Italia Canta è l’etichetta discografica sostenuta dal Partito Comunista di Torino e con questa etichetta vengono pubblicati i sei dischi di Cantacronache e altre incisioni del gruppo che contengono tutte le nuove composizioni, canti che raccontano ciò che d’importante avviene al mondo, dalla paura dello scoppio della terza guerra mondiale alla lotta per la pace, dal significato della Resistenza allo scontro con il rigurgito fascista protetto dal governo Tambroni del 1960, eletto con i voti del movimento sociale, emanazione dei resti del defunto partito fascista.
Il Cantacronache e l’attualità

Furono scritte e cantate anche storie più quotidiane come quelle relative alle sofisticazioni alimentari o microstorie di personaggi come Il povero Elia, campione di nullatenente, o La donna nubile, o Il soldato Adeodato, esemplari di un’umanità varia e segnata dalla subalternità a modelli e condizioni di vita imposti dalla società capitalista impegnata in uno dei momenti chiave dello scontro sociale. Non mancano poi canzoni segnatamente ideologiche, soprattutto ad opera di Fausto Amodei, che dopo aver composto uno degli inni più famosi del secondo dopoguerra, “Per i morti di Reggio Emilia”, con “Il Tarlo”, una metafora che illustra mirabilmente la teoria del plus-valore, inizia una lunga serie di canzoni che lui stesso definirà “didascaliche”.

Amodei
D’altra parte scriveva lo stesso Amodei a Michele L. Straniero nel 1965 essere sua convinzione “che non sia l’urlo espressionista (o folklorico) a spostare di un ette il significato culturale o politico del cantare, ma che possa essere sempre e solo, o almeno soprattutto, il soccorso di un ragionamento lucido, di una razionalità diciamo ‘scientifica’, cioè di un linguaggio articolato sulle sue strutture più evolute (W. Gadda e Thomas Mann) .(…) Sono sempre convinto che è la rivoluzione dei contenuti, cioè dell’oggetto di cui si parla, che può essere una proposta progressiva”.
La tiratura dei Cantacronache

La tiratura di ciascun disco è molto bassa, qualche centinaio di copie distribuite durante le serate o nelle feste dell’Unità, oppure tramite circoli culturali o di partito o qualche libreria “di sinistra”. La veste grafica dei dischi è estremamente semplice e nello stesso tempo nuova. Le copertine realizzate con xilografie o stampe in bianco e nero su fondi colorati dai grafici Lucio Cabutti e Lionello Gennero hanno un’impronta visiva inequivocabile, decisamente lontana dal gusto espresso dai prodotti dell’industria discografica dell’epoca, austera e riconoscibile, così come tali erano i contenuti e le forme testuali e musicali delle canzoni proposte. Benché, come ha detto Straniero nello scritto sopra riportato, all’inizio i componenti di Cantacronache ignorassero l’esistenza di un repertorio di protesta popolare italiano, ben presto la loro attenzione fu attirata dalla ricerca sul campo.

L’evoluzione
Raccontano Straniero e De Luigi:“ Non appena furono proposte queste prime canzoni ( più o meno riuscite, comunque molto sincere e molto programmatiche), dal pubblico ci venne subito un ‘feed-back’ che ci apriva un campo nuovo, il campo vero sul quale poi si sarebbe cominciato a lavorare; molte persone anziane (soprattutto operai) che ascoltavano questi canti politici, dopo lo spettacolo venivano da noi, si complimentavano, discutevano e al tempo stesso si ricordavano dell’esistenza – magari cantandocene frammenti – di canti sociali e politici anteriori al fascismo come i canti degli anarchici, dei socialisti e quelli delle mondine.”
Le canzoni di protesta

Iniziò così un lavoro che non ebbe il carattere dell’organicità della ricerca sistematica e filologica, ma che ebbe l’indubbio merito di giungere alla prima pubblicazione, con registrazioni originali o con nuove esecuzioni, di alcune tra le più belle e poi diffuse canzoni di protesta, raccogliendole nei tre volumi “Canti di Protesta del Popolo Italiano” pubblicati tra il 1961 e il 1962 a cura di Emilio Jona e Sergio Liberovici.
L’interesse eminentemente politico di Cantacronache per la ricerca si rivolse anche verso repertori di altri paesi, portando così alla pubblicazione di dischi di estremo interesse quali: “Canti della Rivoluzione Cubana”, “Canti del Congo indipendente” “Canti della Resistenza Spagnola” in due volumi di cui abbiamo fatto cenno nell’articolo precedente, e infine, verso la fine dell’esperienza nel 1962, “Canti popolari” dell’Angola”.
Significato dell’esperienza di Cantacronache
Un anno dopo l’importante spedizione spagnola, nel 1962, Cantacronache chiude la pubblicazione dei dischi e il gruppo si scioglie.
Il movimento in quanto tale si esaurì e si sciolse, anche perché non si trattava di un’organizzazione o di un club, ma semplicemente di un gruppo di amici che – dopo un certo lavoro in comune – continuarono ad occuparsi, secondo le attitudini personali di ciascuno, di argomenti più o meno attinenti allo spettacolo o alla organizzazione della cultura.

Quella straordinaria esperienza, quello scossone, quella denuncia clamorosa nelle forme, ma in sordina nei risultati (perché i mezzi di comunicazione di massa non avevano alcun interesse a darle eco) ha operato lentamente nelle coscienze. Lo dimostra il fatto che le canzoni di Cantacronache furono cantate a lungo da intere generazioni ed ancor oggi affiorano in gruppi di giovani e meno giovani che vogliono dare una colonna sonora alla nostra storia più recente.
Mi piace concludere questo scritto con una attestazione di grande amicizia e affetto per uno dei maestri di Cantacronache che ancora è presente con la sua acutezza e bravura. Mi riferisco a Fausto Amodei e ad un nostro incontro, se non ricordo male l’ultimo pubblico, di cui è rimasta traccia nell’etere. Eccolo.