Sei donne condividono la stessa stanza nel reparto femminile dell’ospedale per malattie infettive a Santa Maria delle Grazie, un’isola della laguna di Venezia. Vittorina, la più anziana, ha il fegato malato a causa dei troppi farmaci che deve assumere per le sue molte patologie. Regina ha la cirrosi dovuta all’abuso di alcool. Flora, obesa, sta curando l’epatite B presa dal marito che frequenta le prostitute. Maria ha una forma cronica di epatite, “non A e non B”, oggi chiamata epatite C. Ada è una giovane nobildonna veneziana che si è ammalata a causa di un’ostrica infetta.
Tra le sei donne spicca Linda
E poi c’è Linda, la più giovane, che ha solo diciassette anni ed è la protagonista del nuovo romanzo di Elisabetta Baldisserotto, Gli occhi di Shiva, di recente pubblicato dall’editore Ronzani. È ritornata dall’India con l’epatite e la scabbia ed è lei a raccontare questa storia, che da personale si fa via via sempre più corale.
La narrazione comincia il 10 marzo del 1977, sei mesi dopo la sua fuga da casa e un lungo viaggio alla ricerca della libertà.
Sei donne e il microcosmo dell’ospedale

I ricordi si alternano alla vita quotidiana all’interno dell’ospedale, un microcosmo dove queste sei esistenze imparano a conoscersi, a confrontarsi, ad aiutarsi l’un l’altra. L’atmosfera e i fermenti che permeavano gli anni Settanta del secolo scorso stanno (non sempre troppo) sottotraccia nei percorsi che hanno portato tutte loro a condividere quest’esperienza dolorosa.
Linda, brillante studentessa del Liceo Classico “Pietro Orseolo” del Lido di Venezia, mal sopportando la rigida educazione a cui la sottopone la famiglia borghese, nel settembre del 1976, dopo un furioso litigio durante il quale il padre la butta fuori di casa a botte e spintoni, decide di non tornare più.
L’inizio di un viaggio

È l’inizio di un’avventura vissuta insieme all’amico Jamie, con pochi soldi in tasca, inizialmente ospiti di amici, poi di una Comune a Riolunato in provincia di Modena. L’Italia allora era attraversata dalle manifestazioni operaie e studentesche, dalla ribellione contro la società borghese, dal desiderio di costruire un mondo diverso e più giusto. Molti giovani, già dagli anni Sessanta, avevano intrapreso quello che veniva chiamato l’hippie trail, vale a dire la rotta che portava in India attraverso Grecia, Turchia, Iran, Afghanistan e Pakistan. Un lungo viaggio, in treno, autobus e autostop che Linda, appena viene a sapere che i genitori sono sulle sue tracce, affronta insieme a Jamie con l’entusiasmo e l’incoscienza della sua età, alla ricerca di una vita diversa, senza limitazioni, senza regole. Un viaggio denso di esperienze ma anche di pericoli, di disagi e di spiacevoli imprevisti, come il furto di buona parte dei soldi in un hotel di Atene.
Sei donne e un tuffo negli anni ’70

La generazione che negli anni Settanta aveva dai quindici ai venticinque anni troverà tra queste pagine molti riferimenti a quel periodo: la borsa di Tolfa, simbolo dei ragazzi “di sinistra”; il libro Noi e il nostro corpo, “manifesto” femminista; Radio Alice, emittente bolognese dell’Autonomia, e molto altro. Nel ricordare e riflettere sulla sua esperienza, una volta tornata a casa, costretta dalla malattia, Linda ricostruisce con estrema sincerità, grande onestà intellettuale e anche molto coraggio ciò che ha vissuto. La povertà, la fame, la paura di impazzire tormentata dalle allucinazioni dovute all’assunzione di LSD, e anche la vergogna.
Il mito di una vita comunitaria, liberata dalle convenzioni borghesi, di una spiritualità cercata anche attraverso l’uso di droghe, di una sessualità libera da ipocrisie, si infrange su una realtà molto diversa, dura e difficile.
La bravura di Elisabetta Baldisserotto

