Glaciale. Così viene definito lo sguardo di Roberto Succo. Occhi penetranti e allo stesso tempo vuoti, di un azzurro limpido e cristallino, ma allo stesso tempo torvi. Lo studente di Mestre (Venezia) che frequentava il Liceo “U. Morin” era un soggetto strano, particolare, da cui traspariva freddezza, distacco, impassibilità. Un killer che a poco più di 25 anni ha terrorizzato non solo l’Italia ma anche l’estero, in questo caso la Francia.
Gli occhi di ghiaccio ancora così giovani
Almeno sette omicidi accertati. Un assassino giovane, con molto ancora da imparare, che in qualche modo doveva ancora perfezionare la sua tecnica. Un modus operandi non chiaramente definito e a tratti quasi confuso, ma profondamento violento, la rabbia manifestata sulle persone che aveva di fronte celava senza dubbio una fortissima aggressività repressa forse da tempo, e che si è sfogata portando ad un tragico epilogo, che riguarda non solo le vittime di questo killer seriale, ma anche direttamente lui stesso.
Chi era il killer dagli occhi di ghiaccio
Figlio di un poliziotto e di una casalinga, Roberto Succo nasce nel 1962 a Mestre (Venezia) e vive assieme ai genitori in un appartamento sul Terraglio. I compagni e gli insegnanti, in particolare la docente di scienze, lo descrivono come una persona strana, piuttosto isolata, irascibile, a tratti inquietante. Ma nulla sembra turbare la vita apparentemente tranquilla del giovane, a parte qualche litigio con la madre, forse un po’ troppo protettiva.
Il primo omicidio
Tuttavia, poco dopo il suo diciannovesimo compleanno, Roberto Succo massacra in casa la madre con trentadue coltellate, trasporta il corpo nella vasca da bagno e attende. Poche ore dopo il padre rientra a casa e Roberto lo aggredisce alle spalle. Affermerà che non voleva che il padre soffrisse della morte della madre e di un figlio matricida in carcere. E così uccide anche lui, nella stessa notte. Succo dichiarerà che la madre non gli dava più l’affetto che meritava ed il padre gli aveva proibito di guidare la sua auto nuova.
L’arresto di “occhi di ghiaccio”
Viene arrestato pochi giorni dopo e il Tribunale lo dichiara infermo di mente condannandolo a scontare la pena in quelli che allora venivano chiamati OPG, ovvero Ospedali Psichiatrici Giudiziari (ora REMS, Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza ndr). Qui Roberto segue un comportamento esemplare, studia e si diploma, si iscrive anche all’università. Tuttavia approfittando di una licenza per studio, Roberto scappa e si dirige in Francia, dove lascerà dietro di sé una lunga scia di crimini che vanno dall’omicidio, alla rapina e allo stupro.
Il terrore dalla Francia ritorna il Italia
Solitario e invisibile, riesce a far perdere le sue tracce dopo aver terrorizzato un intero paese, finché non ritorna in Italia, dove viene nuovamente arrestato. In carcere darà spettacolo di sé davanti alle telecamere di alcune emittenti locali dal tetto del penitenziario di Vicenza salutando, con nient’altro addosso se non gli slip, gli elicotteri che sorvolano l’istituto. Improvvisando una rocambolesca evasione che però non va a buon fine. Qualche mese dopo gli agenti lo ritrovano lì, disteso nel letto della sua cella d’isolamento, con il volto avvolto da un sacchetto di plastica con al suo interno una bomboletta di gas. Roberto Succo si era tolto la vita.
Cosa c’era dietro quegli occhi di ghiaccio
Ma cosa c’è dietro agli omicidi, alla violenza, alla crudeltà nei confronti degli altri, all’isolamento e alla diagnosi di schizofrenia? Il soggetto schizofrenico è colui che sperimenta una totale perdita di contatto con la realtà che lo circonda e che la maggior parte delle volte presenta i cosiddetti deliri e allucinazioni correlati a disturbi del pensiero e del linguaggio. Tuttavia Roberto Succo non ha solamente perso il contatto con la realtà, è anche socialmente pericoloso e con una personalità fortemente antisociale. Tende infatti a non possedere alcun tipo di capacità empatica nei confronti degli altri, né tantomeno rimorso per le sue azioni, che lui considera al di sopra delle comuni norme sociali.
Dietro gli occhi il turbamento
Una totale inosservanza e violazione dei diritti degli altri, che manipola per raggiungere il suo scopo, il suo bisogno primario. E se qualcuno si mette contro o intralcia il raggiungimento di tale bisogno, scatta una sorta di impulso ad agire con aggressività e violenza, per eliminare l’altro, l’altro che rappresenta anche una parte di sé stessi con cui non si vuole avere a che fare, con cui non ci si vuole confrontare. Uccido l’altro per non morire io.
Occhi di ghiaccio e amore per la sfida
Roberto non ha tuttavia solo un atteggiamento aggressivo ma anche di sfida, ama il brivido che lo percorre mentre mette in atto terribili atrocità e mentre riesce a scappare indisturbato, senza che nessuno riesca a prenderlo, nemmeno le polizie di più paesi. Si vanta con i giornalisti, schernisce la polizia: lui di mestiere fa il killer, ammazza la gente. Lui è riuscito a scappare, a farla franca, da solo, con le proprie forze. Desidera che ogni attenzione venga focalizzata su di lui, e per raggiungere tale obiettivo dà spettacolo di sé dal tetto di un penitenziario, immagini che hanno lasciato un segno nella storia e nell’immaginario collettivo di tutti, come desiderava Roberto.
Lasciare una traccia
Non importa che venisse ricordato per i suoi gesti folli e atroci, Roberto voleva essere ricordato in maniera grandiosa quanto lo era il suo ego: idee di riferimento bizzarre e un senso di grandiosità che lo hanno portato a scegliere una fine altrettanto “stra-ordinaria”, a tratti degna dello spettacolo di pochi mesi prima, dal tetto del penitenziario, ovvero il suicidio. Ultimo atto di una vita violenta e all’insegna di un’eccitazione perversa.
Tanti nomi per solo due occhi di ghiaccio
È stato chiamato in molti modi Roberto Succo: il killer dagli occhi di ghiaccio, il killer della luna piena, il mostro di Mestre. Estremamente complesso stabilire quale sia stata la reale motivazione che sottende a questo senso di distruttività, al piacere di infliggere dolore agli altri, “sfortunati accidenti”, vittime che hanno incontrato il sentiero di Roberto Succo, che urlava “Ti ammazzo!” di fronte al minimo segno di ostilità e che passava immediatamente all’azione.
Nonostante si possano usare formule come “serial killer” o “mostro” per proteggersi dal male e dalla pura follia che nell’immaginario comune intacca solo la parte più emarginata della società, la storia del ragazzo dagli occhi di ghiaccio ci insegna che tale follia risiedeva in un normale studente della sezione D del Liceo “Ugp Morin” di Mestre.
Splendido articolo❤