Nel mondo iperconnesso in cui viviamo, dove le relazioni si intrecciano sempre più su social media, app di incontri e chat digitali, il ghosting si è affermato come una delle pratiche più dolorose e incomprensibili delle dinamiche interpersonali. Ma il ghosting non è soltanto un fenomeno delle relazioni sentimentali, amichevoli e professionali on line, è diffuso anche nei contatti enelle relazioni sociali che esulano dal mondo virtuale. Cosa significa esattamente questo termine, quali sono le persone che lo praticano, chi ne è vittima, e quali sono le conseguenze psicologiche ed emotive di questo comportamento?
Che cos’è il ghosting?
Il termine ghosting deriva dall’inglese “ghost”, ovvero “fantasma”. Si riferisce a quel comportamento in cui una persona o persone interrompono improvvisamente e senza spiegazioni ogni tipo di contatto con un’altra o altre. Si tratta di una scomparsa completa e intenzionale: niente più messaggi, chiamate, né alcun tipo di interazione. È come se la persona, fino a quel momento presente nella vita dell’altro, si dissolvesse nel nulla, lasciando dietro di sé solo un vuoto.Ad un certo punto improvvisamente o lentamente la persona si allontana e lascia un vuoto, senza dare una spiegazione
Il ghosting può manifestarsi in diversi tipi di relazioni:
- Relazioni romantiche: È il contesto più comune, spesso all’interno di storie che si sviluppano rapidamente, soprattutto online, ma non solo.
- Amicizie: Anche in rapporti amicali può verificarsi questa dinamica, con una persona che smette improvvisamente di rispondere o di frequentare l’altra.
- Ambiti professionali: Anche se meno frequente, il ghosting può verificarsi nei contesti lavorativi, come quando un candidato scompare dopo un colloquio o un’azienda interrompe le comunicazioni senza fornire spiegazioni. Oppure quando un persona ha ritenuto indispensabile per un suo tornaconto personale mantenere una certa collaborazione e poi chiuderla improvvisamente nel momento in cui non è stato più utile continuare.
Chi pratica il ghosting e perché?
Chi decide di ghostare spesso lo fa per evitare il confronto diretto. Le ragioni possono essere molteplici:
- Immaturità emotiva: Incapacità di gestire conversazioni difficili o di assumersi la responsabilità di spiegare i propri sentimenti.
- Evitamento del conflitto: Alcune persone preferiscono evitare del tutto il disagio di un confronto, preferendo sparire o spiare attraverso i social, piuttosto che affrontare le conseguenze emotive di una rottura.
- Mancanza di empatia: Chi ghosta può non comprendere, o non voler comprendere, l’impatto che la propria scomparsa ha sull’altro.
- Paura: La paura di ferire l’altro o di dover affrontare una reazione emotiva intensa può spingere a evitare qualsiasi spiegazione.
In generale, il ghosting viene praticato da individui che tendono a privilegiare la propria comodità emotiva rispetto alla responsabilità verso l’altro. Non si tratta necessariamente di persone maligne, ma di individui che trovano più semplice sparire piuttosto che gestire situazioni complicate.
Le vittime del ghosting: chi sono?
Il ghosting può colpire chiunque, ma è più comune che avvenga in contesti in cui la relazione si sviluppa rapidamente o è mediata dalla tecnologia.
Le persone più colpite sono spesso:
- Chi ha una maggiore sensibilità emotiva: Individui empatici e profondamente coinvolti nelle relazioni sono più suscettibili al dolore causato dal ghosting.
- Chi è in cerca di connessioni autentiche: Chi investe emotivamente nelle relazioni, romantiche o amicali, può soffrire maggiormente l’interruzione improvvisa.
- Chi si trova in una fase di vulnerabilità: Il ghosting può essere particolarmente devastante per chi attraversa un periodo di insicurezza o fragilità personale.
L’aspetto psicologico
Da un punto di vista psicologico, il ghosting rappresenta una forma di rifiuto implicito che lascia la vittima in balia di incertezze e dubbi. L’assenza di una spiegazione chiara genera spesso un senso di confusione e insicurezza: “Ho sbagliato qualcosa?”, “Cosa c’è di sbagliato in me?”.
Questo comportamento può attivare il cosiddetto “effetto Zeigarnik”, un fenomeno psicologico per cui la mente umana tende a rimuginare su eventi non conclusi. La mancanza di chiusura (o closure) spinge la vittima a cercare risposte che non arriveranno mai, bloccandola in un ciclo di pensieri intrusivi.
Le conseguenze emotive possono includere:
- Bassa autostima: La vittima può iniziare a dubitare del proprio valore.
- Ansia e insicurezza: La mancanza di una spiegazione genera instabilità emotiva e una difficoltà a fidarsi degli altri in futuro.
- Dolore da rifiuto: Essere ignorati attiva nella mente le stesse aree cerebrali associate al dolore fisico, rendendo l’esperienza del ghosting particolarmente intensa.
- Rabbia e risentimento: Spesso, chi subisce ghosting prova sentimenti di rabbia per l’ingiustizia subita.
Come affrontare il ghosting?
Superare il ghosting non è facile, ma ci sono passi utili per elaborare questa esperienza:
- Accettare l’assenza di risposte: Comprendere che il comportamento del ghoster dice più su di lui/lei che su di te.
- Non inseguire chi ti ha lasciato: Cercare insistentemente spiegazioni può amplificare il dolore. È meglio accettare la situazione e voltare pagina.
- Rivolgersi a chi ti sostiene: Condividere il dolore con amici o familiari fidati aiuta a sentirsi meno soli.
- Concentrarsi su di sé: Coltivare la propria autostima attraverso hobby, lavoro o terapia psicologica.
