Il suo nome è Altin Plaku ed è il gestore del ristorante Borgo Nuovo, nel centro di Trento. 51 anni, stimato, gentile e sempre disponibile, segue la sala mentre la moglie Stefania è la cuoca e responsabile della brigata di cucina del ristorante. Lui è albanese, arrivato da ragazzino scappato da quello stato nel 1991. Da alcuni anni è titolare del Borgo Nuovo, con una lunga e appassionante storia di un uomo che ha raggiunto il suo sogno.
Altin, ci racconta la sua storia?
Sono arrivato in Italia nel 1991, scappato dall’allora dittatura albanese insieme ad altre migliaia di persone. Avevo 17 anni, ho salutato i miei, raccolto due stracci e sono salito sulla nave Panama, stipata come non mai di miei connazionali. Era una vecchia imbarcazione che trasportava zucchero, in disuso, forse l’avete vista nelle foto delle cronache di allora. Sono salite migliaia di persone, io sono rimasto in piedi per 24 ora, talmente era stipata. Siamo arrivati finalmente al porto di Brindisi in una situazione che la lascio immaginare. Ci hanno ospitato in una palestra per una settimana. Devo dire che la gente pugliese è stata oltremodo ospitale con tutti noi. Dobbiamo molto agli italiani.
Poi ha iniziato a fare il cuoco…

Le confesso che il mio ricordo più bello in assoluto è stato l’aver mangiato la mia prima pasta: un piatto di rigatoni, pomodorini pugliesi e basilico fresco. Non lo dimenticherò mai, ancora sento il sapore di quel piatto così meraviglioso. Da allora il mio desiderio era quello di lavorare in una cucina. All’inizio è stata dura, il mio primo lavoro è stato quello sì in cucina, ma a fare il lavapiatti.
Altin, le è mai venuto in mente di ritornare in Albania?
Dopo quel viaggio massacrante la mia idea era quella di tornare indietro. Mi avevano offerto delle banane, a casa mia in Albania manco sapevano cosa fossero, era un frutto che non conoscevamo. Avevo pensato: porto a casa le banane e le faccio assaggiare a mio fratello e ai miei famigliari. Per fortuna non sono ritornato subito. Tuttavia i miei hanno mangiato le banane, ma parecchio tempo dopo.
E’ rimasto in Italia. E quindi?
Ci hanno dislocato. Io sono arrivato nel Trentino dopo alcuni giorni e ho trovato lavoro in un ristorante come lavapiatti a Pinzolo, si’ dove si allena la squadra del Torino. Nel frattempo imparavo la lingua e cominciai a lavorare come pizzaiolo nel Lago di Garda, poi a Madonna di Campiglia e a Caorle. Ritornai a Trento e aprii una pizzeria anche se il mio desiderio era quello di aprire un ristorante. Poco alla volta, con i dovuti sforzi economici, ci sono riuscito. Ed eccomi qui nel mio ristorante Borgo Nuovo
Altin, sua moglie quando l’ha conosciuta?

Ero a Madonna di Campiglio quando conobbi Stefani Fasano. Lei viene dalla Calabria, sa cucinare benissimo e i suoi gestivano un ristorante. Decidemmo quindi di investire a Trento e aprire un ristorante di pesce, diversificandoci dagli altri colleghi. Per noi è stata una bella scelta e siamo contenti. Noi siamo specialisti nel pesce , anche se abbiamo piatti della terra. I nostri clienti sono molto contenti e li vediamo da come ritornano.
Ha figli?

Due figli: Riccardo 13 anni e Martina di 9. Devo dirle che Riccardo ha un gran palato, cucina da quando aveva cinque anni. Ricordo che da piccolo faceva le sue valutazioni su quello che mangiava e beveva. Se aveva il pollice su era buono, se giu’ era cattivo, se metteva il dito a metà quello che degustava era senza infamia e senza lode.

A Tirana ho conosciuto e apprezzato uno dei più conosciuti cuochi albanesi: si chiama Altin Prenga e il suo locale si chiama Mrizi Zanave (“L’ombra delle fate”). Lui è considerato il Carlin Petrini (Slow Food) d’Albania.
E’ un mio amico. Siamo scappati insieme nel 1991 dall’Albania, poi lui è ritornato dopo la caduta del dittatore. Ora gestisce un importante ristorante con centinaia di posti a sedere e prepara i piatti del territorio. E’ un agrichef che dà da mangiare a 300 famiglie di contadini che conferiscono i loro prodotti al suo ristorante. Un grande personaggio.
Per i lettori di www.enordest.it Altin e Stefania propongono la ricetta dei paccheri al sugo di pesce. Un buon piatto, anche estivo, di non difficile attuazione. Basta avere un buon pesce.
Paccheri al sugo di pesce

Ingredienti (per 4 persone). 320 g di paccheri, 400 g di calamari, 400 g di gamberi interi, 800 g di cozze, 400 g di vongole veraci, 400 g di scampi,
uno spicchio d’aglio, prezzemolo, peperoncino a piacere, 200 g di pomodorini di passata di pomodoro, 1 bicchiere di vino bianco,
Olio Evo.
Preparazione. Puliamo le cozze e le vongole. Puliamo poi i calamari e tagliamoli a rondelle.
Sgusciamo i gamberi e con del test prepariamo una biscque da parte. Mettiamo le cozze e le vongole in due padelle a fuoco vivace; appena si aprono spegniamo il fuoco e togliamo i gusci.
Teniamo da parte l’acqua delle cozze e vongole filtrata
In una padella con un filo d’olio e aglio saltiamo i calamari; in un secondo momento aggiungiamo anche i gamberi e gli scampi. Cuciniamo insieme il tutto per cinque minuti e poi aggiungiamo un po’ di acqua delle cozze e vongole.
Cuociamo insieme i pomodorini per qualche minuto aggiungendo infine la passata di pomodoro la bisque di gamberi e il prezzemolo. A parte cuciniamo i pacchero in acqua abbondante e infine saltiamoli per un paio di minuti insieme al sugo così il pacchero assorbe di più il sapore del pesce. Versiamo in un piatto caldo e serviamo.
Il vino in abbinamento

Il vino proposto è uno tipico del territorio trentino: un Nosiola, vino bianco della Cantina Pravis denominato Le Frate. Le uve Nosiola sono coltivate nei caratteristici terrazzi (frate) che guardano ai laghi di Toblino e Gavedine, varietà autoctona. E’ un vino fresco e brillante, abbinabile a questo piatto, con la giusta mineralità e sapidità. Da provare .