Una frase che colpisce la nostra sensibilità (chi ce l’ha) e che dovrebbe farci recitare il mea culpa, è: “Creare spazi d’ascolto”. Un invito, un’esortazione di rilevanza sociale che ho letto in un giornale e subito evidenziata, ma nello stesso tempo altre frasi in argomento, cioè di “stare a sentire” si affollano alla mente. Per esempio: “Ma tu, mi ascolti?” che ci riguarda più o meno tutti, e infatti si dice: “Ma voi ascoltate quello che dico?” Quello che mi stupisce sono le coincidenze: nel volgere di qualche giorno il verbo ascoltare variamente declinato è sbucato da diversi mass-media, quasi un segno di una sua urgenza, di una necessaria attualità. Detto in metafora, i mezzi di comunicazione ci hanno servito un ricco piatto informatico molto speziato in un tempo ridotto.
Ma nella realtà dobbiamo riconoscere che ci sono tanti modi di ascoltare
Il primo è la percezione dei suoni quotidiani, un ascoltare con tutto il corpo, meccanicamente. È la vita, bellezza.
Ma, dice il saggio, quello che conta è l’ascolto cosciente, che parte dal nostro silenzio, e “possiamo definirlo un impegno etico”: è quello che abbiamo sperimentato molto durante la pandemia Covid, al punto che qualcuno ha detto: “l’ascolto è il gesto più altruista che ci sia”, forse perché ci consente di lasciare spazio agli altri (Cristina Dell’Acqua), e ci fa un gran bene “sentirsi ascoltati”.
Un giornalista ha ricordato il padre, il famoso Luca Goldoni (1928-2023) , che aveva un dono raro: “Era un grande ascoltatore; come una spugna assorbiva la realtà, imparava da tutti”, cioè, diciamo noi, sapeva ascoltare il brusio della vita. Questo ci dice che nell’atto dell’ascolto (quasi mi scappava arte) c’è una differenza fondamentale, uno spartiacque: c’è chi registra la voce del mondo come un nastro magnetico, viva e rivitalizzabile, e c’è chi assorbe “il rumore dell’esistenza” come le vecchie carte assorbenti, inerti.
Un nostro poeta, Stefano Dal Bianco, che ha appena pubblicato la raccolta intitolata Paradiso (Garzanti ed.) ci esorta: “Imparate ad ascoltare i messaggi che ci arrivano”. Sì, ascoltiamo la voce della poesia che galleggia sopra il frastuono dei giorni.
Giardini / 2
Il pezzullo dedicato al libro Giardini di Venezia di Gino Damerini (riedito da Pendragon sulla prima edizione del 1927) merita un successivo appunto, poiché l’argomento ha incontrato l’interesse dei lettori e, poi, per completare una notizia. Si tratta dei giardinieri d’arte, professionisti nuovi di cui avevo letto che recentemente ne era stata formata una squadra nelle Marche. Ebbene, “anche fuori dagli Istituti tecnici professionali” mi scrive Mariagrazia Dammicco, presidente di Wigwam Giardini Venezia, “nella nostra regione, e precisamente grazie all’Istituto veneto per i Beni culturali sono stati abilitati professionalmente Giardinieri d’Arte”. Un arricchimento culturale che va bene ricordare nelle giornate d’autunno del Fai, il fondo per l’ambiente italiano.
Non dimentichiamo che i giardini, pubblici o privati, sono contenitori di bellezza, oasi green, ma direi di più: sono una ricchezza storico-culturale paragonabile ai musei: proprio così, a me sembrano piccoli musei vegetali specializzati il cui humus è anche l’amore dei giardinieri-artisti che li curano e ne garantiscono il futuro. Un mondo in cui esiste anche la variante dei giardini labirinto e, fresco di apertura al pubblico, oggi c’è il museo in plein air di Villa Furstenberg a Mestre “abitato” da sculture di famosi autori contemporanei.
Frammento IX
(poesia)
Sono un guardiano di greggi.
Il gregge è i miei pensieri
e i miei pensieri sono tutti sensazioni.
Penso con gli occhi e con le orecchie
e con le mani e i piedi
e con il naso e la bocca.
Pensare un fiore è vederlo e annusarlo
e mangiare un frutto è saperne il senso.
Per questo quando in un giorno di calura
mi sento triste di goderne tanto,
e mi distendo intero sull’erba,
e chiudo gli occhi caldi,
sento tutto il mio corpo steso nella realtà,
so la verità e sono felice.
Fernando Pessoa
Dal volume Sono un sogno di Dio,
Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, 2015
L ascolto, porta che apre alla verità dell altro, di sé, di Dio. Parola di inizio del Sinodo dei giovani.
Grazie Ivo.
L ascolto, porta che apre alla verità dell altro, di sé, di Dio. Parola di inizio del Sinodo dei giovani.
Grazie Ivo.
L ascolto, porta che apre alla verità dell altro, di sé, di Dio. Parola di inizio del Sinodo dei giovani.
Grazie Ivo.
Saper ascoltare – voler ascoltare. Sembra facile. Credo che sia un’arte, un dono che pochi hanno. Quante volte cerco le parole giuste per spiegare un pensiero, un sentimenti – e pochi attimi dopo mi tocca, come risposta, risentire la domanda sulla risposta appena data … La fretta, una certa superficialità, la voglia dall’altra parte di parlare senza veramente voler sentire risposte? Ma, chi lo sa !!