La Croazia torna alla carica chiedendo l’avvio delle procedure di riconoscimento a livello Ue della menzione tradizionale Prosek, da abbinare alla denominazione di un vino bianco locale. Nel 2013 la Croazia aveva già chiesto il riconoscimento della denominazione, rifiutato da Bruxelles in quanto evocazione del Prosecco. E qui scatta l’ira non solo del Veneto ma della UE. «Non possiamo tollerare che la denominazione protetta Prosecco diventi oggetto di imitazioni e abusi, in particolare nell’Unione europea» ha detto Paolo De Castro, coordinatore del Gruppo S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo, che ha inviato una lettera al Commissario all’agricoltura Janusz Wojciechowski, per chiedere di fermare la procedura prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale Ue della domanda croata.
L’ira quando è giunta la notizia
«Il regolamento Ue sull’Organizzazione comune dei mercati agricoli – spiega De Castro in una nota – stabilisce che le denominazioni di origine e indicazioni geografiche protette devono essere tutelate da ogni abuso, imitazione o evocazione. Senza contare che – conclude l’europarlamentare Pd – al momento della sua adesione all’Ue, la Croazia non aveva chiesto la protezione della denominazione Prošek, consapevole del fatto che fosse in conflitto con la tutela riservata al nostro Prosecco».
L’ira di Serracchiani
«Il Governo annunci subito la sua posizione alla Commissione europea e nelle dovute sedi si prepari a opporre un deciso no alla possibilità che si mettano sul mercato copie del nostro Prosecco, come sta tentando di fare la Croazia. Molto opportuna e tempestiva l’iniziativa di Paolo De Castro presso il commissario europeo all’Agricoltura. Messo in guardia affinché non sia aggirata la protezione di Dop e Igp nell’Ue. Il Prosecco è ormai molto più di un vino, è un brand nazionale e una fetta di Pil. E come tale va difeso in tutti i modi».
Lo dichiara la presidente del gruppo Pd della Camera dei Deputati Debora Serracchiani, dopo l’avvio, da parte delle autorità croate, della procedura di riconoscimento della menzione tradizionale «Prosěk». «Ci sono tutti i presupposti per una grande ripartenza del Prosecco sui mercati internazionali dopo la pandemia – aggiunge Serracchiani – e i viticoltori del Veneto e del Friuli Venezia Giulia sono pronti a far fronte alle richieste. È chiaro che questo mercato fa gola a molti, non solo in Croazia, e che bisogna fare fronte comune, ovviamente assieme ai consorzi, per evitare di subire danni».
L’ira del governatore veneto Zaia
«Ogni tanto ci riprovano, come un vecchio tormentone. Ma il Prosecco ha una sua identità che non può essere assolutamente confusa, è scandaloso che l’Europa consenta di dare corso a simili procedure. Non si tratta soltanto di scongiurare la confusione sui mercati ma di salvaguardare un diritto identitario». Sono le parole del presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, alla notizia sul «Prosek». «Stiamo parlando di prodotto riconosciuto con la massima denominazione, la Docg, con precise zonazioni. A riguardo vale la pena ricordare che le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono Patrimonio dell’Umanità Unesco; è come se qualcuno andasse ad intaccare la denominazione dello Champagne o altre realtà ben radicate a specifici territori e culture».
Un brutto precedente
Di fronte all’Ungheria «abbiamo dovuto rinunciare al nome del Tocai, nonostante fosse prodotto anche da noi – prosegue Zaia -. In questo caso non si deve assolutamente cedere sotto il profilo identitario. La difesa non è solo un atto di protezionismo agricolo, economico o commerciale. Ô una difesa della nostra storia e della nostra identità: il Prosecco non è un vino nato pochi giorni fa; è un vino che si identifica con la nostra storia, i nostri territori, le nostre regioni e l’Italia». I Croati, conclude il Governatore, «sono nostri vicini di casa e amici, abbiamo ottimi rapporti. Ma ci sono temi sui quali non si può transigere e uno è questo. Bisogna impugnare questo provvedimento a tutti i livelli».