I media provano a cambiare la cultura dello sport in Italia e in parte ci stanno riuscendo. Le paralimpiadi hanno avuto un bello spazio su Rai2, analogo alle olimpiadi, mentre su Rairadio1 c’era un inviato, Giacomo Prioreschi.
Su Repubblica, Mattia Chiusano ha raccontato ogni giorno una storia. Su Il Corriere della Sera e su La Gazzetta Claudio Arrigoni, la massima autorità in Italia del paralimpismo. E’ un peccato che Skysport non abbia dedicato canali. Nè, soprattutto, Eurosport, nè Discovery, che tanto bene avevano coperto le olimpiadi.
Prendiamo il bilancio generale da radiopopolare.it. L’emittente appartiene ora al terzo settore, ma è attiva dal 1990, storica, a Milano.
Dunque,
“69 delegazioni, 278 guide, 2,8 milioni di spettatori. E il bilancio è più che positivo dei Giochi paralimpici di Parigi 2024 – scrive Elena Brizzi, degli esteri -. La vittoria indiscussa va ancora una volta alla Cina e ai suoi 94 ori. Nelle ultime 5 edizioni la Cina ha sempre registrato, come minimo, un numero di ori uguale a quello dei secondi e dei terzi messi insieme.
Secondo l’associazione WeThe15, nata in occasione dei Giochi paralimpici di Tokyo del 2020, le persone con disabilità nel mondo sono il 15%. In Cina rappresentano il 6% della popolazione totale ossia 85 milioni su 1,4 miliardi. Ma l’alto numero di abitanti in Cina non è l’unico motivo delle 220 medaglie conquistate.
I governi di Pechino hanno iniziato a puntare sullo sport da svariati anni. Il concetto è chiamato “the whole-nation system”: mobilitare tutte le risorse necessarie per raggiungere il più grande successo sportivo possibile.
Soprattutto nelle categorie con una quantità più elevata di medaglie: dal nuoto al tennis tavolo, passando per il sollevamento pesi.
Le persone con disabilità congenite in Cina provengono perlopiù da zone povere e rurali: è proprio qui che i programmi paralimpici reclutano atleti fin dalla giovane età, indirizzandoli verso determinate scuole statali e accademie sportive. Chi entra in questi programmi ha quindi molto tempo a disposizione per diventare un atleta affermato”.
Un altro fenomeno del paralimpismo è il Brasile
“Partito per Parigi con 255 atleti, dietro solo ai 282 atleti cinesi. Ed è arrivato quinto nel medagliere, con 25 ori, uno in più dell’Italia. È da Pechino 2008 che gli atleti brasiliani finiscono almeno in top ten. Anche nel caso brasiliano il successo è dovuto in parte alla grandezza della popolazione, che conta circa 215 milioni di abitanti. Per analizzare l’alto numero di persone con disabilità bisogna però considerare gli elevati tassi di violenza armata e le degradanti condizioni sanitarie del Paese.
Il Comitato brasiliano paralimpico ha lavorato molto bene in questo senso. Prima della sua fondazione, nel 1995, ogni sport aveva una sua struttura e organizzazione. Con la nascita del Comitato e la nomina di Pelé come ministro dello Sport le cose sono cambiate. Ma ad aumentare esponenzialmente i fondi a disposizione dell’organizzazione è stata una legge del 2001 che ha stabilito che una parte dei proventi della lotteria nazionale dovesse essere destinata allo sport. Stiamo parlando dello 0,87% dei ricavi, che nel 2023 corrispondevano a 39,6 milioni di dollari.
L’ottimo lavoro portato avanti da Cina e Brasile è parte di una volontà generale di migliorare le condizioni degli atleti paralimpici”.
Allo Stade de France, per la cerimonia di chiusura eravamo vicini all’esaurito dei 64mila posti, con 4400 atleti partecipanti e 24 dj, in clima simile alla chiusura delle olimpiadi.
I portabandiera azzurri durante la cerimonia di chiusura sono stati i più giovani arrivati al quarto posto, Domiziana Mecenate del nuoto e Ndiaga Dieng nell’atletica. Il presidente del Cip Luca Pancalli segue la scelta del presidente della repubblica Sergio Mattarella di ricevere al Quirinale gli atleti che hanno sfiorato il podio.
“Assieme al capo missione e segretario Juri Stara, abbiamo deciso di nominare i due più giovani quarti posti a Parigi, per dare il segnale di un movimento che si è confermato ma che guarda anche al futuro, con 52 esordienti ai Giochi”.
L’Italia ha centrato 71 medaglie, due in più rispetto a Tokyo 2020. Ben 24 gli ori conquistati, 10 in più rispetto al Giappone, con miglioramento nel medagliere generale di tre posizioni, dal nono al sesto posto, stavolta però mancava Rpc, ovvero la rappresentativa russa senza bandiera.
Undici le discipline andate a medaglia: nuoto, atletica, ciclismo, tennistavolo, tiro con l’arco, scherma, triathlon, equitazione, pesistica, taekwondo, tiro a segno.
“Abbiamo vissuto anche emozioni amare – ammette Pancalli -, la medaglia sfumata nel canottaggio di Giacomo Perini e la caduta di Ambra Sabatini nella finale dei 100 metri”.
Questo, invece, fu il tris azzurro nei 100, tre anni fa
E questa è la storia di Luca Pancalli.
Già commissario straordinario della Figc, Pancalli ricorda Londra 2012 come spartiacque.
