Quando Robert Engel entra in campo con la canotta della Reyer, al palazzetto di Cantù e dal divano di casa – la partita è in diretta televisiva su Videomusic – gli appassionati di basket si accorgono che l’americano, unico straniero nella squadra di Frank Vitucci, non è ancora pronto per certi livelli. Le squadre che si affrontano a inizio del 1996 sono ai primi due posti della classifica di A2. Venezia ha tesserato lo sconosciuto Engel, quasi per caso. Steve Burtt, il vero leader tecnico della squadra con un passato in Nba, se ne è tornato negli States durante le vacanze di Natale. Il club lagunare è ormai fallito, le casse sono completamente vuote. Ma nel roster ora c’è una casella vuota da riempiere con uno straniero. A Venezia si chiedono chi mai avrebbe potuto a giocare per loro in quelle condizioni.
Engel e il precedente
Nell’agosto precedente l’Università di Kentucky si trovava in tour in Italia e aveva affrontato i granata di Vitucci in amichevole. I ragazzi della Ncaa, allenati da Rick Pitino, avevano distrutto la squadra italiana nel palasport dell’Arsenale. In prova con la Reyer aveva giocato anche Engel, che si era sobbarcato ore e ore di auto dalla Germania, dove si trovava quando il procuratore Gaetano Cusmano gli aveva prospettato questa possibilità. Vitucci lo aveva schierato e l’americano (con passaporto italiano ma non avendo fatto il settore giovanile da noi era considerato uno straniero) non si era comportato male, totalizzando 12 punti con 4 su 4 dal tiro. Anche Pitino, il leggendario coach americano, gli aveva fatto i complimenti.
Engel, non certo “un fenomeno”
Ma il suo curriculum non era particolarmente prestigioso, avendo giocando soltanto con un’università come Notre Dame non di primo livello per il basket. E così tutti si erano dimenticati di Rob, nel frattempo era arrivato Burtt che aveva cominciato a inanellare punti su punti. La Reyer, malgrado tutte le difficoltà economiche, a fine del 1995 era in testa al campionato. Con Burtt in America per un intervento chirurgico, venne l’idea di mettere sotto contratto il ragazzo californiano. L’alternativa era mettere sul cubo dei cambi il massaggiatore Gianni. Bob non aspettava altro e costava pochissimo, quasi nulla. Viene pagato a gettone, mille dollari a partita più un bonus in caso di vittoria.
Engel lo ammette
“Di sicuro non valevo Burtt – confessa a un giornale – però non ero solo un tiratore, anche se sono altro 1.95 saltavo molto, prendevo rimbalzi e schiacciavo. Fisicamente ero pronto per quei livelli, ma era un basket che non conoscevo. Quelle settimane tra il 1995 e il 1996 sono state proprio belle. Vitucci, un allenatore bravissimo. Tra i giocatori ricordo bene Cattabiani, mi piaceva come stava in campo e con me è stato sempre molto gentile”
La sua storia
Nato a Los Angels nel 1968, Robert aveva vissuto per anni a Vicenza perché i genitori lavoravano entrambi nella Caserma Ederle. Il padre era un militare del Kentucky che aveva conosciuto la futura moglie italiana in Etiopia durante una serata al bowling. Dopo essere stato negli States per studiare e provare col basket americano, viveva in Veneto con i genitori. I dirigenti della Reyer gli trovano una macchina scassata per fare su e giù tra Vicenza e Mestre, recuperando una Lancia ferma da tempo nell’ex Jugoslavia dopo essere stata consegnata allo sloveno Kotnik qualche anno prima. “In effetti la Lancia che mi hanno dato non era speciale. Io mi ero appena fatto arrivare dall’America la mia Ford Mustang verde scura con le ruote d’argento con la targa personalizzata Rob23 tipo giocatore Nba”.
Da subito Bob si fa ben volere all’interno del gruppo
Ha voglia di lavorare e di trasformare la sua grande passione in un lavoro. Per i giornali locali e nazionali è un signor nessuno, l’anonimo americano, l’uomo che guadagna meno di tutta la serie A. Nella prima amichevole con Illy Trieste si prende subito una bella botta che mette al rischio l’esordio al Taliercio con Menestrello Modena. Invece gioca qualche minuto, facendo due punti. Il palazzetto lo adotta subito. La Reyer è prima.
L’addio di Engel
Con Cantù il 7 gennaio Vitucci gli concede ancora un po’ di spazio, anche perché alcuni componenti della squadra sono a letto con un’influenza che sta mettendo ko l’Italia. È la sua seconda e ultima partita in serie A2. Poco dopo torna a Venezia Burtt e Engel fa le valigie, iniziando a girare il mondo per giocare a basket. Di lui si trovano tracce nella terza lega tedesca, nella seconda in Lussemburgo, nel massimo campionato austriaco e farà alcune esperienze in Nba Summer League.
Il racconto in un libro
La Reyer, ormai fallita, quell’anno fa un’impresa straordinaria, arrivando seconda in campionato e poi ottenendo un’incredibile (e inutile) promozione tramite i playoff. Su quella stagione è stato da poco scritto un bel libro “L’impresa indimenticabile. Reyer 1995-96, la squadra che batté il suo destino”, i cui autori sono due dei protagonisti: Francesco Vitucci e Luca Silvestrin, purtroppo scomparso poco dopo l’uscita del volume edito da La Toletta. Engel è in Germania, quando la Reyer batte in finale Rimini con una rimonta clamorosa. Lui quasi non se ne accorge, ma da quel momento ha nel suo record una promozione nella serie A1 italiana.
Engel oggi
Oggi Engel vive in centro a Vicenza. In Italia sta benone, anche se patisce un po’ gli inverni freddi. Fa l’insegnante di inglese e in questi anni non ha mai abbandonato la pallacanestro. Da allenatore di squadre femminili ha ottenuto due promozioni dalla C alla B. All’età di 47 anni, dodici stagioni dopo aver smesso, è tornato a giocare in serie D con Araceli Vicenza.
Italiano d’adozione
“Il mio sogno è sempre stato quello di fare il professionista ad un livello alto. Il basket era ed è la mia vita. Ho ancora la borsa e la divisa da allenamento della Reyer, oltre alla videocassetta della gara con Cantù. Quella chiamata di Gaetano ha girato la mia vita. Se non avessi risposto al telefono fisso, il procuratore avrebbe chiamato immediatamente un altro e non avrei mai fatto l’amichevole con Kentucky. Io oggi ad ogni lezione di inglese che faccio dico ai miei alunni che ho giocato con la Reyer, poi tutto viene più semplice”.