Il vuoto lasciato dal ghoster durante le festività
Il ghosting in sé è una forma di abbandono emotivo che lascia la persona “ghostata” in uno stato di disorientamento, ma durante le festività il vuoto diventa ancora più profondo e difficile da gestire. Questo accade perché il contesto delle feste amplifica il senso di mancanza, trasformando un silenzio già doloroso in un’assenza che sembra incolmabile.
Durante le feste, ci si aspetta gesti che rafforzino il legame con chi è importante nella nostra vita: un messaggio d’auguri, un invito a condividere un momento speciale, un piccolo regalo. Quando questi gesti non arrivano da una persona con cui si aveva una connessione, il silenzio pesa come un macigno. Non è solo la mancanza del gesto in sé, ma anche il crollo delle aspettative che amplifica il dolore: “Perché non ha nemmeno pensato a me?” diventa una domanda che rimbomba continuamente nella mente.
Il ghoster non lascia solo il vuoto di una comunicazione interrotta, ma cancella completamente la sua presenza dalla vita della persona ghostata. Durante le festività, questo vuoto si materializza: ogni momento, che avrebbe potuto essere condiviso, viene vissuto come una ferita aperta. La sedia vuota al tavolo delle feste, il telefono che non squilla, le giornate trascorse in solitudine diventano simboli di un’assenza che si fa sentire fisicamente.
La ferita del “non abbastanza”
Il periodo delle feste è un momento in cui si misura il valore delle relazioni attraverso la reciprocità: chi fa parte della nostra vita ce lo dimostra con gesti, parole, presenza. Il ghosting, però, lascia una ferita profonda perché dà l’illusione che non siamo stati “abbastanza” per meritare nemmeno una spiegazione. Ci si sente esclusi, messi da parte, quasi invisibili. Questo senso di inadeguatezza si somma alla solitudine, alimentando una spirale di pensieri negativi.
Una delle peggiori conseguenze del ghosting durante le festività è il senso di isolamento. Anche quando si è circondati da amici o parenti, il dolore causato dall’assenza del ghoster rimane una presenza costante. È un sentimento che spesso si fatica a condividere, per paura di sembrare deboli o drammatici: “Come posso spiegare che sto male perché qualcuno ha smesso di parlarmi?”. Questo isolamento emotivo porta spesso a una chiusura, facendo sentire la vittima del ghosting ancora più sola.
Quando il passato si mescola con il vuoto
Le feste non sono solo un momento di connessione presente, ma anche un periodo di ricordi e nostalgia. Chi è stato ghostato spesso ripensa ai momenti felici condivisi con la persona che ora è scomparsa, rivivendo mentalmente ciò che sembrava perfetto e domandandosi dove sia andato storto. I ricordi delle promesse, delle risate o dei messaggi scambiati si mescolano con il silenzio attuale, trasformando le feste in un terreno fertile per il rimpianto e il dolore.
In alcuni casi, se il ghoster era una figura che si pensava centrale nella propria vita, la sua assenza durante un periodo così simbolico può far emergere una sensazione di vuoto esistenziale. Non si sente solo la mancanza di quella persona, ma anche la perdita di un futuro immaginato insieme. La mente cerca invano risposte: “Perché è successo? Cosa avrei potuto fare di diverso?”, domande che raramente trovano una spiegazione, lasciando solo frustrazione.
La mancanza di una chiusura emotiva
Il problema principale del ghosting è proprio l’assenza ed uno stato di chiusura.
In conclusione Il ghosting è una pratica che lascia cicatrici emotive profonde. Nonostante si presenti in modo semplice per chi lo pratica è invece una forma di rifiuto che colpisce duramente chi lo subisce. Comprendere le motivazioni dietro il ghosting e le sue conseguenze psicologiche è fondamentale per elaborare l’esperienza e proteggersi emotivamente.
Nel mondo delle relazioni umane, la comunicazione resta un atto di rispetto e di empatia. Sparire senza spiegazioni può sembrare apparente un modo per evitare il conflitto, ma lascia dietro di sé solo dolore e domande senza risposta, diventando talvolta una pratica punitiva.
Ci sono silenzi che curano e silenzi che uccidono. Alcuni sono pause necessarie, spazi dove riprendere fiato, riflettere, proteggersi. Ma altri sono volutamente delle ferite inferte. Sono armi. Silenzi che non nascono dalla pace, ma dalla rabbia, dal rancore, da un livore tanto radicato.. È un modo per dire: “Ti annullo. Ti ignoro. Ti lascio nel vuoto. Voglio farti male”.
È facile sottovalutare un silenzio. Lo chiamiamo “assenza”, “distanza”, “allontanamento”, ma raramente lo vediamo per quello che è: una forma di comunicazione carica di significati. Un muro alzato con precisione, lasciando l’altro a bussare senza mai avere una risposta. Un modo per spegnere ogni dialogo, soffocare ogni spiegazione.
Chi sceglie questo silenzio spesso come detto, lo mette in atto per punire. Non ha parole, perché non vuole averne. Non cerca una soluzione, ma vuole che tu resti lì, fermo, a chiederti cosa hai fatto, cosa sei per meritare il nulla. È una vendetta sottile, una rabbia che non esplode ma implodendo consuma.
C’è una grande differenza tra il silenzio che chiude e quello che protegge. Il primo punisce, il secondo salva. Il primo è un’arma, il secondo è un confine. E bisogna imparare a riconoscerli, a capire quando un silenzio è una porta che si chiude in faccia e quando è una scelta di amore per sé stessi.
Il vero potere non è nel silenzio che punisce. È in chi trova la forza di rispondere a quel vuoto con la propria voce. Con la scelta di non restare fermo davanti a una porta chiusa, ma di costruire altrove, dove le parole sono ponti, non armi.