Il 2021 si è aperto con una produzione in Veneto in crescita del 12%. Nel 2020 l’economia regionale ha risentito fortemente degli effetti della pandemia. Stime della Banca d’Italia indicano che il PIL sarebbe diminuito dell’8,9%, in linea con il resto del Paese. L’indicatore che misura la dinamica di fondo dell’economia veneta (Ven-ICE) evidenzia come la fase di forte recupero dei mesi estivi, sostenuta soprattutto dall’industria, si sia indebolita nella parte finale dell’anno. Nei primi tre mesi del 2021 l’indicatore è tornato a crescere. Le prospettive circa i tempi e l’intensità della ripresa dipendono in larga misura dai progressi della campagna vaccinale.
Produzione regionale Veneto in ripresa
Nel 2020 la produzione industriale regionale si è ridotta rispetto all’anno precedente (-8,6%), nonostante un vivace, seppure parziale, recupero nei mesi estivi. Nel primo trimestre del 2021 la produzione ha rafforzato il suo recupero (+12% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). Anche gli investimenti, che avevano iniziato a ridursi nel 2019 dopo un quinquennio di crescita, si sono contratti di circa un quinto; per il 2021 le imprese prevedono un parziale recupero della spesa per investimenti. Le esportazioni di beni si sono ridotte nel 2020 (-8,2%); nel quarto trimestre, tuttavia, avevano pressoché recuperato i livelli di fine 2019, grazie soprattutto alla forte ripresa nei mercati esterni alla UE.
La crescita è proseguita nel primo trimestre del 2021 (+4,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente) nonostante il calo delle vendite negli Stati Uniti, a causa dell’apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro. E nel Regno Unito, in seguito all’introduzione di controlli doganali dopo l’uscita del Paese dall’Unione europea.
Covid ha colpito l’economia veneta
La crisi Covid-19 ha fortemente colpito il sistema della produzione in Veneto determinando un sensibile calo dei ricavi e della redditività. L’indagine della Banca d’Italia evidenzia che la quota di imprese in utile o in pareggio si è ridotta a circa tre quarti.
L’accresciuto indebitamento e l’impatto negativo sul patrimonio si sarebbero riflessi in un significativo incremento del leverage (rapporto fra i debiti finanziari e la somma dei debiti finanziari e del patrimonio netto). Questo si mantiene comunque su un livello ampiamente inferiore a quello rilevato prima della crisi del debito sovrano. La sostenibilità del debito è inoltre favorita dal permanere di condizioni di indebitamento favorevoli. Tuttavia potrebbero emergere rischi di squilibri finanziari per le imprese che presentavano già un leverage elevato alla vigilia della crisi. E operano nei comparti maggiormente interessati da contrazioni del fatturato.
Produzione in Veneto, i prestiti alle imprese
I prestiti alle imprese sono aumentati intensamente (+7,5% nel 2020) per effetto delle misure di sostegno al credito volte a garantire il finanziamento del capitale circolante. E a soddisfare le accresciute esigenze di liquidità a scopi precauzionali. La dinamica positiva dei prestiti è stata inoltre sostenuta dall’ampio ricorso alle moratorie previste dalle misure governative o di iniziativa privata. La crescita dei prestiti ha riguardato anche le piccole imprese. ha colpito alcuni dei comparti più segnati dalla crisi (tessile e abbigliamento, commercio, trasporti e noleggi e alloggio e ristorazione). La crescita dei prestiti è proseguita nei primi mesi del 2021 registrando un lieve rallentamento (+5,8% ad aprile) che ha interessato le imprese medio-grandi, mentre è proseguita l’accelerazione nel segmento delle piccole imprese.
Il mercato del lavoro e le famiglie
Il calo dell’occupazione (-2,4%) è stato in parte frenato dalle misure eccezionali di integrazione al reddito, di sostegno alle imprese e dal blocco dei licenziamenti. Sono stati colpiti in particolare i lavoratori dei settori legati al turismo e quelli dei pubblici esercizi che erano maggiormente cresciuti nell’ultimo decennio a fronte di percorsi lavorativi più frammentati e con salari medi più bassi . Le ore lavorate hanno invece registrato una contrazione senza precedenti (-11,2%) connessa con il rilevante ricorso agli strumenti di integrazione salariale. Nei primi mesi dell’anno in corso l’impatto della pandemia è stato significativamente meno intenso. Tra i lavoratori dipendenti del settore privato non agricolo, tra gennaio e aprile è stato creato circa un posto di lavoro ogni 100 dipendenti a fronte di 1,3 posti persi nello stesso periodo del 2020.
I prestiti alle famiglie
Il reddito disponibile delle famiglie è diminuito (-2,0%) e la flessione è stata in parte mitigata dalle prestazioni sociali che hanno contenuto anche l’aumento della disuguaglianza. Nel Nord Est è cresciuta l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta (7,1%), ma solo una parte di queste (2,1%) ha beneficiato delle misure del governo. Le limitazioni agli acquisti di beni e servizi, il timore del contagio e l’incertezza sulle prospettive occupazionali hanno determinato una sensibile diminuzione dei consumi (-12%). La conseguente crescita del risparmio si è riflessa in un incremento della liquidità detenuta in strumenti a basso rischio. Come ad esempio depositi bancari (+6,1% a 98 miliardi) e il risparmio postale.
I prestiti alle famiglie hanno rallentato (a dicembre +2,2% rispetto al +4,0% del dicembre 2019), in connessione con la stagnazione del credito al consumo. Mentre i mutui per l’acquisto di abitazioni sono cresciuti (+3,2%), sostenuti dalla ripresa del mercato immobiliare nella seconda parte del 2020. Le moratorie complessivamente attivate dall’inizio della crisi alla fine del 2020 riguardavano circa il 15% dei mutui delle famiglie venete. Quelle ancora in essere alla fine del 2020 rappresentano quasi il 10% dei mutui, in quanto per circa il 40% dei mutui interessati da moratoria sarebbero ripresi i pagamenti.