Ascoltare Vista da tera, il nuovo album di Giuseppina Casarin è un piacere per l’udito e per l’anima. Qualcosa di antico, che pare sgorgare dalle acque di laguna, e allo stesso tempo l’eco di altri mondi, di altri viaggi. Assomiglia così tanto a Venezia, un salto nel tempo e nello spazio: «È assolutamente voluto. –spiega Giuseppina – Se si guarda l’orizzonte verso est, dalla riva della terraferma, si vede lo stesso skyline di sempre: Venezia sul mare, così lontana, così distante, diversa. Un luogo di meraviglia e di stupore; mondo infinito di tesori e saperi. Questo spiega anche il titolo del lavoro: storia e storie di donne e di uomini … è così che penso Venezia, io che non la vivo e non ci vivo, senza ignorare le sue molte contraddizioni, le sue fragilità, la sua stessa sopravvivenza di continuo messa a rischio»
Le chiedo di raccontarmi la genesi di quest’opera

«È nata così: i redattori della rivista ApARTe (materiali irregolari di cultura libertaria, Fuoripisto Edizioni & Centro Internazionale della Grafica di Venezia) mi hanno proposto di inserire nel nuovo numero un mio cd. Così ho colto l’occasione per dare voce ad otto brani mai incisi del repertorio di Luisa Ronchini. Considero tesoro e bellezza tutto il patrimonio culturale legato alle tradizioni popolari, e la ricerca di Luisa ne è parte indispensabile».
Un ricordo indelebile

Non posso fare a meno di ricordarle con commozione il grande concerto organizzato nel 1993, in occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita della Camera del Lavoro di Venezia; un evento epocale, che abbracciava cento anni di canto popolare. L’ultima occasione per sentire Luisa Ronchini dal vivo. Giuseppina era con lei, assieme a Gualtiero Bertelli, Alberto D’Amico, Monica Giori, Stefano Ricatti: «Luisa è stata rivelatrice. – racconta Casarin – Quel poco che ci rimane di tutta quella bellezza, assieme a qualche canto raccolto negli anni Cinquanta da Alan Lomax, è stato il suo lavoro instancabile e capillare, iniziato negli anni Sessanta assieme a Gualtiero Bertelli, proseguito con Emanuela Magro e Alberto D’Amico e continuato poi, autonomamente, da Luisa … alla sua scomparsa, avvenuta nel 2001, i pochi nastri recuperati sono stati salvati e conservati presso l’archivio musicale e storico della Società di mutuo soccorso “Ernesto De Martino” di Venezia».
Lo studio di Giuseppina

Sono tanti anni che Giuseppina studia quei testi, con la passione ed il rigore filologico che la contraddistinguono: «Certo, sono nastri che riportano, purtroppo, in minima parte la ricerca degli anni Sessanta e Settanta, ma sono documenti significativi: hanno il valore di un lavoro indispensabile di ricerca e salvaguardia, forse poco strutturato, ma vivo, presente. È il nostro patrimonio culturale, ed è importante».
Le rammento, assieme ai dischi e ai pochi nastri della sua raccolta, anche quella splendida pubblicazione, per i tipi di Filippi Editore, che s’intitola Sentime Bona Zente. Canti Conte e Cante del popolo veneto; un piccolo grande gioiello in cui Luisa Ronchini mette insieme un significativo numero di canti, anche con trascrizione musicale: «Oh certo, è un lavoro a volte ingenuo e forse poco preciso nella documentazione del materiale, ma davvero unico e raro … Pensa che oggi è trascurato dalle istituzioni pubbliche, addirittura scartato da qualche biblioteca comunale! Eppure è fondamentale per chi si avvicina allo studio di questi repertori».
E Vista da tera?