Elisabetta Baldisserotto la racconta senza sconti, descrivendo con abbondanza di dettagli, a volte anche piuttosto crudi, questa generazione che è partita per una ricerca spirituale e troppo spesso si è perduta, incapace di chiedere aiuto al mondo adulto come invece farà Linda che troverà ascolto, alla fine, non solo nelle sue compagne di stanza, ma anche nel padre e in un suo professore. La scrittura è densa ed evocativa, ricca di stimoli sensoriali che permettono al lettore di immergersi in una realtà dalle tinte forti, in certi momenti splendida, in altri spaventosa.
Questa nuova prova narrativa a metà tra il romanzo di formazione e il romanzo di viaggio, ricostruisce con efficacia un periodo storico recente attraverso il vissuto di una generazione e riesce a rievocare l’India come un luogo capace di attrarre ma anche di fagocitare e di annichilire chi vi si immergeva completamente.
Tre punti di riflessione per sei donne
Tra le molte e profonde riflessioni che Linda elabora durante la sua degenza, tre sono particolarmente interessanti e ci invitano a riflettere a nostra volta:
“ […] fuggire significa riconoscere la forza dei legami cui non sai sottrarti altrimenti”, p. 154.
“La vita ci fa provare anche ciò che non fa per noi. Per insegnarci a scegliere”, p.170.
“ […] che grave errore, pensai, credere che la felicità stia nel soddisfare i propri desideri”, p. 246.
Questo romanzo ci induce anche a pensare che non si deve mai temere di chiedere aiuto, anche (o soprattutto), quando ci si trova a dover ammettere di aver fatto delle scelte sbagliate.
L’autrice

Elisabetta Baldisserotto, psicoanalista e scrittrice, vive e lavora a Venezia. In ambito saggistico, oltre a vari articoli, ha pubblicato: Leggere i sentimenti. Un percorso psicologico e letterario (Moretti&Vitali, 2011), Figure della passione. Tra psicoanalisi e letteratura (Vivarium, 2014) e Francesco Baldisserotto. Storia di un patriota veneziano (Supernova, 2020). Ha curato Diario Analitico. Il mio percorso terapeutico di Giovanna Viatico (Vivarium, 2017). In ambito narrativo è autrice di quattro romanzi: Morire non è niente (CLEUP, 2015), Di là dall’acqua (CLEUP, 2017. Vincitore Premio Giallo Indipendente 2018), Gli occhiali di Hemingway (CLEUP, 2019), Il dolore degli altri (Neos edizioni, 2022) e della raccolta di racconti Ritratti di donne (Terra d’ulivi edizioni, 2020). Collabora con «Menabò. Quadrimestrale internazionale di cultura poetica e letteraria» e con il mensile «Menabò online».
Elisabetta Baldisserotto, Gli occhi di Shiva, Dueville (VI), Ronzani, 2023.
Una recensione ideale: profonda, equilibrata, sensibile, piena di senso. Descrive benissimo l’atmosfera degli anni Settanta e lo scopo della mia narrazione: parlare di un fenomeno generazionale poco studiato. Grazie!
Grazie per l’apprezzamento!
Uno splendido libro scritto da questa grande amica che riporta a chi ha vissuto quel periodo realtà e ricordi che hanno lasciato un segno profondo nella vita
🙂
Aggiungerei un’altra riflessione di Linda: ” Certe volte la verità resta chiusa dentro un bozzolo e quando si schiude, la verità si libra, come una farfalla” p.225.
🙂
Una recensione splendida che sa cogliere l’essenza del libro partendo da una chiave di lettura stimolante. Credo che qualsiasi autori desideri una recensione così puntuale e accattivante. Consigliate vivamente sia la lettura del libro che la successiva recensione!
Grazie!
La recensione è puntuale e coglie con grande sensibilità il senso di questo bel libro di Elisabetta Baldisserotto. La sua scrittura, pur affrontando argomenti di spessore, non si fa mai ridondante, rimane lieve a volteggiare sulle storie di queste donne, tutte diverse per carattere, formazione e cultura. Brava Elisabetta e brava Annalisa che hai saputo descrivere così bene gli occhi di Shiva con i tuoi…
Grazie!