Il crocidolite, chiamato anche “amianto blu” o “amianto azzurro”, è il tipo di amianto più pericoloso per la salute in caso di inalazione delle fibre. Chi viene a contatto con questo materiale, anche dopo molti anni, può sviluppare l’asbestosi, cioè la formazione nel polmone di lesioni cicatriziali irreversibili che possono causare gravi difficoltà respiratorie. In altri casi, soprattutto nelle persone che lavorano regolarmente con l’amianto, può far insorgere un carcinoma polmonare o anche un mesotelioma, vale a dire un tumore incurabile della membrana interna del torace o dell’addome.
Il problema dell’amianto

L’uso di questo materiale che fu ampiamente utilizzato in molti settori dell’industria poiché le sue fibre sono resistenti al calore, al fuoco e alle sostanze chimiche e non conducono elettricità, venne abbandonato negli anni ‘70 del secolo scorso, tuttavia è ancora presente in edifici e manufatti per i quali è necessario procedere allo smaltimento.
Il caso dell’Irpinia

In Irpinia, dopo il terremoto dell’80, parecchi fondi statali e incentivi vennero destinati alla scoibentazione dell’amianto contenuto nelle carrozze ferroviarie, ma le società che presero in carico questa attività non misero in sicurezza i lavoratori che entrarono in contatto con le polveri sprigionate durante lo smaltimento di questo pericoloso materiale. Molti operai si ammalarono di cancro ai polmoni e morirono. Altri convivono tuttora con questa minaccia.
Un romanzo e il desiderio di giustizia per le vittime dell’amianto

La scrittrice irpina Emilia Bersabea Cirillo nel suo nuovo romanzo intitolato, appunto, Azzurro amianto, appena pubblicato dalla casa editrice Le plurali, racconta questa storia con passione e coraggio, affidando ad alcune donne la ricerca della verità e il desiderio di giustizia.
Due cugine, Beatrice e Maria Nives, si ritrovano, dopo anni di lontananza, ad Avellino. La prima vi è tornata a vivere per ricostruirsi lasciandosi alle spalle una maternità dolorosa (la figlia, gravemente disabile, è affidata a un istituto), la seconda, signora borghese dalla vita tranquilla, è impegnata nelle attività di un’associazione benefica tutta al femminile. Il “caso” di cui si sta occupando è quello di due donne che bivaccano all’interno di un vagone ferroviario abbandonato nel cortile di una fabbrica dismessa, la Newchemistry. Matilde e Ausilia, così si chiamano, sembrano in stato confusionale, scavano a mani nude nel terreno alla ricerca di qualcosa, sono sporche, vestono abiti laceri, sono visibilmente denutrite, ma non chiedono aiuto a nessuno.
La trama

Maria Nives, anche per offrire a Beatrice l’opportunità di tenersi occupata e di inserirsi nuovamente in una comunità, le chiede di avvicinare le due donne per convincerle ad accettare la solidarietà della sua associazione e venire accolte in un centro che possa dar loro assistenza.
Con molta delicatezza e umanità, Beatrice riesce, anche con l’aiuto di un parroco e di Renato, un affascinante e maturo ex sindacalista ed ex operaio della Newchemistry, a parlare con le due donne. Pian piano le convincerà ad accettare il ricovero in un convento dove saranno curate, rifocillate, lavate e vestite con abiti puliti.
Il caso amianto: dall’Irpinia ad Avellino

Ma questo è solo il primo passo verso la ricostruzione di quanto è avvenuto ad Avellino dopo il terremoto: le speculazioni, gli illeciti guadagni, la gestione senza scrupoli di un’attività pericolosa per la salute non solo degli operai, ma di tutto il territorio che ne verrà contaminato. Pezzo dopo pezzo, come in un puzzle dai foschi contorni, Beatrice viene a conoscenza di terribili segreti che coinvolgono le persone più insospettabili.
Soccorrere Matilde e Ausilia prendendosi carico della loro richiesta di giustizia aiuta la stessa Beatrice a riflettere su di sé e sulla sua vita, elaborando il senso di colpa per aver abbandonato a mani estranee la cura della figlia divenuta per lei ingestibile. “Con gli estranei è più facile sembrare buoni e disponibili perché non ci appartengono davvero. Possiamo agire sui loro corpi e sul loro spirito perché non sono carne della nostra carne” (p. 25).
Lo spunto narrativo proviene da un reale e drammatico fatto di cronaca locale: la vicenda dell’ex Isochimica, una di quelle attività industriali che per l’Irpinia avrebbero potuto rappresentare un inizio dopo il tragico evento del terremoto dell’80 e che invece fu la fine per troppe persone e le loro famiglie.
La scrittrice

La scrittura di Emilia Bersabea Cirillo, al tempo stesso elegante, raffinata e potente, conduce questa storia con mano sicura utilizzando una lingua dalle molte sfumature. Una lingua impreziosita da termini ed espressioni dialettali particolarmente efficaci nel caratterizzare un territorio aspro e sofferente come l’Irpinia. Come in altri suoi scritti emerge con forza il desiderio dell’autrice di dare voce a un’urgenza di giustizia affrontando temi importanti e attuali che non possono più essere ignorati o coperti da colpevoli connivenze. Ora si tratta dell’amianto, che tanti lutti ha portato non solo in Irpinia (pensiamo a Casale Monferrato, ad esempio), mentre nel suo romanzo Una terra spaccata aveva messo al centro della narrazione le discariche abusive e il loro tragico impatto sulla salute della cittadinanza.
Emilia Bersabea Cirillo, architetta, nata da Atripalda (AV), vive ad Avellino. Ha pubblicato la raccolta di racconti Fragole (Napoli 1996), Il Pane e l’argilla. Viaggio in Irpinia (Napoli 1999), Fuori Misura (Diabasis Reggio Emilia 2001), finalista al Premio Chiara 2002. Il romanzo L’ordine dell’addio (Diabasis, Reggio Emilia) finalista al premio Domenico Rea, Una terra spaccata, Edizioni San Paolo Milano 2010 (Premio Maiella, Premio Prata). I racconti Gli incendi del tempo, Et-al edizioni Milano 2013. Con l’Iguana editrice, nel 2001, ha pubblicato il romanzo Non smetto di avere freddo (Premio Minerva 2016 e Premio Di Lascia 2017). Ha fondato l’Associazione “Paroletranoileggere” per la promozione della lettura e la valorizzazione dei saperi femminili nel territorio irpino (e non solo). Nel 2022 ha pubblicato con le plurali editrice il romanzo Azzurro amianto.
Emilia Bersabea Cirillo, Azzurro amianto, Morlupo (RM), le plurali editrice, 2022.
Grazie della bellissima recensione. Annalisa Bruni ha centrato il senso “politico “ di questo mio romanzo, oltre che di quello narrativo. Complimenti. Emilia Bersabea Cirillo
Grazie. Il romanzo è bello e importante.
Grazie per la bella recensione!
Grazie. Molto bella anche la copertina, che è opera sua. 🙂
Grazie, a nome de Le plurali editrice, di questa approfondita recensione che rende merito alla penna di Emilia e mette in luce lo sfondo sociale del romanzo.
Grazie. Il romanzo è bello e importante. Grazie davvero per l’apprezzamento.