Una domanda: da quando nella vita sociale del genere umano sono comparse le prime “canzoni” intese come composizioni musicali che una o più persone potessero cantare, ricantare e trasmettere ad altri? Rispondendo a questa domanda possiamo definire un periodo in cui la musica cantata e suonata ha incominciato a diffondersi in modo “critico” tra i popoli dei sapiens, in che modo si è diffusa, con quale funzione e, probabilmente, in quali direzioni e con quali modalità ciò è avvenuto. A tutt’oggi la prima testimonianza di una presenza diffusa dell’uso corale del canto accompagnato dalla musica ci viene dalla Mesopotamia e dalla sua storia millenaria.
Le ricerche
Da tempo quella terra è sede di ricerche archeologiche di grande importanza. Per quanto riguarda l’oggetto di questo articolo testimonianze inequivocabili che ci fanno risalire probabilmente all’inizio della storia sociale della musica.
Alcune tavolette di terracotta su cui erano incisi dei segni cuneiformi furono rinvenute nei primi anni cinquanta da un gruppo di archeologi francesi presso l’antica città di Ugarit, l’odierna Ras Shamra. Fu ben presto avanzata l’ipotesi che quei segni potessero rappresentare degli eventi sonori, ma come e quali era del tutto misterioso.
Ancora oggi in Inghilterra come in America ci sono persone che, a ritroso e più o meno interpretativamente, tentano di riportare in vita l’antica musica babilonese che in quelle tavole si ritiene sia rappresentata.
Chi aprì la strada
Inizialmente fu la Prof.sa Anne Draffkorn Kilmer (ricercatrice della University of California), a decifrare il contenuto delle tavole e in ben quindici anni giunse, con l’aiuto di alcuni colleghi, alla registrazione del disco “Sounds from silence” (suoni dal silenzio), il cui sottotitolo, decisamente evocativo, recita “the oldest song in the world” (la canzone più antica del mondo).
Si tratta di una musica risalente al 1.400 a.C., suonata ai nostri tempi su una lira copia di una lira d’oro rinvenuta, assieme ad altri strumenti, negli scavi realizzati tra il 1920 e il 1930 da sir Sir Charles Leonard Wooley presso l’antica città stato di Ur.
La pubblicazione musicale sollevò parecchie critiche di tipo musicologico. La più condivisa era quella relativa alla scala(“modo” cioè la successione delle note utilizzate) in cui il canto era stato suonato che era di sette note, l’equivalente di una scala maggiore diatonica, vale a dire, ad esempio, la normale scala do, re. mi, fa…si che chiunque può suonare sui tasti bianchi di pianoforte.
Era un’ipotesi stupefacente, poiché era convinzione comune che le scale di sette note fossero comparse con gli antichi Greci duemila anni dopo e avessero aperto la strada al mondo della musica occidentale.
Quello che avete ascoltato o che ascolterete è un brano eseguito con una lira moderna di sette corde accordata come quella delle tavole. O meglio come alcuni supponevano fosse accordata quella delle tavole, poiché la rappresentazione cuneiforme dei caratteri spesso non permetteva una certa e univoca accordatura. Pertanto tra i vari studiosi permangono ancor oggi differenti opinioni, specialmente relative ai segni di difficile interpretazione che comparivano accanto alle note. Infine non era chiaro se la direzione delle sette note (cioè dei sette cunei) era univoca o variabile, cosa che avrebbe messo in discussione la questione dei sette suoni in successione lineare, e quindi tutto il lavoro della Kilmer.
Musiche diverse ma simili
Le numerose interpretazioni di quelle tavole, tutte diverse tra loro, dettero vita a musiche altrettanto diverse, ma abbastanza simili per clima musicale.
L’importanza della Grecia
Nel frattempo non molto lontano dall’area mesopotamica, anzi in un territorio che possiamo definire non solo confinante, ma anche per molti versi affine, si sta sviluppando una grande civiltà, una cultura che, anche tramite l’Impero romano, influenzerà l’intero mondo antico e moderno: la Grecia.
