Il luogo scelto per l’incontro è suggestivo, assolutamente perfetto: la chiesa anglicana di St. George in campo San Vio, a Venezia. Vi è ospitato il Padiglione della Repubblica Dominicana alla Biennale Architettura 2021, con un’installazione dal titolo Conexión dell’architetto Lidia León: foglie e foglie di tabacco lavorate con la resina occupano la navata della chiesa sui due lati, con un movimento ascendente, anziché a caduta. Quasi a dire: verrà l’autunno, ma un vento leggero le farà roteare nell’aria. Secondo la convinzione di Lidia, ogni età della vita ha la sua bellezza.
Biennale Architettura e l’importanza della connessione
L’importante è la connessione. Tra le menti, tra i sentimenti e le volontà, con quel tabacco, che è uno dei simboli storici della Repubblica Dominicana. Ma anche un tesoro per il futuro, date le potenzialità curative che si stanno evidenziando e in un’ottica di riciclo dei materiali.
La bravura della Semeraro

Una posizione Wabi Sabi, fondata sull’accettazione della transitorietà, sostiene anche la curatrice veneziana del Padiglione Roberta Semeraro. Già nota al grande pubblico, fra l’altro, per aver diffuso in Italia la figura e l’opera della grande scultrice americana Beverly Pepper.
La Biennale Architettura e il futuro
Proprio Semeraro si è fatta promotrice – in questa Biennale Architettura colma di speranze e, soprattutto, di domande dall’alto valore simbolico, di un’iniziativa molto interessante. Portare alla luce, dopo un anno di strette relazioni online di un gruppo di curatori internazionali, i risultati delle connessioni che ne sono derivate, le proposte, le idee per rispondere (idealmente, ma anche materialmente) al grande interrogativo che il curatore di questa edizione, Hashim Sarkis, ha posto come linea guida della ripartenza. How will we live together? “Come vivremo insieme?”.
La critica
Il CC (Collettivo Curatori), ideato inizialmente da Hae Won Shin, curatrice del Padiglione della Korea, ha visto raccogliersi intorno a questo proposito un gran numero di critici, operatori e coordinatori che ora – in questo scorcio d’estate che rappresenta il medio termine dell’edizione 2021 – hanno scelto (alcuni in presenza, altri online) di confrontarsi con la città.
Biennale Architettura e pandemia
I risultati, concretizzatisi in una serie di eventi definiti Midissage, sono un’ottima occasione per interrogarsi su quel vivere insieme che la pandemia sembrava aver scoraggiato. Sugli effetti dell’isolamento e sui modelli più efficaci, urbanistici e sociali, da porre in opera: un nuovo contratto spaziale, più a misura d’uomo, più inclusivo e rispettoso dell’ambiente. La necessità assoluta di ricalibrare la presenza umana ed assicurare vivibilità in diversi contesti abitativi.
Il collettivo curatori
Per Hae Won Shin «il Collettivo Curatori si occupa di processi condivisi, nuove collaborazioni che interagiscono in comunità, con speranza, nuove possibilità che non sarebbero realizzabili senza il supporto, il pensiero e l’azione del corpo collettivo». A loro volta, hanno ribadito Peter Mörtenböck e Helge Mooshammer, curatori del Padiglione austriaco «questa esperienza collettiva ci ha ricordato che la Biennale Architettura non è Internet. Ma la magnifica città di Venezia. In più – hanno aggiunto – le mutate condizioni di viaggio a cui la pandemia ci ha abituato, hanno contribuito a diffondere una diversa considerazione del territorio locale e delle sue potenzialità».
Addio Venezia Disneyland?
Così la Venezia Disneyland, la città vetrina di un turismo di massa potrebbe lasciare il posto ad un laboratorio di convivenza civile. Autentico hub di soluzioni differenziate.
Il gruppo Manifesto

Sempre nell’ambito del CC, su proposta del Padiglione dominicano e di Roberta Semeraro, si è formato anche un Gruppo Manifesto, inizialmente con l’intento di lasciare una testimonianza scritta dei tempi della pandemia: difficoltà, sfide difficili come il distanziamento sociale, la chiusura dei confini, l’impossibilità di portare avanti progetti già elaborati. Tuttavia, il Manifesto che doveva consistere in una selezione di risposte a interrogativi formulati dagli stessi curatori, è divenuto un documento di domande che spaziano dall’architettura a temi più propriamente esistenziali. Materia viva anch’essa, ora pubblicata in una mostra virtuale al link http://curatorscollective.org/manifesto/ .
La Biennale Architettura e il padiglione Nazionale Emirati Arabi Uniti
C’è dell’altro: un’idea simbolica, ma estremamente efficace. Il Padiglione Nazionale Emirati Arabi Uniti, guidato dal co-curatore Wael Al Awar (in collaborazione con il CC) ha lanciato nel giugno scorso un bando internazionale aperto agli studenti di Design per realizzare il progetto di una panchina da installare a Venezia, ai Giardini o all’Arsenale, creata con i materiali di riciclaggio dell’allestimento dei Padiglioni. Perché proprio una panchina? «Il bando – ha risposto Wael Al Awar – guarda ad una delle unità più antiche e basilari dello scambio sociale, l’elemento chiave di ogni spazio comune».
Un filo rosso per unire

Osservazione, riflessione e dialogo. I vincitori ci sono già, mentre – nel segno di una imprescindibile connessione con la città – è stato annunciata, nel corso dell’incontro pubblico, la volontà della Repubblica Dominicana di donare a Venezia uno dei due esemplari, realizzati in marmo oro di Portoro, dell’iconica panca di Malecón disegnata dall’architetto Manuel Valverde Podestà negli anni Settanta. L’altro sarà destinato alla sede delle Nazioni Unite a New York.
Un filo rosso, tenace, d’idee e volontà, tiene insieme le iniziative lanciate da Roberta Semeraro, in attesa di tempi più felici. Anzi, i tempi – grazie a chi ci crede – forse sono già maturi.