionali.
Nonostante tali previsioni, nella pratica nessuno di questi spazi è diventato un vero “luogo pubblico”. La corte interna e gli altri ambienti sono infatti “spazi privati aperti al pubblico”, accessibili solo secondo modalità e orari definiti dal proprietario. Questa distinzione tra “luogo pubblico” e “luogo aperto al pubblico” è cruciale: il primo è accessibile a chiunque senza restrizioni, mentre il secondo rimane sotto il controllo del proprietario. Inoltre, molte delle previsioni della convenzione, come la destinazione a “servizi alla persona” o l’utilizzo culturale del “campiello”, non sono state attuate.
Da luogo pubblico a magazzino di lusso

Attualmente, il Fontego è un grande magazzino di lusso che non rappresenta né un luogo d’incontro né una risorsa per la comunità. A complicare la situazione, il settore del lusso e del retail sta attraversando una crisi generale, che mette a rischio anche il futuro del Fontego. Questo potrebbe portare l’edificio a restare chiuso e abbandonato, come già accaduto ad altri immobili storici vicini.
È auspicabile la riconsiderazione del quadro economico alla luce delle circostanze attuali e l’avvio di un dialogo costruttivo con l’Amministrazione, la Città e le sue Istituzioni.
Un tale confronto potrebbe portare ad immaginare un nuovo e diverso utilizzo del Palazzo, capace di rendere giustizia alla sua storia e così evitando che diventi l’ennesima ferita per il tessuto sociale e culturale della nostra città.
Come doveva essere concepito

Il Fondaco dei Tedeschi a Venezia rappresenta un esempio emblematico delle tensioni irrisolte tra conservazione, fruizione pubblica e sfruttamento commerciale. Inizialmente concepito dall’architetto Rem Koolhaas come uno spazio permeabile e pubblico, con una corte centrale destinata a eventi e manifestazioni, il progetto originale è stato modificato per accogliere un grande magazzino del lusso, sacrificando sia la lettura storica dell’edificio che la funzione collettiva di spazio pubblico. La destinazione commerciale e l’invasività degli allestimenti hanno snaturato il carattere originario del Fondaco, riducendo al minimo gli spazi di relazione pubblica e assecondando la deriva della città sul modello di “città-vetrina”.
Alla luce della prospettata chiusura delle attività commerciali, il futuro del Fondaco si intreccia con il dibattito sul destino di Venezia, oggi dominata dall’economia turistica e dall’ossessione per il profitto. Una possibile riconversione del Fondaco solleva interrogativi sulla opportunità e necessità di ripensare la città stessa, abbandonando il modello basato sullo sfruttamento intensivo dell’immagine per valorizzare il suo ruolo come luogo di produzione culturale, ricerca, innovazione e nuove economie.
Un ritorno allo spazio pubblico?

Venezia ha tutte le caratteristiche per accogliere un modello di sviluppo urbano diverso. La sua struttura policentrica, pedonale e organizzata in insulae, la contiguità fisica, favoriscono le relazioni sociali e le attività locali. Per realizzare questo obiettivo, sarebbe necessario un programma politico-amministrativo di lungo termine, con una visione, una nuova idea di città alla quale riferire tutte le politiche municipali. Incentivando iniziative sostenibili, migliorando infrastrutture, trasporti e in generale le reti – materiali e immateriali – parallelamente revisionando l’economia turistica, con una riduzione dei flussi giornalieri e la promozione di un turismo più consapevole e di lungo periodo, creando le condizioni ideali per attirare nuove imprese, attività di produzione culturale e start-up in ogni campo della scienza, della cultura, della produzione, anche attraverso incentivazioni fiscali e/o strumenti statutari speciali.
Il Fondaco dei Tedeschi, con il suo valore simbolico e storico, potrebbe diventare un simbolo di questa trasformazione. L’obiettivo sarebbe quello di renderlo nuovamente attraversabile, vivibile e aperto. In grado di raccontare la sua storia e le sue microstorie, parallelamente ospitando attività produttive, culturali e commerciali compatibili. Oltre che spazi che spazi di relazione tra le attività e la comunità cittadina. Solo attraverso un cambiamento di visione e l’allontanamento dal modello puramente commerciale, il Fondaco e la città nel suo insieme potranno intraprendere un percorso di rinascita sostenibile e collettivamente condivisa.
