Musica e racconti dal cuore. E’ questo il titolo della serata inaugurale di inizio anno che ha visto protagonisti nella scuola media di Lamosano la Banda comunale di Chies d’Alpago e lo scrittore Antonio Giacomo Bortoluzzi . Un brano diretto dalla Maestra Francesca Giacomini e un breve racconto letto una volta dall’attrice Sheila De Battista, una volta da Bortoluzzi. Lui è l’autore del libro “Montagna Madre – Trilogia del Novecento”.
Ma lasciamo che sia proprio l’autore a parlarcene in un’intervista rilasciata in esclusiva per www.enordest.it.
Bortoluzzi, come nasce questa trilogia?

“Montagna madre raccoglie i primi tre libri che ho scritto. “Cronache dalla valle”, “Vita e morte della montagna” e “Paesi alti” che ho pubblicato con Biblioteca dell’Immagine. Quindi si è pensato di raccoglierli insieme, perché rileggendo questi testi, che cominciavano a essere irreperibili, si è visto che in realtà raccontano un secolo sui paesi alti. Raccontano un secolo di montagna, un secolo di comunità, di gente che prova a farcela, dagli anni Trenta del ‘900 in avanti, fino al nuovo millennio. E oggi siamo qua a presentarlo in un magnifico paese, a Lamosano di Chies d’Alpago, in una scuola con la banda comunale ed è stata un’esperienza veramente meravigliosa”.
Ascoltare la banda suonare e ascoltare i racconti e le storie di una volta ha riportato un po’ tutti alla nostra infanzia. Forse questa serata ha saputo anche unire i tanti partecipanti in un sentimento comune?

“Come hanno sottolineato gli amministratori, c’è la necessità e il bisogno di ripartire, di ritrovarsi, di ricominciare dopo il periodo che abbiamo passato e che tutti ben conosciamo. E quindi cosa c’è di meglio di raccontare, di ascoltare la musica e di suonarla insieme, in un ambiente amichevole e confortevole dove ci si è anche divertiti e ci si è anche un po’ commossi?”.
Bortoluzzi, nei suoi libri ricorre spesso il nome di Tonin, suo nonno, e i suoi racconti: è stato il grande ispiratore?

“Non ho molta fantasia nei nomi, quindi Giacomo, Antonio, Tonin. Uso sempre quelli un po’ che mi riguardano. Questo rapporto, insomma, dello scambio anche generazionale, del passaggio da una generazione all’altra, lo ritengo importante anche oggi, perché nei nostri paesi che soffrono lo spopolamento, la denatalità questo legame, questa nuova alleanza tra vecchi e giovani, secondo me, è fondamentale per resistere adesso”.
Dopo due anni di pandemia molte cose sono cambiate. Ci sono delle difficoltà anche nelle comunità delle terre alte e un bisogno di “ritrovarsi”?

“Se pensiamo che il passato sia stato rose e fiori, come dice mia mamma “no ia vivést andè che ò vivést mi”. Cioè i luoghi da cui noi veniamo, che sono stati segnati dall’immigrazione e dalla povertà, dalle guerre non sono posti in cui è mai stato facile vivere. E quindi oggi possiamo rileggere quelle avventure, quelle storie, quelle vite forse con un sentimento di comprensione maggiore”.
Bortoluzzi, cos’è per uno scrittore raccontare la montagna?

“Mi sono trovato a raccontare di montagna, perché è la cosa che conosco, perché è il posto dove sono nato, vivo e vivrò. Non ho altri immaginari che affollano, come dire, la mia mente e quindi ho cominciato a scrivere di quello che conoscevo. Se fossi nato e vissuto al mare avrei probabilmente scritto di barche a vela, eccetera. Questo è un posto che io ho scoperto essere pieno di storie, pieno di avventure e oggi anche con un messaggio importante da portare. Oggi che il cambiamento climatico, il riscaldamento globale pone delle sfide e delle domande, a cui non siamo minimamente pronti a rispondere, forse nei paesi alti c’è della speranza”.
Quindi dalla montagna, dalle sue foreste, possiamo sperare arrivi una rinascita per l’ambiente?

“Qui abbiamo ancora della disponibilità di spazio, di acqua, di verde. Dei posti in cui si può ancora lavorare e avere cura di questo paesaggio che, però e parlo di noi dell’Alpago, ha anche una fragilità. Una fragilità che deriva dalla sua condizione idrogeologica. E quindi diciamo così: il lavoro non manca. Ma c’è un ambiente che è capace di riceverlo e dare sfogo a quelle che sono, secondo me, le prerogative di noi esseri umani. Cioè di essere in un luogo e farne parte”.
Il futuro di Bortoluzzi dov’è?
“Il futuro di Bortoluzzi è sempre nel lavoro che faccio, nella zona industriale di Longarone, e nella passione che ho incontrato da grande e che è quella di scrivere libri e incontrare persone. Ho un bel progetto in cantiere che mi assorbe in questi giorni molto importanti di scrittura e per scaramanzia preferisco tenerlo segreto. Ci diamo appuntamento al prossimo autunno. Autunno 2023!”.
Antonio Giacomo Bortoluzzi 1965, Alpago (Belluno) – www.antoniogbortoluzzi.it.

Nel 2010 ha pubblicato il romanzo per racconti Cronache dalla valle (Biblioteca dell’Immagine); nel 2013 il romanzo Vita e morte della montagna (Biblioteca dell’Immagine) vincitore del premio Dolomiti Awards 2016 Miglior libro sulla montagna del Belluno Film Festival; nel 2015 il romanzo Paesi alti (Biblioteca dell’Immagine) con cui ha vinto nel 2017 il Premio Gambrinus – Giuseppe Mazzotti nella sezione Montagna, cultura e civiltà. Con lo stesso romanzo è stato finalista al Premio della Montagna Cortina d’Ampezzo 2016 e al premio letterario del CAI Leggimontagna 2015. Nel 2019 ha pubblicato il romanzo dal titolo Come si fanno le cose (Marsilio Editori), finalista al Premio Latisana per il Nordest 2020, da cui è tratta l’omonima commedia teatrale (MDM Production). Nel 2022 l’antologia Montagna madre – Trilogia del Novecento (Biblioteca dell’Immagine).
È stato finalista del Premio Italo Calvino nel 2008 e 2010, oggi è membro accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna (GISM). Suoi articoli sono pubblicati su riviste nazionali e sulle pagine culturali dei quotidiani del Nordest.
Grande Bortoluzzi!! Un autore da leggere in profondità.