Se mi avessero chiesto di descrivere un sindaco ideale, avrei disegnato lui, Giovanni Brunello di Martellago. Era il “sindaco”, proprio come doveva essere: uno che conosceva personalmente tutti i suoi cittadini, quelli che lo avevano eletto e quelli che non lo avrebbero mai votato; uno che sapeva a memoria cosa occorreva in quella strada o in quel quartiere. Uno che dalla mattina alla sera parlava con la gente, ne conosceva i problemi, ma anche il nome e il soprannome, le esigenze e i desideri.
Il sindaco Brunello

Giovanni Brunello era così, per decenni ha fatto politica ma sempre e soltanto alla sua maniera, più per strada che nell’ufficio al Comune. Se sapeva che una famiglia non aveva da mangiare, faceva arrivare la spesa in maniera discreta perché non si doveva mai offendere la dignità della gente. Uno che nell’alluvione calzò stivali di gomma e tuta e andò nelle campagne a soccorrere e a sgomberare le strade. E una notte che un’auto finì in canale, lui che arrivava poco dopo fermò la sua macchina, accese i fari e scese nell’acqua per soccorrere i feriti.
Un sindaco che amava la sua città

Non mancava mai la domenica alla partita della squadra del suo paese. Così come non mancava mai alla sagra di paese, specie a quella storica degli “Osei”. Non si faceva niente a Martellago e dintorni senza la sua partecipazione. Dava idee, raccoglieva fondi per realizzarle. Faceva crescere il suo paese e la comunità, aiutava anche a costruire una classe politica: ha allevato futuri sindaci, futuri parlamentari. Aveva un sogno: entrare in Regione. Ne aveva tutte le qualità e la gente gli voleva bene, ma non aveva fatto i conti con la politica, quella non bella, quella invidiosa, quella imposta dall’alto che non rispetta le persone troppo per bene e generose. Gli chiusero la porta mentre avrebbero dovuto aprirgli quella girevole.
Quando lo conobbi prima dell’elezione a sindaco
Ho conosciuto Giovanni Brunello prima che diventasse sindaco, era dirigente della squadra juniores di calcio del Maerne, frazione di Martellago. Disputava il campionato regionale, ci giocava uno dei miei figli, l’allenatore era Loris Pellizzaro un compagno di lavoro del giornale che aveva giocato in serie D. Brunello arrivava per primo e distribuiva pacche sulle spalle e risate. Non perdeva mai, perché sapeva che la lezione dello sport andava oltre al risultato.
Un sindaco che si emozionava come un bambino

Da sindaco che stava per essere rieletto eravamo una sera nel suo ufficio quando venni raggiunto dalla telefonata di Carlotta Borghi, l’anima della libreria Lovat di Villorba, che mi raccontava che era a Borgoricco con Candido Cannavò il grande direttore della Gazzetta dello Sport che voleva passare a salutarmi. Brunello saltò come un bambino felice,
Cannavò era il suo idolo, leggeva tutto quello che scriveva, gli sarebbe piaciuto conoscerlo. Così si è mosso in un tempo record: ha prenotato in pizzeria e lì abbiamo aspettato Carlotta e il Direttore che in quei giorni presentava il libro sugli ultimi, i carcerati, gli emarginati, gli immigrati. Aveva costituito una fondazione per aiutarli, girava l’Italia con i suoi libri per raccogliere fondi.
Il tifoso
Quando arrivò il Direttore, Brunello praticamente se ne impadronì: avevano ricordi sportivi in comune, avevano soprattutto in comune la semplicità: si facevano capire da tutti, sapevano ascoltare tutti. Cannavò raccontò la sua Sicilia e la sua Milano, i primi articoli da Catania e gli articoli scritti per l’Italia campione del mondo di calcio.
Finì con una serie di fotografie che poi incorniciò e mise nel suo ufficio al Comune
Furono a lungo le sole foto di quell’ufficio. Lui che aveva incontrato politici importanti, che era stato ricevuto anche dal Presidente, che aveva avuto premi, voleva che la gente vedesse che era stato con Candido Cannavò e insieme avevano riso e mangiato la pizza. Perché questo era il Sindaco. E la sua gente ha capito di essere rimasta orfana l’altro giorno quando Giovanni Brunello se n’è andato dopo una malattia che gli aveva appannato forse il sorriso ma non ne aveva piegato mai l’umanità.