Per le nostre interviste impossibili non potevamo non andare a trovare, in vista della finale di domenica contro l’Inghilterra, Enzo Bearzot. Il vecio, come l’aveva soprannominato il suo amico Arpino, ci aspetta. Si vede che ha voglia di parlare di calcio e di nazionale. Molte cose, poi, di questo Europeo l’hanno fatto rievocare il suo rapporto con Mancini, la giacca millerighe bianca e blu scelta da Giorgio Armani per rievocare quella usata dallo stesso Bearzot al mundial di Spagna-’82. Partiamo proprio da quella giacchetta.
Signor Bearzot, ha visto? Armani ha voluto ricordarla, scegliendo le divise della nazionale. Le ha fatto piacere?

“Certo. E’ un bell’omaggio. Armani, poi, è un campione del made in Italy. Anche se……Quel collo alla coreana non mi piace troppo”
Bearzot, vede analogie tra la sua Italia del mundial e questa?
“Solo una: la compattezza del gruppo. Per il resto ci sono delle differenze enormi. Noi fummo sempre sbranati da buona parte della critica. Sia prima della partenza per l’Argentina ma anche prima di andare in Spagna. La nostra forza, oltre alla qualità del gruppo era l’affiatamento dei ragazzi, come in un gruppo jazz.”
Il jazz, una sua grande passione.
“Sì. Ora ho molto tempo per ascoltarlo anche le nuove tendenze.”
E il calcio che nuove tendenze ha?
“Tantissime. Dopo anni bui, siamo in una fase di grande sperimentazione. In molti hanno capito che il calcio è nulla senza tecnica. Ora, però, la tecnica è unita alla forza fisica e alla velocità. Merito del progresso scientifico, delle nuove metodologie d’allenamento e dell’alimentazione. Penso a cosa sarebbero ora due miei giocatori come Tardelli e Cabrini.”
Cosa sarebbero?
“Erano già degli atleti fuori categoria. Tardelli sarebbe quello che ora viene chiamato il box to box. Cabrini sarebbe perfetto per quel nuovo ruolo, inteso come il quinto di centrocampo.”
Bearzot, vedo che è aggiornatissimo?
“Il calcio è stato la mia vita. La mia passione più grande.”
Che ne pensa di Mancini. Da giocatore ebbe dei problemi con lei?

“Purtroppo, è vero. In una tournée con la nazionale negli Stati Uniti. Mancini era giovane, col tempo ha capito che il gruppo ha delle regole e tutti devono rispettarle. Ora, dopo essere stato un grande campione sul campo, è un grande allenatore.”
Bearzot, cosa farà l’Italia contro l’Inghilterra?

“Tutti i fumatori di pipa come me sanno annusare l’aria, sento che è in arrivo una grande partita. Possiamo vincere.”
L’è piaciuta l’Italia contro la Spagna?
“Certo. E’ stato un esame di maturità. Dopo partite molto offensive, abbiamo, con grande umiltà, capito che bisognava aspettare e difenderci. Bravi, così!”
Bearzot, esiste un suo erede o qualcuno a cui si sente più vicino?
“Il mondo del calcio è molto cambiato. Il calcio mi piace ancora molto ma non mi riconosco quasi più in nulla: valori calpestati, potere esagerato dei procuratori, bandiere ammainate. No, non è più il mio mondo. Però, mi piace molto Claudio Ranieri. Ecco, è quello più simile a me. Guardando all’estero, invece, mi piace molto Luis Enrique.”
I giocatori che l’hanno più impressionata a questi europei?
“Chiesa, mi sarebbe piaciuto allenarlo, Chiellini, uno vecchia scuola, Sterling, fenomenale, Goosens, un esempio di questo calcio moderno, De Bruyne, anche se in quest’Europeo non ha brillato.”
Grazie, signor Bearzot. Un’ultima domanda: quale partita si ricorda di più di quelle vissute sulla panchina azzurra?

“Italia-Brasile 3 a 2 al Mundial di Spagna. Quella partita ha cambiato la mia vita e quella di Paolo Rossi. Ora, purtroppo, è venuto a trovarmi troppo presto. Parliamo tanto di quella partita, è stata la “nostra” partita e quella di un Paese intero.”