Le chiedo come parla di Luisa, e con Luisa, a cui l’album è dedicato? «Volevo realizzare un’opera differente, – risponde – infatti ho messo insieme alcuni canti mai incisi (ad esclusione di O sono inganatore) che appartengono in parte al repertorio che mi è stato tramandato e che ho avuto anche la fortuna di apprendere dalla viva voce di Luisa Ronchini (alcuni dei quali trascritti nella pubblicazione citata), altri conservati nell’archivio della Società di Mutuo Soccorso “E. De Martino”; ci sono anche brani frutto del lavoro compositivo in testo e in musica di Luisa. Ne ho scelti otto».
Giuseppina e le sue tracce

Quelle otto tracce, per me che ho avuto il privilegio di ascoltarle, stregano come un incantesimo. Sarà per la meravigliosa voce di Giuseppina, in tutta la sua ampia gamma espressiva, per la texture sonora, per le atmosfere struggenti che sanno suscitare. C’è la fisarmonica avvolgente e sapida di Gualtiero Bertelli che, in Rosatina, ricama la storia d’amore di una giovane, per culminare in una chiusa polistrumentale imprevista; ci sono le voci delle impiraresse, i canti in calle di Sentime bona zente, con la partecipazione ineludibile di Elisa Giolo, Cinzia Ferranti Martina Ferraboschi; la ninna nanna di O sono inganatore, in cui fa irruzione la vocalità cristallina del flautista moldavo Petru Dinjos.
C’è un insolito Napoleone antimilitarista nella traccia che porta il suo nome, tra la voce di Giuseppina ed inaspettate registrazioni d’ambiente e strumentali, sintetizzatori artigianali, nello splendido collage sonoro di Paolo Pax Calzavara: che questa guera l’ha da fenire …, recita il testo. Oppure la voce sola di Casarin, infinita melodia che si avvita a spirale in Son tre ani, ancora un inno contro la guerra raccolto dalla stessa Ronchini a Padova nel 1971. Sant’Isepo è un miracolo contrappuntistico: un canto della tradizione dei Battipali veneziani percorso dal battente, quasi basso continuo, che ritma i suoni del lavoro quotidiano.

Il tutto è i mpreziosito dalla partecipazione di una seconda voce, quella del nigeriano Emmanuel Pedro Duru, che si esibisce anche al cajon e alla tastiera. In Lamento, l’esibizione della solista è sostenuta dalle chitarre di Simone Cimo Nogarin e dal basso elettrico di Luciano Marini, per terminare con Nana nana, l’indimenticabile ninna nanna che Luisa Ronchini stessa cantò per la prima volta al concerto del 1993. Giuseppina, oltre ad una magistrale vocalità, vi aggiunge il ritmo del remo, lo sciabordio delle acque, la profondità del buio.
Oltre al recupero filologico di estrema purezza, comprendo tuttavia che l’intenzione di Giuseppina Casarin non sta tutta lì

C’è qualcosa che appartiene solamente all’interprete, un aspetto innovativo che oltrepassa il tempo e lo spazio. La mia osservazione non stupisce Giuseppina, anzi, ne appare convinta: «Sai – commenta – in Vista da tera, la riproposta dei canti non si concentra esclusivamente intorno all’aspetto filologico, all’esecuzione dei modi musicali. Piuttosto, ho preferito porre attenzione alla ricerca di un punto d’incontro con altri mondi, con altre idee per fare musica. Chiamala una nuova occasione per ascoltare questi suoni che mi appartengono, per darmi l’opportunità di cantarli ancora. Perché continuano a parlarmi di radici, evocandomi immancabilmente il tempo presente».
Ho avuto la fortuna di ascoltare “Beppa” e di partecipare ad alcuni laboratori nell’ambito del progetto ” Alla ricerca di Simurg” . In pochi minuti sa creare un clima di ascolto, di coinvolgimento, ti aiuta ad allentare le difese e ti mette in sintonia con gli altri con il canto, i movimenti, la sonorità. Doti incredibili che unite all’autorevolezza e all’accoglienza gli consente di guidare qualsiasi persona in un percorso canoro.