Scene di ordinaria follia. Il brutto è che ci siamo abituati e sembra tutto normale. Siamo in piena era di dipendenza smartphone. Urgono riflessioni. Il filosofo Andrea Cerasi, laureato a Ca’ Foscari, nella sua recente pubblicazione “Dell’amico”, non esita a parlare di isolamento solipsistico. Distaccarsi dalla socialità per colpa della sudditanza tecnologica. Lo psichiatra Paolo Crepet vorrebbe addirittura vietare per legge il possesso del cellulare ai minori di 12 anni. Con l’uso scriteriato dei social è aumentata di molto la violenza minorile.
Dipendenza da cellulare
Scene buffe, ormai normali, come vedere le persone sole in strada che parlano a voce alta, con le cuffie del cellulare, ed esternare fatti privati, qualche volta anche intimi. Una volta quando uno parlava per strada a voce alta era da ricovero coatto.
Siamo in piena epoca di smartphone-dipendenza e sarà sempre più difficile staccarsene. Me ne sono accorto giorni fa quando in una riva al ponte dell’Anconeta a Cannaregio, Venezia, ho sentito un urlo straziante. Era una turista che scivolata in canale per colpa delle alghe verdi, era rimasta a gambe aperte, semi sommersa, incastrata nella bricola messa per fortuna dai gondolieri. Oddio aiuto! Eccoci signora, non perda la calma, la salviamo subito. No! Per favore recuperate prima il mio cellulare che sta in bilico sui gradini della riva. Ok, telefono salvo, ma lei come sta? (era tutta fradicia…). Io bene non sono ferita, a parte qualche escoriazione, ma ho temuto tanto di perdere il mio telefonino….
Scene di ordinaria follia
Siamo messi proprio bene. Pochi metri più in là ecco una coppia di turisti con una carrozzina. E il neonato al seguito. Noto uno strano aggeggio. È un’asta circolare di metallo, posta giusto di fronte al neonato, con nicchia per contenere il cellulare. Appena il neonato piange ecco avviare il telefonino-baby sitter con musiche e cartoni animati. Giuro. Volevo chiamare i vigili urbani! In Australia hanno appena proibito i social su telefonini e iPad per i minori di 16 anni…
Alcuni genitori, mi riferiscono, che oggigiorno la pena più grave che si possa infliggere ai ragazzi è il sequestro del telefonino, anche per un giorno. Una ragazzina mi dice molto ispirata: ma voi, ai vostri tempi, come facevate a vivere senza il cellulare? Valle a spiegare che forse stavamo meglio…
Altra scena di pazzia urbana e non ditemi che sono noioso. Una signora seduta nello scompartimento di un treno locale, parla ad alta voce perché chiamata al telefono. “Come stai?”, grida”. Io bene, grazie e tu? Risponde una anziana seduta giusto di fronte a lei. Benino grazie. “E i tuoi figli?”, anche loro bene, tutti impegnati al lavoro. “Quando venite a Treviso?”. A Treviso? Ma abitiamo a Mestre. “No, scusi signora, sto parlando al cellulare con mia madre e non con lei…”. Ah, mi perdoni tanto, pensavo stesse parlando con me…
Persino in gondola
Stessa scenetta in un canale veneziano, un giovane gondoliere mentre voga, parla a voce alta. È incollato al telefonino e sta ridendo di gusto. I quattro turisti stranieri pensano stia parlando della città e delle sue meraviglie e reagiscono divertiti. Il gondoliere, mano sinistra con il remo, mano destra con il cellulare continua a parlare indifferente. Un dialogo surreale. Passa un’altra gondola con sei turisti cinesi a bordo. Sono tutti concentrati a guardare i loro cellulari. Del panorama e dei palazzi antichi sembra non gliene frega proprio niente. Magari hanno fatto migliaia di chilometri per raggiungere Venezia. Ad un certo punto il gondoliere, deluso, si arrabbia, e sbotta: “Ooh cancari, ma non potevi star a casa vostra con i Samsung!”. I passeggeri cinesi sorridono divertiti, ma forse avevano capito la lezione e rimettono in tasca i cellulari.
Mi racconta ora un prof delle scuole superiori. In classe sono proibiti i cellulari. Cosa fanno i ragazzi? Arrivano a scuola con due, anche tre telefonini. E garbatamente ne depositano uno sulla cattedra. Come è previsto dal regolamento scolastico. Cosa è successo un giorno? Compito di italiano, titolo letterario. Due ragazzi scrivono lo stesso tema, con le stesse parole, dall’inizio alla fine. Lo avevano copiato tutti e due su Internet, visto che l’argomento era lo stesso. Arrivano i genitori per protestare e difendere le loro creature smart-dipendenti: mio figlio non copia mai! Forse è stato il suo compagno di banco… Vabbè, tra genitori e allievi non so proprio chi sia il peggiore.
Altra scenetta nell’era cellulare-cella. Due uomini a una decina di metri di distanza camminano parlano con le cuffiette. Dove sei? A Padova (non è vero) e tu? Sto andando a Mestre (forse era vero). Poi continuano la telefonata surreale e si trovano imbarazzati uno adiacente all’altro. Toh, ma non potevi dirmi che eri qui?
Ciao core.
Ora il cellulare lo hanno proprio tutti (anche due a volte)
Altra scenetta cult.
Vedo il solito mendicante seduto su un ponte vicino alla stazione. È impegnato al telefono non con uno, ma con due cellulari. Uno sulla mano sinistra e l’altro sulla destra. Tutti e due appiccicati alle orecchie. Arriva una vecchietta che vuol offrire l’elemosina, ma il mendicate concentrato con la doppia chiamata all’estero non può stendere le mani. La donna, stizzita, rimette in tasca l’obolo.
Succede proprio di tutto ai tempi di Internet, come per esempio guardare il telegiornale, una volta vangelo assoluto su quanto sta succedendo al mondo. “E adesso una notizia dell’ultima ora!”.
Dai, dai, l’abbiamo già letta tre volte sul telefonino. E pensare che le elezioni in Romania sono state condizionate dai russi grazie a Tik Tok, tecnologia cinese. Mentre X è ancora saldamente in mano americana…le fake-news corrono troppo veloci.
Non siamo ancora nell’era dell’intelligenza artificiale, ma ci sarà tanto da divertirsi.
No comment
Mi ricordo negli anni Ottanta, a Napoli, un ragazzo seduto in un bar, che si dava grandi arie con un enorme telefonino Motorola nero (erano i primi, una novità, un vero status-symbol) attaccato all’orecchio. Pochi metri più in là un passante viene investito da un motorino. Gli avventori si rivolgono subito disperati a lui per chiamare il 118. Risposta: Chisto portatile è finto, mi serve solo per darmi importanza….”.
È iniziata l’epoca del virtuale, bellezza.