Immaginiamo di venire catapultati da un momento all’altro in una realtà che non ha nulla di familiare, dove tutto è diverso e incomprensibile, a partire dalla lingua. Poi immaginiamo di arrivare in una terra sconosciuta, nel pieno di una notte invernale, fredda e buia, con addosso vestiti leggeri che ci fanno rabbrividire. Immaginiamo di dover cucinare senza gli ingredienti che usiamo abitualmente e di non sapere come preparare il nostro cibo. Immaginiamo, poi, di essere neri in un mondo di bianchi, troppo spesso ostili senza una ragione. Infine immaginiamo di avere quattordici anni e di venire inseriti in una classe dove capiamo soltanto la differenza tra ginnastica e musica, ma non quella tra scienze e tecnologia o italiano e storia, perché non conosciamo nemmeno una parola di ciò che dicono professori e compagni. Questo esercizio d’immedesimazione ha permesso a Elena Girardin, scrittrice vicentina – nel suo più recente romanzo, Dalla parte sbagliata del mondo (Ronzani, 2022), sedicesimo volume della collana VentoVeneto diretta da Matteo Righetto – di calarsi efficacemente nei panni di Omar, ragazzino senegalese che arriva in Veneto assieme alla madre per ricongiungersi al padre, immigrato già da qualche tempo e assunto alle Cartiere Burgo a Lugo di Vicenza.
Omar e la parte giusta
Inizialmente Omar pensa di essere approdato in paradiso, “la parte giusta del mondo” (p. 18), dove lo aspetta una vera casa, con l’acqua corrente, la doccia, la lavatrice e ogni comodità, per quanto modesta. Ma ben presto si rende conto che le cose, per lui e per la sua famiglia, sono molto diverse da come si aspettava.
La parte oscura
Omar in Senegal viveva e basta (p. 35), tutto era molto semplice per lui, ora invece deve imparare a fare i conti con un contesto sociale che lo emargina e lo fa sentire diverso e solo. A scuola diventa presto vittima dei bulli: Sergej, un ragazzino moldavo e il cinese Kaj.
Coraggio o vigliaccheria?
La comune condizione di stranieri non è motivo di solidarietà, anzi; per farsi accettare viene sottoposto a una sorta di rito d’iniziazione, deve giocare un brutto scherzo a Johnny, un compagno albanese che tutti chiamano El Gordo a causa della sua mole: svuotare durante la mensa un’intera boccetta di lassativo nel suo piatto di pastasciutta, che naturalmente comporterà esiti prevedibili e umilianti, innescando il desiderio di vendetta da parte del malcapitato. Questo “atto di coraggio” gli permetterà di entrare nel gruppo, ma sarà solo l’inizio di altre “azioni cattive”.
Omar e un professore come pochi
La sensibilità di un professore, che si accorge dell’attitudine di Omar per il disegno, gli darà la possibilità di coltivarla, anche grazie all’incontro con dei “writers” che gli insegnano come realizzare dei “graffiti” (p. 104). Soltanto attraverso i colori che impara a gestire dando vita alla sua fantasia, attraverso la curiosità per l’arte che lo porta a sfogliare qualche libro illustrato e a fermarsi ad ammirare le ville palladiane di cui è ricca la campagna vicentina, soltanto attraverso la bellezza Omar riuscirà a evadere da un clima familiare che diventa sempre più pesante e violento, dopo che il padre è stato licenziato e passa le sue giornate, ubriaco, al bar con una prostituta. E la simpatia per Lisa, una compagna di scuola bengalese, si rivelerà deludente; qualche bacio non basterà a Omar per realizzare il desiderio, accarezzato da tempo, di diventare il suo ragazzo.
Dalla parte della bellezza all’orrore
La passione di Omar per i “graffiti”, poi, porta a risvolti pericolosi: per poter comprare le bombolette spray che gli servono per la aerosol art comincia a spacciare, avviato da un ragazzino suo vicino di casa, e a marinare la scuola per seguire un gruppo di artisti di strada che vive in un centro sociale occupato.
La parte di Omar e tante storie
Tra le pagine del romanzo si intrecciano molte vite. Adulti che hanno lasciato tutto per rincorrere il sogno di un’esistenza migliore. Ragazzi che seguono le scelte dei genitori e devono adeguarsi a un ambiente diverso e per loro molto difficile prendendo anche strade sbagliate. Vite in bilico tra speranza e disperazione; piccole gioie e cocenti delusioni; lutti improvvisi, inaccettabili e strazianti.
La bravura dell’autrice
Elena Girardin racconta con delicatezza questa storia dalle tinte spesso fosche e drammatiche. E con forte empatia e profonda conoscenza delle dinamiche adolescenziali intrecciate con le complicazioni determinate dalle diversità culturali dei protagonisti. Immersi in un contesto multietnico che non sa ancora elaborare in esiti di pacifica convivenza e accettazione dell’altro. Si percepisce, nella sua capacità di immedesimarsi nei ragazzini di cui narra le vicende, una sincera partecipazione e profonda sensibilità. Attenzione che esercita come insegnante favorendo l’inclusione e realizzando attività che promuovono il coinvolgimento degli studenti e delle loro famiglie.
Elena Girardin vive in provincia di Vicenza, dove lavora come insegnante di lettere. Ha pubblicato i romanzi: Favola di paese, edizioni La Gru 2012; Le petit Omar, Panda edizione 2014; la raccolta storica dedicata alle figure femminili venete Le ali in tasca, edizioni La meridiana 2016; il racconto Due donne nell’antologia Io sono il Nordest, a cura di Francesca Visentin, Apogeo editore 2016; il romanzo Le madri imperfette, L’Erudita editore 2021.
Grazie, Annalisa Bruni, per questa bellissima recensione che mi emoziona. Hai colto tanti aspetti del romanzo, che spero possa contribuire a far riflettere su tematiche a me care, quali: #scuola #inclusione #linguaggio #diversità
Credo che oggi ci sia un gran bisogno di prendersi cura delle ragazze e dei ragazzi, credo che l’integrazione sia una delle grandi sfide che ci aspettano.
Grazie a te per averlo scritto.