“Per noi fu fondamentale per le tantissime ore di diretta della Rai. Senza la presenza dell’emittente pubblica alcune immagini iconiche di quei Giochi, come di Alex Zanardi, non esisterebbero. Resto convinto che il comitato italiano paralimpico sia tra i più grandi agenti trasformatori della società civile. Stiamo cambiando la società. Chi si è appassionato alle Paralimpiadi – e sono veramente tanti – saranno persone sicuramente migliori, in grado di accettare ogni tipo di diversità”.
Nel nuoto il primattore nella categoria S9 è Simone Barlaam, oro e record mondiale sui 100 stile libero con 23”90 e sui 100 farfalla, 57”99, primato europeo, e con la 4×100 mista, 4’01”53, altro primato, mondiale. La sua storia.
Assunta Legnante si è aggiudicata il peso F12 con 14,54 e l’argento nel disco, con 38,01. La sua traiettoria.
Per Oney Tapia l’oro nel disco F11
Per Manuel Bortuzzo un bronzo nel nuoto, 100 rana.
Valentina Petrillo
Fra i personaggi spicca Valentina Petrillo, la prima transgender ad avere partecipato alle paralimpiadi fra le donne. Non si è qualificata per la finale dei 200 e dei 400 nella categoria T12, si è raccontata al Times.
“Dal 2015, quando il Cio ha aperto le Olimpiadi alle persone transgender, c’è stata solo una atleta che ha gareggiato ai Giochi, Laurel Hubbard, e una alle Paralimpiadi, io. Quindi tutta questa paura che le persone trans distruggano lo sport femminile in realtà non esiste”.
Da bambino – il nome alla nascita era Fabrizio – giocava a calcio e faceva a pugni per difendere il fratello. “Sapevo che qualcosa non andava da quando, il mio primo giorno di comunione, sono entrata in chiesa e ho visto le altre ragazze con gli abiti bianchi. Volevo stare con loro”.
“Avevo una cugina più grande che era transgender, mio zio l’ha cacciata di casa. Avevo paura che succedesse anche a me, quindi ho tenuto tutto nascosto dentro”.
Cinque anni più tardi le diagnosticano la malattia di Stargardt, una rara condizione oculare ereditaria senza cura conosciuta, che le ha lasciato aree scure permanenti al centro della sua vista.
Studiò informatica all’istituto dei ciechi, divenne programmatrice di computer, a 41 anni Valentina volava in pista, vincendo 11 titoli nazionali nella categoria maschile T12. Si era sposata, ha un figlio, Lorenzo, ma aveva represso la sua vera identità.
“Ho sempre detto che era un segreto, che avrei mantenuto fin dentro la tomba. Significava distruggere tutto ciò che avevo creato. È stato molto doloroso – dice al prestigioso quotidiano britannico -. Con mia moglie abbiamo incontrato insieme uno psicologo sessuale. Dopo quattro mesi, mi è stato detto che avevo una disforia di genere”.
Ovvero un senso di disagio che una persona può provare a causa di una discrepanza tra il suo sesso biologico e la sua identità di genere. Grazie anche alla moglie, nel gennaio 2019, Petrillo inizia a sottoporsi a una terapia ormonale, ingrassa 10 Kg, perdendo nei rilievi cronometrici della corsa (che nel frattempo era entrata nella sua vita) più di dieci secondi nei 400 e circa 2,5 secondi nei 200.
“Meglio una donna lenta e felice, piuttosto che un uomo veloce e infelice”, divenne il suo motto.
Nel settembre 2020 la sua prima gara fra le donne, con proteste crescenti. Le avversarie le hanno negato l’accesso agli spogliatoi, l’hanno lasciata sola sul podio, hanno chiesto la sua esclusione dalle gare. Prima dei mondiali di atletica indoor, lo scorso anno, viene avvertita di “un’atmosfera aggressiva” contro di lei.
“Tutti questi aspetti negativi erano presenti nel mondo olimpico, mentre nel mondo paralimpico non ho mai avuto problemi”.
A Parigi viene definita un “imbroglione dichiarato e orgoglioso” da JK Rowling, la sceneggiatrice di Harry Potter.
“La gente diceva che molti uomini sarebbero andati a gareggiare come donne solo per poter vincere, ma questo non è successo. È solo transfobia. Spero di contribuire alla trasformazione per le persone transgender”.
Bebe Vio
Non è stata l’olimpiade di Bebe Vio, nel frattempo diventata anche Grandis, in onore della madre. Ha perso nettamente la semifinale con la cinese, è stata bronzo anche a squadre, si aspettava il doppio oro, nel fioretto.
Bebe è comunque felice del doppio podio e l’ha celebrato con Jovanotti, arrivato a Parigi con la moglie Francesca e la figlia Teresa.
“In tanti anni che siamo amici e fan di Bebe – racconta il cantante – non l’avevamo mai vista in combattimento. Che forza, che velocità, che dedizione e che spirito. È la prima volta che la vedo tirare, dopo milioni di incontri da tutte le parti del mondo. La conosco da subito dopo la malattia, è pazzesca, ha una forza esplosiva incredibile, sappiamo che è la più forte di tutte. È davvero emozionante che un corpo così piccolo possa sprigionare tanta energia. Sappiamo tutto quello che ha fatto per i bambini, tanti li ha tirati fuori di casa con lo sport”.
Bebe rivela la sua gratitudine per Lorenzo Cherubini, all’anagrafe.
“Usavo la carrozzina, avevo i capelli lunghi, ero gonfia di cortisone e lui c’è sempre stato. Mi ha visto letteralmente crescere”.
Ha 27 anni e la trevigiana, di Mogliano, può tranquillamente reggere sino a Brisbane 2032.
Questo giornalista ha piu’ volte messo in discussione le paralimpiadi, sostenendo che gli atleti paralimpici facessero senso, basta guardare nel suo canale Youtube