Ormai la chiamano “l’autostrada della morte”, è la A4 che va da Venezia a Trieste. Non passa quasi giorno senza che non si verifichi un incidente spesso mortale, con seguito di traffico interrotto, di caos. La mancata terza corsia, i lavori che non finiscono mai, l’intensificarsi del traffico pesante hanno posto il problema all’attenzione nazionale. Ne parliamo con Damaso Zanardo, l’imprenditore veneziano del settore della logistica e dei trasporti, titolare dell’importante azienda AZ Zanardo s.r.l., grande player a Nord-Est e protagonista di innovazioni logistiche e tecnologiche dall’inizio degli anni Duemila.
Damaso Zanardo, con il documento “Connettere l’Italia”, il MIT ha avviato un processo di riforma della pianificazione e della programmazione delle infrastrutture in Italia

“Connettere l’Italia significa dotare il Paese di un sistema infrastrutturale moderno ed efficiente, che ha l’obiettivo di garantire la piena mobilità di persone e merci e l’accessibilità di tutte le aree del territorio nazionale, rendendo il Paese competitivo sui mercati internazionali. Ma i tempi? In un paese che soffre di una burocrazia apatica, l’attuazione non garantisce tempi particolarmente competitivi. Parliamo dal punto di vista industriale e imprenditoriale, parliamo di logistica di merci – senza dimenticare le persone. Partiamo dalla prima grande strozzatura che salta subito in mente: il restringimento dell’A4 da tre a due corsie, tra San Donà e Portogruaro, di raccordo con la A23 a Palmanova. Sì, lo Stato sta per finanziare con 440 milioni i lavori per realizzare la terza corsia, ma ad oggi, da inizio anno, si contano già 15 morti.
E citiamo, di seguito, i feriti, i danni materiali, i blocchi del traffico, i ritardi accumulati, che incidono sul fronte dei mezzi commerciali, oltre che quelli privati, danni che rimarranno ancora per 4-5 anni, quando dovrebbe concludersi l’opera. Si tratta di danni su diversi livelli: ad ogni percorso che include quella strozzatura ci si deve chiedere se vale la pena perdere tempo, accumulando possibili ritardi e accusando perdite economiche o se invece sia preferibile evitare quel tratto autostradale, di fatto allungando il percorso, ma inquinando di più e andando a intasare percorsi urbani”.
La A4 Venezia-Trieste è un tratto autostradale tra i più trafficati d’Italia: nel 2021 il traffico pesante ha superato gli 832 milioni di km, in crescita rispetto ai valori pre-pandemia…

“Non si tratta di un problema nuovo, né per i cittadini, né per i trasportatori: questa è una difficoltà che viene segnalata da decenni. È vero che le autostrade, in Italia, sembrano non essere percepite come un asset primario; queste infrastrutture che collegano tutta l’Italia con il resto d’Europa, movimentando milioni di persone e tonnellate di merci ogni giorno, vengono lasciate da parte, senza migliorie per adeguarle alle necessità attuali. Eppure, nel mondo, le infrastrutture si sono evolute; paesi che dieci, vent’anni fa avevano anche solo una rete stradale minima, si sono adeguate con infrastrutture moderne e, spesso, addirittura all’avanguardia, andando a partecipare attivamente alla crescita industriale del Paese. In Italia il 93% delle merci si sposta su gomma: servono servizi adeguati, in un’economia dove la velocità è uno dei requisiti base. Parlo da imprenditore: un ritardo è un’inefficienza che ha costi che ricadono su più fronti”.
Damaso Zanardo, come un imprenditore del settore può affrontare il problema?

“I camion circolano per 8 ore al giorno: se perdono 3 ore, fermi su una strozzatura, se ne va il 40% della produttività giornaliera. Il carico arriva in ritardo, ritardando il resto della catena logistica, con costi che ricadono su tutta la filiera. Addirittura succede che il carico non arrivi. Non si tratta solo di danni economici, ma anche ambientali. Evitare alcuni tratti autostradali significa fare tragitti più lunghi, inquinando di più. Similmente se il mezzo rimane fermo, o rallentato a causa di un ingorgo, si producono più emissioni.
Che, in caso di deviazione su superstrade, si riversano vicino ai centri abitati. Il danno viene conteggiato in modo materiale, economico, per noi aziende; ma ricade sull’economia globale, sull’economia del Paese e, non ultimo, sul benessere dei cittadini. Ma in casi particolari un’azienda dà ai suoi camionisti l’ordine di evitare i punti cruciali. A volte una deviazione è meglio e più sicura, alla fine si guadagna tempo e l’autista non corre rischi”.
Damaso Zanardo, è solo un problema del Veneto?

“Non solo Veneto, ovviamente. Strozzature autostradali che mettono a dura prova la logistica sono anche il tratto tra Firenze Sud e Incisa, ancora a 2 corsie, i ponti sul Po che collegano Emilia e Lombardia (di 4 ponti, solo 1, quello autostradale, non è soggetto a lavori in corso). Scendendo verso Sud purtroppo, la situazione peggiora e il numero di incidenti aumenta. Ciò è dovuto soprattutto alla cattiva manutenzione del manto stradale. Prediligendo la sicurezza, l’unica alternativa è rallentare di decine di kilometri la velocità, ricadendo nei danni elencati sopra: tempi dilatati, ritardi, più inquinamento. I punti “neri” sono nel Lazio, presso il cavalcavia Valmontone e nel Grande Raccordo Anulare di Roma, in cui i sinistri aumentano a causa della quantità di vetture che imboccano il raccordo e le numerose uscite. E la tratta di 7km dell’A3 tra Portici e Napoli, teatro di frequenti incidenti”.