Lo scorso 30 dicembre, su proposta dell’onorevole Pierantonio Zanettin di Forza Italia, la Camera dei Deputati ha approvato con 387 voti a favore un ordine del giorno con il quale impegna il Governo a valutare la possibilità di intestare a Paolo Rossi, lo stadio Olimpico di Roma.
All’indomani di questa notizia si sono innescate un mare di polemiche
I tifosi di Lazio e Roma si sono subito dichiarati contrari, scatenando lo sdegno, solo in parte giustificabile, di Federica Cappelletti, vedova di Paolo Rossi, che ha portato come confronto la scelta del comune di Napoli di cambiare nome allo stadio San Paolo in Diego Armando Maradona, dichiarando inoltre che l’Olimpico non è di proprietà dei tifosi di Roma e Lazio. Affermazione vera solo sulla carta perché l’Olimpico è sì di proprietà della società Sport e Salute ma di fatto uno stadio, tutti gli stadi del mondo, sono principalmente degli atleti che in quell’impianto si sono esaltati e dei tifosi che in quel luogo li hanno acclamati.
Per questo sbaglia la signora Cappelletti nel paragonare la scelta di dedicare l’ex San Paolo a Maradona con quella d’intitolare l’Olimpico a suo marito. Maradona a Napoli è una divinità e il San Paolo è stato il palcoscenico dove ha dato il meglio di sé.
Perché no all’Olimpico
L’Olimpico non era la casa di Paolo Rossi, dove, anzi, come avversario delle squadre romane non sempre è stato applaudito. Poi, non è neppure la casa della nazionale di calcio. L’Olimpico non è Wembley che in Inghilterra s’identifica con la nazionale di sua maestà.
Olimpico e Pablito
In molti, poi, non hanno memoria. Chi scrive ha i capelli grigi e la nazionale di Rossi è stata la più aspramente criticata e ricoperta d’insulti nella storia della squadra azzurra. Perché all’epoca, molto più di ora, il calcio era particolarmente diviso. Neppure la deludente gestione dell’inadeguato Ventura subì le disgustose offese che dovettero sopportare Bearzot e i suoi uomini, in primis Paolo Rossi.
L’Olimpico e la stampa romana contro Pablito
Oggi ci ricordiamo solo del trionfo del 1982, ma il Pablito che stese nell’ordine Brasile, Polonia e Germania, salendo in sole tre partite sul tetto del mondo, risorse proprio da quella melma di offese gratuite propinatagli soprattutto dalla stampa romana che, alla vigilia di quel mondiale, invocava la convocazione al suo posto di Roberto Pruzzo, centravanti della Roma, ritenendo Rossi un calciatore finito.
Nello stesso Olimpico la nazionale di un giovanissimo Rossi, alla vigilia della partenza per il mondiale in Argentina nel 1978, subì, in un amichevole di avvicinamento alla competizione giocata contro l’Jugoslavia, una delle più pesanti contestazioni della sua storia. E visto che proprio di storia del calcio si parla sarebbe bene ricordarsene.
Nemmeno Rossi vorrebbe
Lo stesso Rossi, se fosse vivo, non approverebbe la proposta di vedersi dedicare l’Olimpico, perché non se lo sentirebbe casa sua. La casa di Rossi erano il Romeo Menti di Vicenza dove nacque il suo mito, il Sarria di Barcellona dove risorse e il Santiago Bernabeu dove scrisse il suo nome per l’eternità nella finalissima del mondiale 1982 contro la Germania.
Con ciò non vogliamo sminuire la figura di Rossi che è e sarà per sempre, insieme a Gigi Riva, il simbolo della nostra Nazionale. Dedichiamogli il Centro Tecnico di Coverciano (la vera casa della nazionale) o una piazza in tutte le città d’Italia. Oppure costruiamo un nuovo stadio da dedicare alle partite della nazionale e intitoliamolo a Pablito.
Ma l’Olimpico no
L’Olimpico ha già un suo nome che evoca l’evento sportivo finora più bello organizzato nel nostro Paese: le olimpiadi del 1960. Infatti, lo stadio romano, grazie alla sua pista d’atletica, nacque per ospitare le gare della regina delle olimpiadi.
Lasciamo allora in pace l’Olimpico ed anche lo stesso Paolo Rossi che non ha certo bisogno di queste operazioni per essere ricordato. Chiedetelo in Brasile chi era il centravanti italiano che distrusse i sogni della loro nazionale più bella. Risponderanno tutti in coro: PAOLOROSSI. Pronunciato tutto d’un fiato, unendo nome e cognome. Loro se lo ricordano bene Pablito e non se lo dimenticheranno mai più.