Caldo e piromani spingono i grandi incendi che in Italia sono cresciuti del 256% nell’estate 2021, con una escalation di fuoco che costa all’Italia circa un miliardo di euro fra opere di spegnimento, bonifica e ricostruzione. È quanto emerge dall’analisi di Coldiretti su dati Effis (European Forest Fire Information System, Sistema Europeo d’Informazione sugli Incendi Boschivi) rispetto alla media storica 2008-2020 in relazione ai violenti roghi che stanno devastando il Paese con decine di migliaia di ettari di boschi e macchia mediterranea inceneriti dalle fiamme, animali morti, alberi carbonizzati, oliveti e pascoli distrutti e fiamme che sono arrivate a lambire le città.
Il parere di Coldiretti

La Coldiretti evidenzia come questa sia una situazione angosciante che l’Italia è costretta ad affrontare perché, se da una parte 8 incendi su 10 sono di origine dolosa con piromani in azione, dall’altra per effetto della chiusura delle aziende agricole, la maggior parte dei boschi nazionali si trova a essere senza sorveglianza per l’assenza di agricoltori che possano gestirli, in un Paese come l’Italia dove più di un terzo della superficie, per un totale di 11,4 milioni di ettari, è coperta da boschi con quasi 1 su 3 (32%) che fa parte di aree protette.
Incendi ed economia

È rilevante, inoltre, l’impatto economico degli incendi, che hanno un costo economico per la collettività che supera i 10.000,00 euro a ettaro; questi costi sono costituiti da quelli immediati per le operazioni di spegnimento, dagli enormi danni subiti dalla flora e dalla fauna, dalla obbligatoria sospensione delle attività agricole, con particolare riferimento all’allevamento di bestiame da carne e da latte a causa della perdita delle aree destinate a pascolo, ai quali vanno aggiunti quelli a lungo termine, da sostenere per la bonifica delle aree incendiate e distrutte dal fuoco e per far rinascere l’intero ecosistema forestale e, con esso, tutte le attività umane tradizionalmente legate a quell’ecosistema. Infatti, la ricostruzione dell’ecosistema del bosco e il ripristino delle attività tradizionali che gli sono collegate, prevedono uno sforzo che, mediamente, dura 15 anni.
Una soluzione?

Per difendere il bosco italiano, la migliore strategia è quella di creare le condizioni economiche e sociali affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di vigilanza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli. Anche nei confronti delle azioni criminali. Non per questo si devono dare agli operatori dell’agricoltura dei poteri di ordine pubblico. Ma sappiamo bene quanto la sola presenza dell’uomo onesto riesca, nella maggior parte dei casi, ad allontanare l’uomo che tanto onesto non è!
Incendi ed eventi naturali

Tra gli altri danni provocati da eventi naturali (solo in minima parte, purtroppo!) e dalla mano dell’uomo (per la maggior parte delle volte), i roghi contribuiscono anche ad aumentare il deficit commerciale nel settore del legno. Dove l’industria italiana è la prima in Europa ma importa dall’estero più dell’80% del legname necessario ad alimentare l’industria del mobile, della carta o del riscaldamento. Per un importo di 3,4 miliardi nel 2020 ed un incremento del 33% nei primi cinque mesi del 2021.
Gli incendi di quest’anno, hanno consegnato all’Italia un primato europeo del quale avremmo fatto volentieri a meno. Già bruciati 103.000 ettari che, per maggiore chiarezza visiva, equivalgono a un miliardo e trenta milioni di metri quadrati di territorio!
Il Wwf

Fra le cause dei roghi, le azioni dell’uomo costituiscono il 75% dei casi, secondo il Wwf. Alle quali vanno aggiunte le vere cause naturali (vedi ad esempio, il cambiamento climatico) e, anche se non con aspetti criminali e delinquenziali, la mancanza di gestione attiva di territori e foreste, da parte del già citato “uomo onesto”. Ad esempio, si stima che negli incendi del Montiferru (una subregione della Sardegna centro-occidentale, che prende il nome dall’omonimo massiccio di origine vulcanica), siano almeno 500 gli alveari andati persi e 30 milioni le api uccise. Per gli apicoltori, danni incalcolabili soprattutto per la distruzione dell’ecosistema e per noi tutti, un ulteriore passo in avanti verso l’estinzione!
Dietro gli incendi? Sempre i soliti interessi

Dopo la Sardegna e la Sicilia, ora a bruciare sono soprattutto le regioni sul fronte Adriatico, Marche, Abruzzo, Puglia. Gli incendi per autocombustione sono casi molto rari. I roghi che ogni anno distruggono migliaia di ettari di aree boschive in tutta Italia sono dovuti molto spesso a comportamenti dolosi. Come dimostrano gli inneschi trovati nelle aree distrutte dal fuoco negli ultimi giorni sia in Sardegna sia in Sicilia.
Un documento di nove secoli fa: «Incendi: un flagello che supera ogni altra rapina, chi lo provoca sia dunque scomunicato»

L’incendio è un «flagello devastatore e pernicioso» che «supera ogni altra forma di rapina». Dunque chi lo provoca «sia scomunicato». Lo stabiliva il ‘Canone 18’ del Concilio Lateranense convocato nel 1139 da Papa Innocenzo II. «Riproviamo con tutte le nostre forze – si legge nell’attualissimo documento – e proibiamo con l’autorità di Dio e dei beati apostoli Pietro e Paolo, la pessima malvagità devastatrice e abominevole di appiccare incendi». Un’analisi modernissima. «Quanto sia dannosa, poi, al popolo di Dio, e quanto pregiudizio porti alle anime e ai corpi, nessuno lo ignora. Bisogna quindi opporsi e fare di tutto per sradicare ed estirpare per la salvezza del popolo una tale calamità».
La netta condanna agli incendi

«Perciò chiunque, dopo la promulgazione del nostro divieto, con intenzione malvagia per odio o per vendetta, avrà causato un incendio, o avrà incaricato altri di provocarlo, o avrà prestato consapevolmente consiglio o aiuto agli incendiari sia scomunicato. Se poi l’incendiario troverà la morte, sia privato della cristiana sepoltura. Né venga assolto, se prima non avrà risarcito, secondo le sue possibilità, il danno arrecato e non avrà giurato di non causare più alcun incendio». Condanna non definitiva. Anche per l’incendiario era previsto il perdono ma a precise condizioni. «Per penitenza gli si imporrà di stare a Gerusalemme o in Spagna a servizio di Dio per un anno intero».
Non manca un avvertimento a chi dovrebbe controllare

«Se poi un arcivescovo o un vescovo avesse mitigato il rigore di questo canone, dovrà riparare il danno, e per un anno dovrà astenersi dall’esercitare il ministero episcopale».
Parole sante!