Infinite testimonianze iconiche e letterarie ci permettono di affermare che soltanto con i Greci la musica comincia a divenire arte indipendente. Cessa d’essere espressione quasi inconscia di affetti interiori o di credenze religiose. E sviluppa progressivamente una teoria musicale basata su leggi fisiche e armoniche che assumeranno progressivamente valore universale. Che la collocheranno per potenza estetica ed etica tra le grandi arti del genio umano.
Dalla Grecia all’occidente
E’ con lo sviluppo della musica in Grecia che prende forma il futuro della musica in occidente.
Nel 600 d.c. incontriamo tra i grandi musicisti Greci incontriamo Olimpo, un giovane celebrato per aver inventato il genere enarmonico. Questo genere musicale prevede di poter utilizzare nell’esecuzione delle armonie suoni lontani dalla cultura musicale greca come i quarti di tono. Introducendo il termine armonie stiamo dicendo che, come accade in un’orchestra di oggi, i diversi strumenti possono suonare insieme purché seguano regole condivise. Armonia è oggi uno dei percorsi principali per gli apprendimenti del musicista.
Un altro incontro fondamentale per la cultura musicale greca fu quello di Terpandro, il vero codificatore della teoria musicale antica (600 A.C.). Nativo di Lesbo, visse a Sparta. Compose delle melodie (nomoi) che furono tramandate per lungo tempo. La melodia è quell’”aria” che ci fa riconoscere una canzone. Melodia e armonia: siamo del tutto “dentro” alla musica occidentale.
Il fiorire della musica
Un tale fiorire di musica suonata, cantata, per la strada, in teatro, nelle funzioni religiose, nelle feste non poteva più basarsi soltanto sulla memoria degli esecutori. O sulla trasmissione orale da suonatore a suonatore. Stavano accatastandosi, idealmente s’intende, pacchi di “spartiti” per cantori, cori, lire e aulos che ormai nessuna umana memoria poteva ragionevolmente trattenere. Chi si è occupato di recupero della cultura orale o lo sta ancora facendo sa con quanta fatica, specialmente nelle zone più urbanizzate, si riesce a raccogliere memorie. E quanto ci si rende conto di aver perduto irrimediabilmente. Chissà se qualche aedo o qualche cantore esperto dell’antica Grecia, sollecitato da riflessioni di questo tipo non si sia adoperato a prendere in qualche modo nota dì ciò che suonava, di ciò che cantava, di come lo faceva.
L’epitaffio di Sicilo come la Stele di Rosetta
Fatto sta che più di qualcuno ci deve aver pensato se nel 1883 durante alcuni lavori per la costruzione di una ferrovia nei pressi di Aydın, in Anatolia fu trovata questa stele funeraria di marmo che è un importante documento musicale dell’antica Grecia. Su di esso è incisa una composizione musicale costituita da 12 righe di testo. Di cui 6 accompagnate da notazione alfabetica greca di una melodia di otto misure in modo frigio.
L’epitaffio di Sicilo ha per la musica un’importanza paragonabile a quella che la Stele di Rosetta ebbe per la individuazione del significato dei segni nelle scritture antiche.
L’epitaffio
Ecco le otto misure della stele trascritte in caratteri musicali correnti
Potremmo definirla anche la prima canzone completa che ci arriva dal profondo della storia.
Ecco come suonano le sue otto misure in modo frigio
E’ probabile che ti venga da pensare: tutto qua?
Proviamo a vedere tanti anni di storia della musica e di sviluppo della strumentazione e della tecnica musicale cosa potrebbero fare con quelle otto misure frige. Attenzione è solo un gioco, del tipo “cogli le differenze”
Buona estate e buona musica, sperando che belle occasioni ci vengano proposte e noi sappiamo afferrarle al volo, senza pregiudizi e con tanta curiosità..