Giuro che in questo periodo di evidenti titubanze ideologiche ho solo due grandi certezze. Che Dante Alighieri, con certificato ministeriale, sia di destra e il festival di San Remo di sinistra. Cerco di capire come mai il 40% degli elettori lombardi e laziali, ovvero solo 4 su dieci, si siano recati al voto. Un fatto che sembra avvicinarci ai paesi del nord Europa, che da anni, “delegano” gli altri con l’astensione. Tanto non cambia nulla. C’è chi ha dato colpa alla crisi di proposte “da sinistra”, chi alla mancanza di emozioni. C’è chi cita Bertolt Brecht: se il comitato centrale del partito decide e il popolo è contrario, bisogna cambiare il popolo. Un po’ sulla linea Calenda. Ora sono molto concentrato sul fatto che il candidato alle primarie Pd, Stefano Bonaccini, abbia dichiarato che “Giorgia (nel senso di Meloni) sia una leader capace, mentre la sua avversaria “più radicale e de sinistra” risponda immediatamente “non sono assolutamente d’accordo”.
Bonaccini, emiliano figlio di operai comunisti, ha aperto una breccia rivoluzionaria
Sono finiti i tempi della criminalizzazione dell’avversario, con preciso stampo ideologico, per cui chi è “de sinistra” è bravo e intelligente”, chi è “de destra” è incapace e nocivo. In poche parole il pensiero unico.
E bravo Bonaccini, paciosità emiliana. Mentre Schlein, poliglotta, figlia di borghesi, tre nazionalità, rappresenta la vecchia linea radicale.
Occhio ai giornali
Per capire dove va oggi l’elettorato, una mano l’hanno offerta di sicuro due “giornaloni” La Stampa e La Repubblica, in calo di copie. A cominciare con il body shaming sulla Meloni “pescivendola, coatta della Garbatella, con quelle braccia da massaia deve evitare i vestiti senza maniche, ecc.ecc. Anche la vecchia puzza di fascismo non ha più funzionato. Addirittura con fake-news smentite il giorno dopo. Tipo: figuraccia in Europa, Meloni esclusa. Il risultato delle regionali è stato subito bollato: ha vinto l’astensione (per cui si evince che il potenziale 60% degli elettori “de” sinistra sia rimasto a casa). Infantilismi giornalistici.
Ecco dunque l’affermazione “rivoluzionaria” di Bonaccini
L’avversario politico si combatte con le idee e le proposte innovative. E soprattutto si rispetta.
Giorgia Meloni, prima donna presidente del consiglio, naviga ora con consensi incredibili, e si pone come la più apprezzata leader europea. Giornali americani la mettono addirittura ai primi posti al mondo. Poi controllando la sua esistenza di “borgatara”, stupisce che sia una ragazza con il padre pregiudicato e scappato in Spagna, mente lei, la sorella più piccola e la madre, si sono dovute arrangiare da sole. È cresciuta a pane e politica fin da ragazzina, e non a caso è stata la ministra più giovane che l’Italia abbia avuto. Il fatto che abbia vissuto ambienti di destra l’ha etichettata come post-fascista, nostalgica, insomma una “ad excludendum”.
Giorgia stupisce
Malissimo sono rimasti in molti quando ad uno dei primi incontri europei, ha sciorinato un buon inglese “fluently”. Pensate, avranno commentato i lettori sempre più delusi dei due giornaloni “anche quelli di destra parlano inglese”. Commoventi quando a Parigi, Macron e Scholz si sono accaparrati furbetti il leader ucraino Zelensky, per fare loro due bella figura. “Meloni isolata in Europa”, l’immediata critica, salvo poi dover ammettere che gli altri 24 paesi europei hanno dato ragione a Giorgia. Si vince tutti assieme e non in 2 su 27 players.
Quello che mi stupisce di Giorgia (Meloni) è la sua capacità comunicativa. Non sono un suo elettore. Però mai sopra le righe, sempre garbata e serena, da donna rassicurante, direi addirittura “qualunque” che pensa al bene “famiglia-paese” e non alla fazione politica. Stile Draghi.
Che Bonaccina abbia azzeccato il modo giusto?
Credo che Stefano Bonaccini, abbia azzeccato in pieno e il cambio di “cultura egemonica e a senso unico” sia finito per sempre. Insomma: una nuova strada é aperta.
Infine ultimo dubbio dopo Dante e San Remo: ma perché Meloni non è nata in Svizzera e Schlein alla Garbatella?