Sarebbe stata la Vogalonga numero 47, invece sarà il secondo anno senza questa kermesse diventata manifestazione internazionale nei calendari della nautica e che dura dal 1975. Il prossimo 23 maggio, però, in Bacino di San Marco si presenteranno spontaneamente le barche tradizionali di voga alla veneta, i cosiddetti irriducibili. Saranno banditi kayak, canoe e barche con voga “all’inglese”. Ci sarà perfino chi percorrerà l’intero percorso di 32 chilometri per la 47esima volta di fila, nel 1975 chi era giovane ormai é anzianotto.
Sono in tutto 15 i “cavalieri della voga”. La prima volta fu dunque l’8 maggio, giorno della Sensa e si presentarono meno di 500 barche, per lo più tirate fuori dalla naftalina e circa 1500 vogatori. Il successo fu tale che qualche decennio dopo le barche erano oltre 1600 con 6000 iscritti, la maggioranza non veneziani. Un successo planetario. C’era anche chi tra i partecipanti si alzava di notte per iscriversi alla Vogalonga con il pettorale n.1.
L’origine prima del 1975
Fu l’anno prima, nel 1974 che un gruppo di amici riuniti a Burano, nel cantiere Agostino Amadi per la regatina sociale ovvero “garanghelo” di San Martino, che pensarono seriamente alla manifestazione. Il termine ecologia era nato da poco e i canali della laguna si stavano riempendo di barche di plastica e a motore, ovvero moto ondoso. Toni Rosa Salva,famoso pasticciere e giudice delle regate comunali, riunì attorno suo figlio Lalo, i cugini Pino e Paolo, l’allora direttore del Gazzettino Lauro Bergamo, il giornalista Delfo Utimpergher, grande appassionato di voga, l’ammiraglio Carlo Gottardi e una donna, Lilly Sirolla, mitica segretaria del Gazzettino. Addirittura il Corriere della Sera, con la prestigiosa firma di Sandro Meccoli, li definì “uno sparuto gruppo di veneziani, stanchi di ciacolar…”.
1975 e Rosa Salva
Il suggeritore era stato l’allora ventenne Paolo Rosa Salva, fresco di studi ambientali e servizio militare obbligatorio in Alto Adige con la Polizia di Stato. Fu lì che assistette alla prima Marcialonga. Siccome sono le Dolomiti che creano la laguna e non viceversa, l’idea, come l’acqua che scorre, scende a valle. Toni Rosa Salva, già canottiere alla Bucintoro diventato famoso per una traversata in yole fino a Pola e in Istria (ma parliamo prima della guerra…) coinvolse il giornalista Delfo Utimpergher, in quegli anni agguerrito responsabile della cronaca di Venezia del Gazzettino e fervente vogatore in gondola, nonché primo fustigatore dei costumi locali anti-moto ondoso. La cooptazione, tra le persone di buona volontà, colpì l’immaginario di Lauro Bergamo direttore del principale quotidiano del Veneto, il Gazzettino.
E anche qui bisogna ancora ringraziare la montagna, visto che Gianpietro Talamini, era montanaro di Vodo di Cadore. Consentitemi questa piccola parentesi patriottica. Quando il Gazzettino uscì il 20 marzo 1887 fu il primo a imbonire le “notiziole” di cronaca nera e giudiziaria con racconti leggeri e a puntate di romanzi e novelle. Regate, baruffe tra gondolieri, matrimoni e amori tra patrizi e borghesi, erano poi il buon condimento che fecero del Gazzettino il primo quotidiano popolare italiano ad imitazione della stampa inglese. Costava appena 3 centesimi, circa la metà della paludata Gazzetta di Venezia (fondata nel 1759…altro record Veneto). La quale Gazzetta si interessava per lo più di economia, borsa valori, notiziario del Porto. Mai quindi una regata.
Quel giorno del 1975
Tolta questa doverosa parentesi, il Gazzettino nel 1975 pubblicò nomi e cognomi dei partecipanti alla prima Vogalonga. Una specie di medaglia al valore per la gioia della tiratura del quotidiano. Altra scelta fu quella dell’ammiraglio Carlo Gottardi, conservatore del Museo storico navale. La collaborazione della Marina e della Capitaneria di porto fu fondamentale per la sicurezza. Ora diciamo pure la cruda verità.
Molti veneziani nel 1975 avevano dimenticato di come si vogava, oppure erano semplicemente digiuni da forcole e remi. Negli anni a venire, in una Venezia tanto, ma tanto diversa da oggi, ci fu un sorgere di società remiere e regate sociali, tanto che l’assessorato comunale allo Sport dovette attrezzarsi. Nel 1980 l’allora assessore ventenne Maurizio Cecconi fece ordinare nuove mute di imbarcazioni da regata e pubblicò un libro “Regate e regatanti” che andò subito esaurito. Per pura statistica, le regate comunali e sociali nel 1975 erano 33 in tutto, dieci anni dopo superarono le 200 manifestazioni sportive.
Il successo
Questo incremento fu la gioia di squerarioli e remeri, destinati all’estinzione. Bepi Carli, l’artigiano artista di forcole e remi per gondolieri, dovette assumere giovani apprendisti tra cui Saverio Pastor, oggi affermato artista del legno. Gianfranco Vianello Crea, re del remo, che nella vita aveva fatto il gondoliere e il pescatore, decise di dedicarsi interamente alla costruzione di barche in legno alla Giudecca.
Si riproposero allora barche destinate all’estinzione come la “batela a coa de gambero”, oppure il “mussin”. L’associazione remiera e culturale Settemari nel 1978 organizzò la mostra “Isole abbandonate della laguna”, una ricerca nata dallo spirito nuovo della Vogalonga e l’Arzanà, associazione sorta più tardi nel 1992, promosse il recupero delle barche abbandonate.
Caniato e quello spirito un po’ allentato
Giovanni Caniato, animatore del gruppo, ricorda le ricerche in tutta la laguna per reperire bragozzi, vecchi “topi”, “batele”, barche in legno decrepite che ricordavano la nostra memoria. Si tentò anche di fare un museo-deposito a Forte Marghera. Poi abbandonato. Lo spirito del ‘75 si é un po’ allentato. Sia per questioni anagrafiche, sia per spostamento del baricentro lagunare. Oggi le più importanti società di voga, G.S. Voga Veneta Mestre e Canottieri Mestre rappresentano con la Punta San Giuliano, la principale realtà del territorio. Renato Coller (1927-2008) poeta e pittore veneziano autodidatta, titolò il suo ultimo libro: “Gerimo più noialtri che i masegni”. Triste osservazione sui pochi veneziani che oggi calpestano le pietre di Venezia.