Da una parte due vecchie sorelle 80enni trovate morte per caso, dall’altra la storia di un imprenditore veneziano, tornato alla vita dopo quasi un anno di sequestro in Africa. Morte (e vita) a Venezia. La cronaca locale vede al centro due casi apparentemente distanti ma mai così vicini.
Le vecchie sorelle
Le due anziane, Livia e Gladis Naccari, 86 e 84 anni, non abitavano nella sperduta campagna veneziana in una abitazione isolata, ma a 30 metri dal Gran Teatro la Fenice e a 300 metri da Piazza San Marco.
È stato un muratore kossovaro salito per lavorare su una impalcatura nel corso dei restauri della facciata, a notare a palazzo Contarini una finestra aperta e una donna distesa sul pavimento. Lanciato l’allarme, arrivano vigili del fuoco e forze dell’ordine. Aprono forzando la porta dell’abitazione di un condominio abitato da altre famiglie. La tragedia è doppia. Sono due le anziane morte almeno da una decina di giorni.
Nessuno si era accorto di nulla
In un centro storico di 50 mila abitanti dove gli ultra ottantenni sono circa sette mila, dove si vive tra calli e campielli a stretto contatto di gomito. Il dramma della solitudine colpisce due pensionate, due vecchie signorine conosciute perché per anni avevano gestito un negozio di merletti in calle degli Specchieri, sempre dietro San Marco. Erano, come si dice, benestanti. Come è possibile che due anziane munite almeno di due telefonini siano state così trascurate, dai vicini, dai servizi sociali, dai parenti?
Il parroco sembra difendersi
Non volevano aiuti, si difende il parroco della chiesa di Santo Stefano, dove una delle due sorelle, era solita partecipare alla messa domenicale, mentre l’altra, costretta in carrozzina, non si muoveva mai da casa.
Vita sociale ridotta al lumicino, già, ma come sopravvivevano, come si alimentavano? Un cameriere del vicino ristorante di Campo San Fantin, testimonia che vivevano di tramezzini e di bottiglie di aperitivi comprate direttamente in ristorante. Abitudini singolari. E i parenti? Forse un nipote che vive a quanto pare in Tailandia.
Vecchie sorelle benestanti
Le due anziane come detto non erano indigenti, vivevano del loro, dopo una vita passata dietro il banco di un negozio di proprietà. Dunque, non povere pensionate. Si potevano permettere una, almeno due badanti. In centro storico la statistica è desolante: 2,5 anziani in media, e un solo giovane. Settemila vecchi e circa tre mila ragazzi. Una società che non ha futuro.
E i condomini? Poche dichiarazioni e un po’ freddine
Volevano vivere isolate. Ma nemmeno un buongiorno o un buonasera nella rampa delle scale? Oppure: scusate avete bisogno di qualcosa? Niente. La solitudine come in un condominio di Manhattan. Tutti estranei. Ora ci saranno i funerali e il diritto alla sepoltura oppure cremazione. Chissà chi si farà vivo. Per legge, in mancanza di altri, spetta al Comune l’incombenza.
Veramente una triste storia di solitudine urbana e non si venga a dire che Venezia è una città a misura d’uomo, o peggio di anziano.
Dopo le due vecchie sorelle il ritorno di Marco
Marco Zennaro, 47 anni, imprenditore, è invece la vita a Venezia. Come le due anziane abita nel sestiere di San Marco.
Ha passato 361 giorni a Khartoum capitale del Sudan, di cui 75 di reclusione in condizioni proibitive. Ebbene la città si è mobilitata. Sono state organizzate manifestazioni in Canal Grande, con tante barche e gondole e le scritte “Marco libero!”, oltre a vedere striscioni e manifesti in tutta la città. Anche Ca’ Farsetti, sede del Municipio e palazzo Balbi, sede del presidente della regione Veneto, in Canal Grande, a solidarizzare con l’imprenditore Veneto sequestrato in Sudan.
I ringraziamenti
Zennaro, una volta libero, ha ringraziato le due psicologhe messe a disposizione dal Ministero per averlo aiutato nei momenti più bui, i tre carabinieri a protezione dell’ambasciata dove era stato ospitato e per averlo tenuto in forma fisica.
Se le due vecchie sorelle rappresentano la morte, Marco rappresenta la vita
Rientrato in Italia ha dovuto smentire le incaute dichiarazioni del padre Cristiano contro l’inattività del Ministero degli Esteri e per il fatto che hanno fatto tutto da soli. Ricostruiamo: la ditta di Porto Marghera “Zennarotrafo” aveva venduto al governo sudanese nel 2021 una partita di 400 trasformatori elettrici giudicata difettosa o non all’altezza dei costi.
La storia
L’anno scorso, con l’accusa di truffa, Marco era stato incarcerato assieme al mediatore Ayman Gallabi, titolare della ditta Gelabi & sons che aveva acquistato la merce per poi rivenderla all’azienda elettrica nazionale. I test condotti nei laboratori di una ditta rivale, presumibilmente cinese, avevano riscontrato caratteristiche difformi rispetto al contratto concordato.
Parte la prima causa civile. Nel frattempo il mediatore chiede la restituzione di 400.000 euro. Marco restituisce i soldi. Successivamente Gallabi viene trovato annegato nel Nilo. Forse i 400 mila euro facevano comodo ai signori della guerra, ai miliziani che controllano il paese. Viste le cifre, enormi, per un paese poverissimo come il Sudan.
Un secondo processo
Si fa avanti un’altra ditta locale, la “Sheikh Eldin Brothers” che avanza le stesse richieste e accuse. Una partita di trasformatori da 700 mila euro “non soddisfacenti”. L’impressione è che l’imprenditore sia vittima di una estorsione continua. Processo civile numero due. Il padre va a Dubai, via Israele, a garantire la cifra. Zennaro privo di passaporto e di espatrio vive chiuso in hotel.
L’errore del padre
Il padre Cristiano tenta una scappatoia facendo arrabbiare la Farnesina. In una intervista al Corriere del Veneto descrive il progetto di fuga, via Port Sudan e 800 chilometri in auto, nel deserto, per raggiungere il Corno d’Africa e il Canale di Suez. Errore comunicativo del padre, forse con molte cose da nascondere. Scappa chi ha torto marcio. Grazie all’avvocato Giorgio Orsoni, ex sindaco di Venezia e parente di Marco, si interessa del sequestro Piero Fassino, presidente della commissione Esteri al Senato.
Per cui le accuse ingiuste del padre Cristiano alla Farnesina, possono diventare un boomerang in futuro. Marco non è stato mai abbandonato, e Luigi Vignali, responsabile per gli italiani all’estero della Farnesina, ha seguito il caso giorno per giorno.
Come mai queste incomprensioni tra padre e figlio?
Lo sapremo nelle prossime puntate, giornalistiche, che di sicuro non mancheranno.