Il mio primo impatto con i fumetti è avvenuto abbastanza presto; avrò avuto 4 o 5 anni e ho un vago ricordo di un fumetto fantastico che ammiravo per terra, forse era inglese, e di più non ricordo. Attorno ai 6 o 7 anni fu la volta del primo Zagor. Era l’albo “Servizio segreto” ed aveva una di quelle copertine del grande Ferri che non ti dimentichi. Zagor che rifila un cazzotto ad una giubba rossa, due figure perfette e coloratissime che spiccano sul fondo bianco.

I fumetti stranieri e poi italiani
Fu poi la volta di Asterix e di qualche fumetto dell’editore Corno, ma la mia carriera di lettore seriale di fumetti sarebbe iniziata solo all’età di 9 anni con i vari Zagor, Tex, Comandante Mark, Akim e qualche Topolino.
I mitici anni ‘70
Era la fine degli anni ’70, i tempi migliori che un ragazzino possa immaginare. Un sacco di tempo libero da poter impiegare a proprio piacimento tra letture, disegni, avventure in case abbandonate, case di legno costruite sugli alberi, scambi di fumetti e figurine, partite di calcio improvvisate che duravano finché non faceva così buio da non riuscire a vedere la palla.
Disegni e fumetti
E disegni, appunto. Tante ore trascorse a ritrarre quanto si poteva copiare o immaginare, maneggiando matite e colori su fogli Pigna e Palladio, senza neppure provare ad immaginare di essere capace, un giorno, di fare quel mestiere.
La riscoperta

Seguirono alcuni anni di distacco e poi il ritorno di fiamma nella seconda metà degli ‘80 con l’antieroe Dylan Dog e soprattutto con la scoperta del fumetto d’autore. Un autentico shock culturale che mi catapultò in una dimensione totalmente nuova in cui tutti gli schemi grafici e contenutistici a cui ero abituato venivano scardinati da autori innovativi come Pratt, Manara, Toppi, Battaglia, Giardino, Moebius, Scarpa, Miller e Moore. Oltre a tanti altri che scoprivo mensilmente sulle pagine delle riviste Comic Art, Corto Maltese e L’Eternauta che hanno caratterizzato, forse, il periodo più florido del fumetto autoriale italiano.
I fumetti. Da passione a sogno
In quel periodo iniziai a frequentare le Fiere del fumetto e diventai redattore di una fanzine milanese, Comix, per la quale realizzavo interviste a disegnatori come Crepax, Pratt, Giardino, Breccia e Manara. Era una occasione imperdibile per conoscere più a fondo i miei idoli e infilarmi nei loro studi per avere, lo confesso, qualche disegno in regalo. Erano i miei primi passi nel mondo del collezionismo, una passione che mi avrebbe portato a collezionare centinaia di “tavole originali”.

Jean Giraud, o Moebius, lo conobbi a Venezia nel ’98 grazie alla mediazione di Franco Mescola. Trascorremmo un pomeriggio nella sua casa e in giro per le calli veneziane e negli anni successivi andai a fargli visita a Parigi, in rue Perrier, e un paio di anni dopo nel suo nuovo atélier in rue Falguiere dove era impegnato nella inchiostrazione di una tavola di Blueberry.
“All’inizio questa mia esigenza di conoscere i grandi autori era incontenibile, febbrile, così divenni una specie di spina nel fianco per molti di loro che, devo ammetterlo, sopportavano stoicamente le telefonate spesso banali di un invadente adolescente innamorato del fumetto”.
Hugo Pratt
Chi più di ogni altro attinse ad ogni riserva di pazienza fu Hugo Pratt che iniziai a “perseguitare” dall’età di 17 anni. Lui era il più grande di tutti e trovare il suo segretissimo numero privato di Losanna fu una piccola impresa. In quegli anni lo composi tante volte che, pur essendo uno smemorato, lo ricordo ancora adesso: era lo 0041217993260.
Il mio ricordo
Pur parlandogli e incontrandolo spesso non gli parlai del mio interesse per il disegno e attesi il 1993 per sottoporgli alcune mie strisce fatte sulla base di una sceneggiatura di Franco Mescola. Pratt apprezzò i miei disegni e mi promise di presentarmi a mezzo mondo editoriale dell’epoca a cominciare dalla rivista Il Grifo, cosa che fece, ma la mia proposta di un fumetto ambientato durante la guerra civile non fu accettata.
Un consiglio non ascoltato per i miei disegni
Pratt mi consigliò di proporre un soggetto più moderno e ricordo ancora l’idea che mi suggerì animatamente lasciandosi andare ad esclamazioni e parolacce in portoghese. Quell’idea non la sfruttai mai e tempo dopo lui si ammalò: avevo aspettato troppo. Nell’ultima telefonata mi disse che non avrebbe più potuto aiutarmi, che non c’era più tempo, e mi consigliò di lasciare l’Italia e di “imbarcarmi” perché, disse, in questo Paese non c’era futuro. E forse quando usava queste parole ripensò a sé stesso e a quando da ragazzo partì per l’Argentina.
I fumetti diventano realtà
Alcuni anni prima gli avevo sottoposto un mio progetto, una storia a fumetti che il mio amico Aldo Capitanio avrebbe dovuto disegnare. Ci incontrammo a Venezia e parlammo di tutto ad eccezione di quel fumetto, ma alla fine mi disse di andare alla redazione di Corto Maltese e di proporlo a Fulvia Serra e mi assicurò che l’avrebbero accettato.

