In pieno “boom” economico dopo i danni subiti durante il secondo conflitto mondiale, l’Italia riuscì nel 1960, con enormi sforzi, ad organizzare a Roma la diciassettesima edizione dei Giochi Olimpici dal 25 agosto all’11 settembre, tra lo stadio Olimpico, lo Stadio dei Marmi, le Terme di Caracalla e il Paleur. Un’edizione che si rivelò bellissima per tanti aspetti, in primis per gli atleti che presero parte diventati poi tra i più grandi di tutti i tempi, un nome su tutti quello di Cassius Clay (poi Muhammad Alì per aver abbracciato la fede musulmana), che vinse l’oro nella categoria dei pesi mediomassimi di pugilato.
1960 il discorso del Papa
Fece un certo scalpore anche il discorso pronunciato da papa Giovanni XXIII durante l’inaugurazione il quale con le sue parole volle abbracciare tutte le fedi degli atleti partecipanti.
1960 il giuramento del discobolo

Il giuramento fu affidato alla voce flebile di Adolfo Consolini, gigante veronese che vinse l’oro nel lancio del disco a Londra 1948, mentre il portabandiera della squadra azzurra fu il grande schermidore Edoardo Mangiarotti. L’Italia concluse quell’olimpiade al terzo posto finale (un risultato mai più raggiunto), alle spalle solamente di Stati Uniti e Unione Sovietica. Nell’edizione precedente a Melbourne chiuse al quinto posto, così come in quella successiva di Tokio.
Tutto l’oro del NordEst
Trentasei medaglie il bottino azzurro, suddivise in tredici d’oro, dieci d’argento e tredici di bronzo. La “cosa” che balza subito all’occhio è che di quelle trentasei medaglie ben tredici (più di un terzo) furono conquistate da atleti del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia. Ciclismo, pugilato, scherma, atletica le discipline più “gettonate”.
La boxe
Dal pugilato arrivarono due medaglie d’oro pesantissime, quelle del triestino Giovanni “Nino” Benvenuti nei pesi welter e quel del peso massimo mestrino Francesco “Franco” De Piccoli.
1960 e il “calo” di Benvenuti

Benvenuti nato ad Isola d’Istria nel 1938, partecipò a quella olimpiade dovendo “scendere” di categoria dai superwelter ai welter per dare spazio al lombardo Carmelo Bossi che poi conquistò l’argento. Scendendo nei welter il triestino Benvenuti dovette perdere circa quattro chili di peso, ma a quanto pare non fu un problema, in quanto vinse il torneo battendo addirittura in finale il russo Jurij Radoniak e in precedenza il coreano Ki Soo Kim che diventò anche campione del mondo nei professionisti (tra l’altro anche avversario di Sandro Mazzinghi morto pochi giorni fa). Per Benvenuti arrivò anche la coppa Val Balker che viene assegnata al miglior pugile del torneo e fu preferito addirittura a Cassius Clay. Gli anni futuri di Benvenuti li conosciamo a memoria, quasi pleonastico ricordare le sue epiche sfide da professionista con Sandro Mazzinghi, Emile Griffith, Carlos Monzon e tanti altri nomi del pugilato mondiale.
Il gigante di Campalto

Francesco De Piccoli, il gigante di Campalto (piccola frazione nella terraferma veneziana a ridosso di Mestre), vinse l’oro nei pesi massimi ed è a tutt’oggi l’unico pugile italiano ad averlo vinto in questa categoria in quanto il lombardo Cammarelle a Londra nel 2008 vinse nella nuova categoria del supermassimi. Al grande De Piccoli abbiamo dedicato la settimana scorsa un servizio esclusivo, ma vale la pena di ricordare che dopo l’oro conquistato a Roma in finale sul sudafricano De Bekker, passò al professionismo dove disputò 41 incontri con 37 vittorie (26 per k.o.) e nel 1962 era classificato al decimo posto nella graduatoria mondiale. Poi, nel 1965 decise di abbandonare il pugilato dedicandosi all’attività di istruttore di guida con una breve parentesi nel mondo del cinema.
1960. Le due ruote regalano sempre trionfi
Dal ciclismo arrivarono addirittura cinque medaglie d’oro sulle sei previste. Il ruolo del “leone” lo recitò senza ombra di dubbio Sante Gaiardoni nato nel 1939 a Villafranca di Verona. Il grande pistard ottenne una splendida doppietta, vincendo l’oro sia nella velocità che nel chilometro da fermo dove chiuse con il tempo di 1’07″18 all’epoca record del mondo. Vinse anche due mondiali nel 1960 e 1963 e poi da professionista diede vita a degli autentici duelli con l’altro grande pistard italiano Antonio Maspes.
I velocisti
Due nomi in rima Beghetto (Giuseppe) e Bianchetto (Sergio), entrambi padovani, il primo di Tombolo e il secondo di Torre ed entrambi nati nel 1939. Una rima che portava dritti alla specialità del tandem dove vinsero alla grande la medaglia d’oro. Bianchetto fece anche il bis nel 1964 in coppia con Angelo Damiano. Beghetto invece vinse anche tre mondiali di velocità nel 1965, 66 e 68. Epiche le sue battaglie col belga Patrick Sercu che gli precluse il poker mondiale battendolo nel 1967.
Squadre a due ruote

