In piena pandemia da virus coronato, il giorno 5 marzo 2020 il nostro governo ha decretato la chiusura di tutte le scuole di ogni ordine e grado, misura già assunta da altri governi europei. All’inizio furono sospensioni a tempo, ma fu presto chiaro che non c’erano le condizioni per continuare le attività in aula. Il banco rimane sempre però al centro di tutto. Non è che è la scuola a dover mettere le rotelle?
Un banco tra rotelle e passato

Furono sostituite, là dove le strutture tecnologiche lo permettevano, da improvvisate attività didattiche a distanza guidate dagli stessi insegnanti di classe. Sono certo che la stragrande maggioranza dei docenti si saranno applicati a dette attività con il massimo impegno. Ma mi sorge il dubbio che il risultato a distanza si sia mantenuto… distante da quello che ciascuno di loro riusciva a ottenere con le cosiddette lezioni in presenza. Lo hanno testimoniato parte di tutti i soggetti coinvolti in questo ciclopico e benemerito sforzo educativo: insegnanti, alunni o studenti e genitori.
Un banco senza rotelle: l’importanza del faccia a faccia
La nostra scuola (in larga parte delle realtà) racchiude ancora nella “lezione frontale” e nell’interrogazione buona parte del suo potenziale didattico e tale parte aumenta con l’aumentare dell’ordine e grado delle scuole stesse. Una trasposizione automatica di queste modalità in un contesto a distanza non può che incontrare difficoltà di tipo comunicativo, oltre ad operare una severa selezione che qualche tempo fa avremmo definito “di classe”, poiché discrimina le zone tecnologicamente meno attrezzate e le famiglie meno abbienti (leggi assenza della banda larga e di strumenti informatici adeguati).
Il cambiamento
Il mondo coinvolto nella scuola ha salutato con sollievo l’arrivo delle vacanze ufficiali interrogandosi su come sarebbe stata la ripartenza settembrina. I vari comitati scientifici e gli esperti televisivi hanno declinato nei più sottili aspetti le necessità della “nuova scuola” in tempo di pandemia, discernendo e chiarendo come si doveva andare a scuola, chi doveva misurare la temperatura degli scolari (o studenti), orari di entrata e uscita, mascherina se, dove, quando, come, distanze di sicurezza, numero di studenti per aula. Qualcuno ha tirato un sospiro di sollievo: ”Ci voleva il virus per non avere più classi da trenta e oltre allievi!!”.
Tra docenti, precari e mancata modernizzazione
Insomma si è parlato, definito e deciso quasi tutto, fuorché come queste nuove condizioni logistiche e relazionali potranno incidere sulla modernizzazione metodologica e formativa della scuola, facendo diventare le difficoltà vere opportunità di crescita della pratica didattica, partendo dalla formazione degli insegnanti, dopo che saranno definitivamente occupate da docenti di ruolo le decine di migliaia di posti vacanti o precariamente coperti in tutti gli ordini di scuola.
Il ministro e il banco con le rotelle

Catapultata due anni fa dall’Istituto Superiore “Quintino Sella” di Biella al parlamento e successivamente al ruolo di Sottosegretaria e quindi di Ministra del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) Lucia Azzolina ha preso di petto tutto il problema partendo dall’aspetto più serio e urgente. Le gomme da masticare lasciate dai nonni sotto il banco dei nipotini. Per raggiungere questo meritorio obiettivo l’Azzolina è disposta a spendere 3 miliardi dei nostri euro in banchi mono-uso, cioè un banco per bambino.
Il mio ricordo
Tanti anni fa, quando eravamo appena usciti da una guerra tremenda e il nostro paese tentava di tornare a vivere, frequentavo la prima elementare della scuola Duca d’Aosta nell’isola della Giudecca a Venezia. Vivendo in località Campo Marte, quartiere denso di abitanti collocato dall’altra parte dell’isola rispetto alla scuola, ogni mattina dovevamo percorrere una lunga fondamenta esposta a nord, e quindi soggetta ai venti freddi che si usavano a quel tempo.
Dopo le vacanze di Natale, all’inizio del 1949, fu presa la decisione di sdoppiare la nostra classe prima maschile aprendo una nuova scuola elementare proprio nel mio quartiere, in una bellissima villa costruita negli anni venti dai signori francesi Hèriot proprio in faccia alla laguna sud. Nel 1947 il signor Hèriot morì e la moglie cedette tutta la proprietà al Comune, vincolandola all’uso scolastico.