Dalla tentazione di mollare ai fumetti come professione
Aldo disegnò la tavola-prova all’ultimo minuto e me la consegnò col treno che stava per partire per Milano. La storia fu accettata ma purtroppo il mio amico non la disegnò mai: lui era fatto così. Fu Aldo a spingermi verso la strada del fumetto in un periodo in cui non ci pensavo quasi più. Per diversi anni disegnai i miei fumetti per il Messaggero dei Ragazzi coinvolgendo in alcuni casi anche Roberto Bonadimani e lo stesso Capitanio col quale collaborai alla “Storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi” e ad altri progetti editoriali. Tralasciando altre collaborazioni non meno importanti. Ricordo che nel 2003 disegnai un fumetto per “Il Giornale di Vicenza” e che non appena lo completai decisi di smettere di disegnare nonostante avessi con il quotidiano una rapporto molto vantaggioso per future produzioni.
10 anni di lontananza dai fumetti
La mia insofferenza durò 10 anni fino a quando nel 2013 decisi di riprendere in mano la matita per realizzare “La guera granda”, un fumetto che mi servì come biglietto da visita per l’editore Bonelli per il quale disegnai due racconti brevi di Zagor e uno per una miniserie di Cico.
I fumetti e la mia etichetta
Per i disegni di Danilo Antoniucci ho scritto Bang Balls, una serie di racconti a fumetti conclusivi il secondo dei quali è attualmente in corso di realizzazione.

Nell’estate del 2020 ho ultimato un fumetto dedicato ad Hemingway distribuito in tre lingue da Amazon e attualmente mi sto dedicando alla pubblicazione del nuovo libro a fumetti del veronese Roberto Bonadimani, un autore di fantascienza del quale a partire dal 2016 ho già pubblicato tre fumetti: “VerdeCaos”, “Il Destino dei Semidei” e “La Porta del sole” con la mia etichetta indipendente Self Press.
Non più lettore ma creatore di sogni
In questi giorni sto realizzando illustrazioni destinate alla vendita e sto disignando un breve fumetto dedicato al centenario di Alfonso Santagiuliana, un giocatore del Vicenza e del Grande Torino. Sto anche raccogliendo gli schizzi degli ultimi 4 anni che ho intenzione di pubblicare in uno Sketchbook.
La mia attività di lettore si è molto affievolita, ma non si è affatto spenta; oggi i miei autori preferiti sono Jacques Tardi e Thomas Ott, ma non manca l’onnipresente Pratt e qualche sbirciatina nei classici popolari come Ken Parker le cui avventure furono disegnate da un caro amico, Giorgio Trevisan, e Ivo Milazzo che considero tra i più grandi in assoluto.

Che bel sito! Adoro leggere storie di persone che coltivano la loro passione per i fumetti sin da bambini. È così ispirante vedere come tu abbia trasformato il tuo amore per i fumetti in un talento per il disegno. I tuoi disegni sono veramente sorprendenti e riflettono la tua dedizione e creatività. Continua a condividere il tuo lavoro, sono sicura che ispirerai molti altri giovani artisti. Becky Gomez