Se abbiamo l’impressione di vivere in una società violenta è perché è così. Ovviamente non è paragonabile a momenti storici di guerra, ma l’occidente aveva sperato di lasciarsi alle spalle la violenza endemica dopo gli anni ’40. Non si può nemmeno dire che il ‘900 e i primi anni 2000 siano stati completamente pacifici: per dare solo qualche suggestione si possono nominare la guerra fredda, i conflitti armati in Asia, Africa e Sud America, il terrorismo interno ed internazionale, gli scontri di Genova, le stragi di mafia… Tuttavia la sensazione che si può riscontrare in tante persone è che quella violenza fosse una sorta di corpo estraneo, un evento che causava stupore e orrore, mentre oggi sia una parte più integrante della società e della quotidianità.
Le due facce della libertà di espressione
Non è un mistero che internet e la rivoluzione social abbiano dato a tutti la possibilità di esprimersi in maniera diversa da qualunque altra era passata. Oggi tutte le persone hanno la possibilità di avere un palco con grande visibilità, tutte le idee possono circolare velocemente e diffusamente. Questo, nell’idea di libertà che ha permeato la cultura occidentale degli ultimi secoli in linea teorica è un bene. Addirittura potremmo dire che è un bene vicino a quanto di più assoluto possa esistere. La realtà è più complessa: si creano spazi di manipolazione per malintenzionati o approfittatori, si mette sullo stesso piano l’opinione di chi ha effettivamente esperienza o studio alle spalle con quella di chi esprime opinioni basate sull’emotività, si dà la stessa possibilità di diffusione a idee fortemente integrate in un sistema etico e a concetti estemporanei.
Incertezza e timore
Una prima conseguenza di questa confusione è la diffusione dell’incertezza. Se un regime totalitario riduce all’osso le fonti di informazione e di creazione delle idee, soggiogando il pensiero di un gruppo o di una nazione, l’esposizione a tutto e al contrario di tutto può gettare molti in uno stato di costante preoccupazione e di incapacità di distinguere il falso dal vero, il buono dal cattivo. La preoccupazione, la difficoltà a definire la realtà possono portare alcuni ad uno stato di prostrazione, fino all’apatia, ma altri a reagire anche con energia, fino alla violenza. Inoltre, avere sempre la possibilità di vedere un’idea confutata rende la comunicazione del proprio pensiero più aggressiva in partenza: la piazza online è un ring costante in cui bisogna difendersi, anche preventivamente, e attaccare.
E’ un mondo tribalizzato
L’architettura stessa dei social, inoltre, peggiora questo effetto. Ricordiamo che Internet è il maggiore veicolo commerciale esistente al mondo e molte dinamiche sono create a scopo di lucro. Così i social network favoriscono contatti che confermano le idee che dimostriamo di avere. Se prima una persona poteva avere il timore di avere idee bislacche, oggi sicuramente trova qualche migliaio di persone che la pensano allo stesso modo. Il fatto che magari siano qualche migliaio rispetto a 60 milioni non è un fattore che il singolo sia sempre in grado di comprendere. In questo modo vanno a costituirsi delle “tribù” fortemente ancorate alle idee condivise nel gruppo, da un pensiero estetico e politico comune, da un’appartenenza. E un mondo tribalizzato è, per definizione, un mondo violento e in guerra.
Autunno 2021
Se qualcuno ha letto queste poche righe come un commento sulla situazione della società italiana rispetto ai vaccini, sugli episodi di violenza nei confronti di medici e giornalisti, sui toni che sta assumendo la discussione pubblica ha nello stesso tempo torto e ragione. Quello che stiamo vivendo e le contrapposizioni di oggi sono un esempio particolarmente cogente e su un tema particolarmente grave e sentito di meccanismi universali. Finché non ci renderemo conto che viviamo in un mondo molto più complesso di quello dei nostri genitori e che c’è bisogno di una regolamentazione innovativa e di uno sviluppo culturale repentino questi effetti non cambieranno. Anzi, semmai arriveremo a vedere episodi di violenza per ragioni molto più futili della salute individuale e pubblica.