Nella letteratura gli autori di bestseller sono sempre stati visti con un certo scetticismo. Sarà l’invidia per il successo raggiunto e i fiumi di denaro incassati o un certo malcelato disprezzo verso i generi ritenuti troppo commerciali. Nessun critico ha gridato allo scandalo quando il Nobel per la letteratura è andato, come quest’anno, allo scrittore tanzaniano Abdulrazak Gurnah (alzi la mano destra chi ha letto un suo libro e alzi la sinistra chi lo conosceva già e mi raccomando non barate). Molti critici, invece, si sarebbero scandalizzati se l’Accademia di Stoccolma avesse assegnato il premio a Wilbur Smith, lo scrittore sudafricano deceduto nei giorni scorsi.
Wilbur Smith, un grande scrittore

Smith aveva l’imperdonabile colpa di aver venduto 140 milioni di copie, di cui 26 solo nel nostro Paese, dove era molto amato. Sono numeri paurosi, numeri da re degli incassi. Ma la letteratura popolare non può essere di qualità? Certo e Wilbur Smith è stato un grande scrittore di un genere ritenuto però di serie B. Non c’era impegno sociale nelle sue storie, né la vivisezione dell’animo umano, né ricerca introspettiva. Smith era un maestro di libri d’avventura, un genere popolarissimo ma ritenuto, dalla critica, un parente povero dell’alta letteratura.
La sua capacità

Chi comprava un suo libro solitamente aveva letto quelli precedenti e avrebbe acquistato quelli successivi, ben sapendo quello che l’aspettava: un saliscendi di emozioni nelle 400/500 pagine delle sue opere. Dei mattoni quindi? Assolutamente no, i libri dell’autore sudafricano, pur se voluminosi, scivolano leggeri come una bibita dissetante in una giornata d’agosto e facevano passare al lettore delle ore piacevoli. Infatti, non è inconsueto trovare i suoi volumi nelle mani dei bagnanti che si rilassano sotto l’ombrellone con un suo libro tra le mani.
Gli inizi

La storia di Smith, poi, deve essere d’esempio per chi ha sempre sognato di scrivere ma si è trovato davanti tante porte chiuse. Lo scrittore prima di pubblicare il suo primo libro se lo vide respinto da 20 case editrici, fino a quando convinse un editore londinese. Era il 1964 e il libro s’intitolava Il Destino del Leone, primo volume del ciclo dei Courtney. Da quel giorno iniziò la sua ascesa che dal Sudafrica lo rese popolare nel mondo e per 57 anni l’ha portato nelle case di milioni di lettori per rapirli e trasportarli con l’immaginazione nella sua amata Africa.
Wilbur Smith e l’Africa

Nel continente nero, infatti, si svolgevano tutte le sue storie immerse in paesaggi da sogno, descritti con maestria unica, o in giungle impenetrabili. Il tutto raccontato con un ritmo serrato, arricchito da un accurato studio della storia del continente. La saga dei Courtney attraverserà ben tre secoli di storia, descrivendo lo sviluppo dell’Africa dal ‘600 fino all’inizio del ‘900. Da vero amante dell’Africa, Smith dedicò una saga intera opere all’Antico Egitto.
Wilbur Smith come Salgari

Nacque nel 1933 a 20 anni esatti di distanza del suicidio di Emilio Salgari, insieme al quale può considerarsi il re dei libri d’avventura. Come lo scrittore italiano descrisse scenari mozzafiato, senza spostarsi dal suo studio e viaggiando spesso con l’immaginazione. A differenza di Salgari, però, Smith ha vissuto da nababbo grazie alla sua prolificità, mentre l’autore italiano usò la prolificità per campare.