Abbandono. Abbandonare. Essere abbandonati. Abbandonarsi. La radice, secondo il dizionario etimologico Battisti-Alessio, deriva dal francese medioevale à ban donner, cioè dare in libero uso, quindi rilasciare, dare in balìa, e per estensione, lasciare. Queste quattro espressioni, che possono però contenere un senso molto diverso, soprattutto nella forma riflessiva, stanno alla base del nuovo romanzo di Valentina Durante, che si intitola, appunto, L’abbandono, pubblicato da qualche settimana per i tipi de La nave di Teseo.
L’abbandono in prima persona

La protagonista si racconta in prima persona, la seguiamo nelle sue attività quotidiane in una giornata di accudimento al padre anziano, quasi invalido e ipocondriaco, dalle 18.00 alle 01.20 ma, attraverso lunghi flashback, ripercorriamo anche tutta la sua vita e quella della sua famiglia disfunzionale. La madre morta giovane, il padre anaffettivo, la zia votata al sacrificio per stare accanto al fratello vedovo e ai due nipoti rimasti precocemente orfani. E poi loro: Anna, e Stefano, il fratello narcisista con il quale vive un legame fortissimo e morboso, e Paolo, l’ex marito di lei.
Ognuno è stato in qualche modo abbandonato, oppure ha abbadonato, e/o si è abbandonato all’altro, in un gioco al massacro che ha segnato le loro esistenze come un marchio a fuoco che non si può, o forse non si vuole, cancellare.
Cosa accade dopo l’abbandono

Frustrazione e recriminazioni, rancori e desiderio di vendetta, ma anche amore, amore disperato, attraversano questi personaggi. Ognuno a suo modo cerca di superare il suo trauma, come può. Il padre, professore di materie letterarie nel liceo che frequenta anche Anna, chiudendosi, nelle ore libere, nel suo studio a scrivere non si sa bene cosa, perché non pubblica mai nulla. La zia, annullandosi nel ruolo di donna di casa che rinuncia a farsi una vita sua.
Il fratello dominato dall’odio verso un padre incapace di dargli affetto, consumato dalla ribellione verso la famiglia, lusingato dall’amore incondizionato della sorella che manipola a suo piacimento, con tratti chiaramente sadici. Un legame, quello tra Anna e Stefano, che l’autrice descrive così: «Se oggi penso a ciò che io e mio fratello eravamo l’uno per l’altra, mi viene in mente questa immagine: due scalatori sorpresi dalla bufera che, trovato riparo sotto un costone di roccia, si stringono come meglio possono per non morire assiderati. Sapevo bene che, per il tipo di geografia dell’affetto impostaci da nostro padre, il mio era il posto più riparato e che era il corpo di mio fratello quello più esposto.»
La costrizione

Anna, quasi quarantenne, separata, copywriter perennemente alla ricerca di lavori che possano venire pagati, magari anche poco, si vede costretta, per accudire il padre, a tornare a vivere con lui nella casa di famiglia, dove i ricordi la riportano a un passato doloroso mai elaborato, ricordi a cui si è abbandonata. Così come si è abbandonata e continua ad abbandonarsi alla volontà malata del fratello e alla silente tirannia del padre, forse perché, come scrive Valentina Durante «Il potere che scegliamo di accordare alle persone che amiamo è direttamente proporzionale alla loro capacità di farci sentire splendidi e subito dopo indegni.».
Tra momenti di quotidianità casalinga del presente ed episodi che emergono dal passato, in corsivo e inizialmente in modo misterioso, vengono riportati passi di alcuni dossier che descrivono con chirugica precisione cadaveri di persone sconosciute, in attesa di qualcuno che ne reclami il corpo.
Abbandono e paure

L’inquietudine serpeggia tra le pagine di questo romanzo a tratti duro, a tratti disperato, spesso disturbante, che contiene diversi misteri. Perché Anna porta sempre dei guanti bianchi di cotone che la fanno assomigliare a Minnie, il personaggio dei fumetti Disney, pur non avendo alcun problema alla pelle? E perché il padre è ossessionato da questi macabri dossier, per i quali ha smesso di scrivere e di leggere? Perché Stefano ha abbandonato ventitré anni prima la casa di famiglia, non è più tornato e non ha più voluto vedere il padre e la zia?
Il lettore viene risucchiato da questa atmosfera claustrofobica e assorbente e non può abbandonare, nemmeno lui, la lettura fino all’ultima pagina.
La scrittura di Valentina Durante è limpida nonostante il materiale narrativo torbido

Le complesse relazioni tra i personaggi sono raccontate con precisione chirurgica e senza cadere mai nel facile psicologismo. La crudeltà di certi passaggi è gestita senza alcun compiacimento, dimostrandone la necessità determinata dallo sviluppo della storia. Il controllo è totale sulla lingua e sul lessico, che come un bisturi seziona vite incandescenti con una freddezza tanto apparente quanto efficace. Tutto si tiene e risulta imprescindibile per poter arrivare all’epilogo che scava nel profondo degli abissi più indicibili dell’animo umano. Epilogo che naturalmente non sveliamo.
L’autrice

Valentina Durante è nata nel 1975 e vive a Montebelluna (TV). È copywriter e consulente di comunicazione freelance. Fino al 2009 ha lavorato come ricercatrice di tendenze. Coordinando per la Camera di Commercio di Treviso un gruppo di stilisti, designer, artisti, progettisti e fotografi. Nel 2019 ha pubblicato La proibizione per l’editore Laurana. Suoi racconti sono stati pubblicati nelle riviste “Altri Animali”, “Leggendaria”, “L’ircocervo” e “Vibrisse” e nella raccolta Polittico (Caffèorchidea, 2019). Nel 2020 è uscito Enne (Voland). Del 2022 è invece Immaginare le storie – Atlante visuale per scrittrici e scrittori, scritto a quattro mani con Giulio Mozzi (Johan & Levi editore). Dal 2019 collabora come docente con la Bottega di narrazione.
Valentina Durante, L’abbandono, Milano, La nave di Teseo, 2024.
Grazie all’autrice per questa recensione straordinariamente attenta. Felice che si sia soffermata in apertura sul titolo, che vuole essere in effetti un contenitore semantico molto ampio, e che abbia concluso con delle notazioni sulla lingua, un aspetto al quale tengo molto: nella sua effettiva semplicità e limpidità, essa è stata molata sino allo sfinimento per ripulirla da sentimentalismi ed evitare derive morbose che – data la materia – sarebbero state facili.
Un romanzo che ho apprezzato molto.
Il romanzo di Valentina Durante ti prende e non ti lascia, ti ritorna con le immagini che come lei scrive, Annalisa Bruni, sono tagliate con precisione chirurgica. L’abbandono è difficile con quelle pagine magistralmente scritte. Annalisa Bruni grazie per questa sua recensione potente, completa e amante. Grazie!
Grazie!