Altre due medaglie d’oro nel ciclismo arrivarono dall’inseguimento a squadre e dalla cronometro a squadre. Nel quartetto dell’inseguimento figuravano anche Mario Vallotto nato nel 1933 a Mirano (Venezia) e morto prematuramente nel 1966, e Franco Testa nato a Padova nel 1938 e andato a vivere a Campalto, non distante da De Piccoli. Gli altri due componenti erano Marino Vigna e Luigi Arienti. Fu una finale straordinaria, gli azzurri vinsero superando i tedeschi (favoriti sulla carta) che schierarono Kohler, Barleben, Groning e Kilieme. Terza si piazzò l’Unione Sovietica. Nell’oro conquistato nella cronometro a squadre una buona parte di merito andò ad Antonio Bailetti classe 1937 nativo di Bosco di Nanto un paesino di tremila anime in provincia di Vicenza. Con Bailetti c’erano Livio Trapè (il quale conquistò anche l’argento nella corsa in linea), Ottavio Cogliati e Giacomo Fornoni. Gli azzurri s’imposero ancora davanti ai tedeschi che si presentarono con Schur, Adler, Hagen e Lorke. Bailetti passato al professionismo vinse anche un trofeo Laigueglia e indossò le maglie della Bianchi, Sanson, Carpano e Faema.
1960. Inizia l’era della scherma triveneta
La scherma portò tre medaglie di bronzo ottenute da Mario Ravagnan, Irene Camber e Antonella Ragno. Il padovano Ravagnan, nato nel 1930 e deceduto nel 2006, fece parte della squadra che ottenne il bronzo nella sciabola. Con lui Calarese, Calanchini, Chicca e Ferrari. Per lui anche l’argento sempre a squadre quattro anni dopo a Tokio. Irene Camber, triestina nata nel 1926 è stata una tra le più forti schermitrici italiane di tutti i tempi. Prima del bronzo a squadre conquistato a Roma si era imposta nel fioretto individuale a Helsinki nel 1952. Quattro anni più tardi, e cioè nel 1956 non partecipò a Melbourne perchè aveva deciso di sposarsi. Fu anche commissario tecnico della squadra azzurra femminile fino al 1972.

Il bronzo a squadre del fioretto femminile di Roma vide protagonista anche Antonella Ragno (le altre erano Cesari, Colombetti e Pasini), nata a Venezia nel 1940 e moglie del pallanotista Gianni Lonzi (oro con la squadra a Roma). La Ragno, figlia del grande Saverio, oro a Berlino nel 1936 nella spada a squadre, oltre al bronzo di Roma conquistò l’oro individuale a Monaco nel 1972 e tre bronzi mondiali.
La gara più faticosa

La marcia una disciplina di pura fatica, considerata a torto la “cenerentola” dell’atletica leggera, ma con atleti del calibro di Ugo Frigerio, Pino Dordoni e più recentemente Maurizio Damilano, a Roma vide protagonista di un bel bronzo Abdon Pamich, nato nel 1933 a Fiume (oggi Rijeka). Pamich chiuse la sua fatica dopo 50 chilometro con il tempo di 4h27’55”, ma quattro anni dopo a Tokio andò a vincere l’oro con lo strepitoso tempo di 4h11’12”, dopo che dovette fermarsi per un serio problema intestinale al trentacinquesimo chilometro. Nel 1972 a Monaco fu il portabandiera dell’Italia.
1960. La ginnastica prima di Chechi
A chiudere questa “carrellata” di medaglie e ricordi il nome del ginnasta Giorgio Marzolla nato nel 1937 a Donada di Rovigo. La sua medaglia la conquistò nel concorso a squadre assieme al grande Franco Menichelli (oro individuale a Tokio nel 1964), G. Carminucci, Vicardi, P.Carminucci e Polomonari. L’oro andò ai favoritissimi giapponesi e l’argento ai sovietici. Polvere di stelle, ma che brilla ancora nel firmamento dello sport mondiale…e soprattutto orgoglio per il Triveneto.