Per il suo esordio sulla scena letteraria Federico Riccato, mestrino che opera nel campo dell’ecologia applicata e appassionato lettore da sempre, ha scelto un incipit travolgente: uno scatenato amplesso di due corpi che dal talamo rotolano lungo il corridoio e giù dalle scale di casa per finire prima in un campo e poi in un fosso, concependo così Felice, il protagonista del romanzo Spigola o agnello.
Una storia surreale ma attaccata alla realtà
Forti sono dunque fin dalle prime righe i tratti surreali e visionari di una storia che tiene col fiato sospeso fino alla fine e che contiene però al suo interno anche molti riferimenti realistici alla nostra contemporaneità, come ad esempio il destino tragico dei ricercatori universitari tenuti per anni, se non decenni, “a bagno maria”, senza prospettive. Felice, infatti, che da sei anni è ricercatore con uno stipendio da fame, viene licenziato dal suo docente che gli ipotizza un’attesa di dieci o addirittura quindici anni prima di una possibile, eventuale, labilissima stabilizzazione.
Lo snodo di Felice
Questo è lo snodo narrativo che fa esplodere una serie rocambolesca di eventi determinati anche dalla comparsa del secondo protagonista, Carmine, alter ego di Felice, che esce letteralmente da lui “come un ramo cattivo”. Il riferimento a Stevenson è palese e certamente voluto nell’alternare i due punti di vista sulla realtà, opposti e non troppo confliggenti, alla fine. Pian piano Carmine imporrà le sue scelte a Felice, in una discesa agli inferi inevitabile.
Felice e la laguna
Il compito accademico di Felice, piuttosto ridicolo e mortificante, di scandagliare la laguna di Venezia per un’indagine sulle tipologie ittiche che i pescatori raccolgono nelle reti, lo mette di fronte all’occasione della sua vita: il ritrovamento di casse affondate nella melma, casse gettate in tempo di peste per eliminare effetti personali contaminati. Casse che contengono in un doppio fondo monete d’argento e anche d’oro. Come resistere alla tentazione di farne commercio invece di consegnarle alle autorità, come impone la legge? In fondo, pensa Felice (o è Carmine?), si tratta di una sorta di risarcimento nei confronti della vita che fino ad ora non gli è stata molto amica.
Nasce così, come in una sorta di Breacking bad veneziano, una rutilante sequenza di avventure sempre più pericolose, nelle quali Carmine assume un ruolo sempre più determinante. Scazzottate, inseguimenti a tutto gas tra barchini in laguna, brutte sorprese e tanta violenza nella quale Felice si trova coinvolto suo malgrado, lui così mite e per nulla incline alle malefatte.
Tanti protagonisti
Tra i protagonisti di contorno, ognuno con la sua storia, troviamo pescatori taciturni come Raul, gioiellieri napoletani che parlano un idioma dialettale misto come Vincenzo, pericolosi trafficanti di oggetti d’antiquariato come Edoardo, due guardie sospettose e determinate e una folla di comparse che si affacciano sul ricevimento di un matrimonio molto particolare.
Il titolo
Una notazione doverosa sul titolo, Spigola o agnello: si riferisce all’indecisione della nonna di Felice che sta facendo la spesa al mercato proprio mentre il nipote viene concepito. Carne o pesce? Una dualità simbolica che troverà sviluppo nel corso della storia, che ha al suo centro proprio l’ambivalenza del protagonista, il suo non essere, appunto, “né carne né pesce”.
L’autore
Federico Riccato ha scritto un romanzo sorprendente, che ci ricorda come in tutti noi la parte oscura, quel Mister Hyde che cerchiamo a fatica di tenere a bada, possa emergere se solo ne compare l’occasione, parlandoci all’orecchio e suggerendoci azioni e decisioni che possono portarci in una china inarrestabile di eventi sui quali perdiamo il controllo. Un rotolare drammatico che ricorda, in negativo, quell’amplesso esaltato ed esaltante delle prime righe, un cadere in un fosso dal quale non è possibile rialzarsi più.