Le costruzioni in realtà erano due, magnifiche, da lasciarci tutti a bocca aperta quando nel febbraio di quel ’49 entrammo per la prima volta in quel giardino immenso e misterioso. Il salone d’entrata di quella che occupammo noi con la scuola elementare era tutto marmo con scudi e armi esotiche appese alle pareti. Nella nostra aula, a piano terra a destra, c’era perfino il camino, spento però. In classe eravamo una ventina, ciascuno con il proprio banchetto singolo, con sedia singola e calamaio per l’inchiostro infilato in un angolo.
Una meraviglia per noi che arrivavamo da una classe di oltre quaranta scolari con i banchi di legno con sedia incorporata e piano inclinato dove mi scivolavano sempre tutti i colori. Tutta un’altra vita e la maestra, la signora Battistella, che sembrava una nonna tanto era dolce, paziente e bianca in testa, ci aspettava sorridente.
Il banco ma senza rotelle
Non so se i banchetti singoli arrivarono in Italia con il piano Marshall, ma sta di fatto che esistevano già e probabilmente si cominciò a utilizzarli nelle nuove scuole. Qualche volta erano in coppia, ma spesso si trovavano singoli, specie arrivando alla scuola media. Però la nostra Ministra ha in antipatia le gomme appiccicate sotto i banchi da quelli della mia età, che adesso generalmente sono nonni.

Ma cosa le abbiamo fatto noi? Non c’era ancora il virus! E poi mica tutti attaccavano le gomme sotto i banchi. Bisognava comprarle le “gommeamericane” e costavano soldi. Con un po’ di lavoro di sanificazione, che adesso conosciamo tutti, e qualche lustratina si possono recuperare migliaia di banchi singoli.
Ma… e c’è un ma
La metà dei nuovi banchi monoposto saranno di plastica (spero biodegradabile!) con sedia e tavolino tutto un blocco e con sotto 5 rotelle che permetteranno di spostarsi liberamente. A questo punto faccio fatica a seguire l’azzoliniano pensiero (??). A scuola gli studenti non devono stare rigorosamente distanziati? E gli metti le rotelle sotto i piedi!!
Banco a rotelle: invito o tortura?
O è un invito, o è una tortura psicologica! “Ti metto le rotelle, ma guai a te se le fai girare”. Una diabolica decisione che ai nostri conti pubblici potrebbe costare molto, anzi decisamente troppo. L’Azzoliniano pensiero però non si arrende alle critiche conservatrici come le nostre e proclama:
- la necessità che la scuola si modernizzi divenendo più dinamica, e tale dinamismo sarebbe favorito proprio dai banchi a rotelle
- i banchi a rotelle servono per facilitare la didattica di gruppo.
La realtà
Quanto di nuovo e di “dinamico” è stato fatto nella scuola pubblica fino ad oggi, e molto è stato fatto e si fa, anche se molto resta da fare, lo si è ottenuto in tutte le situazioni, con tutti i banchi, con tutte le strutture scolastiche, anche le più malandate. L’unica condizione è data dalle seguenti disponibilità: idee abbastanza chiare, voglia di provarci, capacità di confrontarsi e mettersi in discussione.
Didattica con il banco a rotelle?

Per quanto riguarda il secondo punto, una domanda: la didattica di gruppo si intende farla con i banchi ravvicinati o con i ragazzi distanti un metro e mezzo l’uno dall’altro? In ogni caso le rotelle non sarebbero indispensabili. Anche perché quei banchetti da mensa fast food o da convegno in un albergo appena fuori dell’autostrada non ci sembrano il massimo per favorire lo scambio di informazioni, conoscenze, esperienze e sorrisi che ci sembrano rappresentare al meglio il clima che ci piacerebbe cogliere nelle nostre classi di ogni ordine e grado.
Le rotelle, meglio ancora le ruotone se le deve mettere la scuola e la sua classe dirigente, (su, su fino a ministero) per adeguarsi al più presto a questo mondo che rapidamente, ed ora anche tragicamente sta cambiando.