L’omotransfobia esiste, imperversa, ferisce, uccide. Rimarcarlo in queste settimane sortisce reazioni preoccupanti, messe in relazione con le stesse di pochi anni fa, quando iniziai a occuparmi della tematica sul fronte dell’attivismo sociopolitico. Il clima si è decisamente appesantito, complici il disegno di legge Zan che approda al Senato (dopo l’approvazione a larga maggioranza alla Camera) e il “Pride month”, unitamente alle piazze che tornano a riempirsi e alla diffusione su sempre più larga scala dei simboli e degli slogan di rivendicazione dei diritti LGBT. Un problema che non si risolve ignorandolo.
Ddl Zan, un problema?
L’esempio di Roma, ultimo in termini cronologici, è sufficiente per comprenderne i contorni. Al di là degli episodi di violenza che sono tristemente in aumento. Sulla falsissima riga della stazione Porta Venezia di Milano, Roma ha annunciato di aver ricoperto di elementi decorativi “arcobaleno” la fermata Colosseo della Metro B in occasione del Pride capitolino e, implicitamente, a sostegno della legge contro omotransfobia, misoginia e abilismo.
Il primo atto di vandalismo volto alla censura dell’iniziativa si è verificato dopo appena 24 ore, con un enorme squarcio sull’ornamento arcobaleno visibile su una delle banchine della fermata, in prossimità delle videocamere, anch’esse puramente ornamentali a giudicare dalle contromisure intraprese.
Stesso ignobile destino hanno avuto molte “panchine arcobaleno” (fortunatamente una minoranza rispetto al numero complessivo) sparse sul territorio nazionale e oggetto di comportamenti similari.
Nonostante ciò, dati di rilevazione statistica alla mano, la popolazione italiana è nettamente favorevole (60-70%) all’approvazione del testo di legge e desiderosa di allinearsi al resto d’Europa con maggiori tutele circa discriminazioni e crimini d’odio.
Dunque, concretamente, chi vuole affossare il ddl Zan?
In primis chi dovrebbe tutelarci e spesso minimizza. La classe politica sta, come ampiamente prevedibile, esibendo il peggio di sé stessa. Frasi ingiuriose, diffamazioni gratuite, disinformazione mirata e puntuale.
Perché il Ddl Zan per molti è un problema

Ma a preoccupare di più sono le minimizzazioni dei numerosi episodi di odio omotransfobico, misogino o abilista che si verificano ogni anno sul territorio nazionale. Per lo meno quelli denunciati e rilanciati dagli organi di stampa. Minimizzazioni che arrivano sia sul fronte politico, sia talvolta su chi ha una responsabilità ancora maggiore circa la tutela della nostra incolumità.
Il razzismo
Voglio parlarvi del caso di Alessio Moranda, 34 anni, residente a Monza, che poco più di un mese fa, assieme al suo compagno convivente, è stato vittima di una pesante aggressione verbale e fisica da parte di un vicino di casa. Ma ciò che ha lasciato sconvolti tutti è stato l’atteggiamento delle forze dell’ordine intervenute sul posto.

Le dichiarazioni di Alessio: “… Mi sono dovuto “subire” una ramanzina da parte loro e sentirmi praticamente dire che litigo ai giardinetti come i ragazzini. Purtroppo il soggetto abita sul mio stesso pianerottolo e la paura c’è. Il mio compagno è più “tranquillo” o comunque cerca di farmi vedere che è sereno per non alimentare le mie preoccupazioni. Anche i miei vicini di casa sono in allerta e non passa giorno che non riceva chiamate o messaggi di supporto e di richiesta “se va tutto bene/se ho fatto brutti incontri”
Un problema per il Vaticano

In secundis il Vaticano. Con l’enorme, imbarazzante e assai contraddittorio plauso dei sovranisti italiani, il Vaticano ha deciso di fare “coming out” in termini di ingerenza politica, chiedendo di modificare il disegno di legge che in qualche modo contrasterebbe con i principi espressi dal Concordato tra Stato italiano e Santa Sede. Eppure nel 2013 Papa Francesco aveva detto: “Chi sono io per giudicare un gay?”. La speranza è che tutto questo non sia stata solo una riuscita operazione di marketing per opporsi prima alla legge sulle unioni civili e poi a questa.
Ma, in questo caso, quale articolo del disegno di legge, liberamente reperibile e consultabile online, colliderebbe con il testo del Concordato?
Omotransfobia, misoginia e abilismo non risultano tra i principi non negoziabili previsti dai patti tra Stato e Chiesa. Così come le iniziative di promozione culturale e sociale introdotte dalla legge Zan non inficiano minimamente la missione pastorale offerta dalla Chiesa e garantita in ogni ambito, a partire dalla scuola.
Un problema che non esiste
L’indottrinamento non è previsto, così come non esisterà mai un equivalente LGBT dell’ora di religione, in termini di imposizioni in uno stato “sulla carta” laico. A proposito di libertà. Non verrà impedito a docenti di religione e a insegnanti di Catechismo di continuare a utilizzare testi di riferimento che in alcuni casi presentano contenuti omotransfobici e misogini, in quanto il testo di legge introduce circostanze aggravanti per un insieme di condotte delittuose delimitato e specifico, dal quale l’espressione di opinioni e la propaganda politica sono escluse.
Un plauso a Parolin

Bene ha fatto il giorno dopo il Segretario di Stato Parolin a fugare il sospetto che il Vaticano potesse portare il dibattito dal piano politico a un altro per intromettersi su ciò che sostanzialmente è una riforma del codice di procedura penale dello Stato italiano. Inqualificabile.
Infine, gran parte dei mezzi d’informazione
Il mondo del giornalismo italiano ha dimostrato una scarsità di preparazione e di continenza formale imbarazzanti. A partire da giornalisti di fama nazionale che, in prima serata su Rai Tre, sostengono che la legge “istituisce il reato di omofobia” (assolutamente falso), passando per colleghi che, su TV private, creano canzoncine ad-hoc parlando di “dittatura del politicamente corretto”, fino ad arrivare a cronisti locali che definiscono il ddl Zan “Legge per il settore transgenia, omosessualità, eccetera”.
Un problema creato ad arte

In mezzo a questo oceano di grossolani scivoloni vi è un dibattito vuoto, retorico e controproducente. A parte l’onorevole Zan e i colleghi di partito, gli unici interlocutori chiamati a difesa della legge sono personalità che nulla hanno a che vedere né con l’attivismo LGBT, né con l’attività di giornalismo settoriale. Spesso si tratta di interventi funzionali a dare quella visione generalista che a tutto serve tranne a dare un messaggio di rottura verso i collaudati schemi del conservatorismo italiano. Guardiamoci un attimo attorno: quante testate giornalistiche stanno dando il meritato spazio a questa iniziativa legislativa, dando priorità ai contenuti rispetto alle scaramucce politiche?
