A distanza di due anni dall’uscita del film horror “Il signor diavolo”, il regista bolognese Pupi Avati(quarantuno lungometraggi al suo attivo) è tornato alla commedia con “Lei mi parla ancora” tratto dal libro di Giuseppe “Nino” Sgarbi, padre di Elisabetta e Vittorio, dove si narra la grande storia d’amore vissuta con sua moglie Caterina “Rina” Cavallini. Una storia che pare non finire mai anche dopo la morte di Rina avvenuta con sessantacinque anni di matrimonio e contestualmente c’è il grande amore della figlia che sarà vicino al padre nei momenti di grande dolore. In questo film la “mano” di Avati torna sui migliori livelli riuscendo a toccare le corde vocali dello spettatore documentando i sentimenti più profondi e i passaggi più difficili della vita di un essere umano. Protagonista del film è uno straordinario Renato Pozzetto (Giuseppe Sgarbi), trasformato in attore drammatico con la sapienza di Avati che è maestro in questo tipo di “cambiamenti”.
Gli esordi
Lo ricordiamo con Diego Abatantuono in “Regalo di Natale”, Massimo Boldi in “Festival”, Ezio Greggio in “Il papà di Giovanna” e non ultimo Christian De Sica nel “Figlio più piccolo.” Pozzetto si cala nel ruolo con grande generosità, fin dalle primissime battute che ci regalano un’intensità e una drammaticità uniche in particolare nei momenti di sofferenza quando Pozzetto assiste la moglie una bravissima Stefania Sandrelli.
Una storia che va oltre la tradizione
La storia però va al di là della narrazione di questo grande amore e si sofferma in maniera esemplare anche sul rapporto che verrà a instaurarsi tra lo stesso protagonista ed un ghostwriter “assoldato” dalla figlia Elisabetta nel film Chiara Caselli per far raccontare la sua storia d’amore in modo da poterla vivere ancora. Inizialmente non ci sarà feeling tra lo scrittore (interpretato da Fabrizio Gifuni) e Giuseppe Sgarbi i quali saranno in contrasto su tanti aspetti, ma alla fine si troveranno sulla stessa lunghezza d’onda. Anche sotto l’aspetto recitativo i due personaggi sembrano porsi all’antitesi. Gifuni mette sul piatto una professionalità mai vista prima di taglio molto accademico, Pozzetto per contro appare molto distaccato dal ruolo quasi volutamente perso nel vuoto e si denota la sua provenienza dal teatro surreale.
Avati e Pozzetto
Il racconto scorre molto bene andando avanti e indietro nel tempo dove vediamo anche i protagonisti marito e moglie in versione giovanile interpretati da Lino Musella e Isabella Ragonese e ci sarà spazio anche per la figura di Vittorio Sgarbi interpretato da Matteo Carlomagno. E’ un film che forse racchiude un po’ tutti i precedenti lavori di Avati dove si parla di vita vissuta e non a caso il momento migliore della storia sta proprio nel momento in cui la figlia Elisabetta si rende conto che suo padre si chiudeva in camera da solo e continuava a parlare con sua moglie come se fosse ancora presente, ancora viva.
Pozzetto e una riflessione finale
E diventa perfetta la riflessione finale presa dal grande Cesare Pavese che recita ”L’uomo mortale non ha che questo d’immortale. Il ricordo che porta è il ricordo che lascia”. Andate a vedere questo film, forse non è il migliore di Pupi Avati, ma merita la nostra approvazione per il modo molto toccante come è stato “disegnato”. Da sottofondo musicale la splendida “Mr.Lonely” di Bobby Winton.
La scheda del film
Interpreti e personaggi: Renato Pozzetto (Giuseppe “Nino” Sgarbi”), Stefania Sandrelli (Caterina “Rina” Cavallini), Lino Musella (Nino da giovane), Isabella Ragonese (Rina da giovane), Chiara Caselli (Elisabetta Sgarbi), Matteo Carlomagno (Vittorio Sgarbi), Fabrizio Gifuni (Amicangelo lo scrittore), Nicola Nocella (Giulio), Serena Grandi (Clementina), Alessandro Haber (Bruno), Gioele Dix (agente letterario). Regia: Pupi Avati. Sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati. Durata: 100 minuti
In programmazione all’IMG Candiani di Mestre da giovedì 6 maggio