“Pensai a un labirinto di labirinti, a un sinuoso labirinto crescente che abbracciasse il passato e l’avvenire e implicasse in qualche modo gli astri. Assorto in quelle immagini illusorie, dimenticai il mio destino di uomo braccato”. Jorge Luis Borges. Ho letto “Finzioni” tantissime volte, ho rubato questo titolo anche per una mia mostra fotografica. È un libro che disorienta e confonde, insomma meraviglioso. Descrive un falso paese scoperto in un’enciclopedia pirata, un pianeta immaginario capace di cambiare la faccia del mondo, un uomo che sogna un altro uomo finché alla fine scopre di non essere mai esistito perché anche lui era il sogno di un’altra persona.
Il mistero del labirinto
Adesso che abbiamo le idee più chiare, possiamo entrare in un labirinto spettacolare, dove perdersi sarà un vero privilegio. Si tratta dell’incantevole Labirinto Borges della Fondazione Giorgio Cini, aperto per la prima volta al pubblico. Una visita accompagnata da musiche evocative composte da Antonio Fresa eseguite e registrate con l’Orchestra del Teatro La Fenice.
Immaginate un museo open air, luminoso e sicuro dopo questo periodo oscuro di pandemia. Il visitatore che entra nel labirinto sarà accompagnato da audio-guide con la composizione “Walking The Labyrinth”. La suite, in quattro movimenti, racconta la metafora dell’esistenza che scorre al contrario. Composta appositamente per la passeggiata, amplifica il mistero di questi sentieri. Un tocco magico di argentina si aggiunge all’orchestra della Fenice con la musicista francese Ninon Valder e il suo bandoneón, fisarmonica fondamentale nelle orchestre di tango.
Ma come nasce il Labirinto Borges?
Idea concepita esattamente dieci anni fa, nel 2011 e realizzata dalla Fondazione Giorgio Cini su progetto dell’architetto inglese Randoll Coate. Fu la vedova dello scrittore argentino Maria Kodama a volere quest’opera, a testimonianza dell’infinito amore del marito per Venezia. Quale città del mondo avrebbe rappresentato meglio l’essenza del labirinto?
Trae ispirazione dal racconto di Borges: “Il giardino dei sentieri che si biforcano”, pezzo forte di Finzioni, racconto enigmatico che lo scrittore definisce poliziesco.
Dato che effettivamente si legge come un giallo, meglio non svelarne gli arcani, la suspense è sacra. Più opportuno usare le parole che Borges utilizzò nella presentazione: “i suoi lettori assisteranno all’esecuzione e a tutti i preliminari di un delitto il cui scopo non ignorano, ma che non capiranno, mi sembra, fino all’ultimo paragrafo”.
Un chilometro di fascino
Il labirinto di Borges è composto da oltre 3200 piante di bosso alte novanta centimetri. Si trova alle spalle dei due chiostri, il primo progettato da Palladio e il secondo disegnato dai fratelli Buora.
Un chilometro di fascino e mistero che per la prima volta possiamo percorrere al suo interno: prima era possibile ammirarlo solo dall’alto, indubbiamente esperienza indimenticabile perché grazie alla visione aerea si “leggono” tutti i simboli che contiene.
Allora cominciamo dall’alto
Il labirinto si presenta come un libro aperto, costellato da richiami delle opere del grande scrittore: un bastone, gli specchi, due clessidre, un enorme punto di domanda, la tigre, il nome Jorge Luis e le iniziali di Maria Kodama. Le siepi sono disposte in modo da formare il nome Borges, come se fosse idealmente scritto sulle pagine di questo libro.
Scrive Borges: “Il giardino dei sentieri che si biforcano è un enorme indovinello, o parabola, il cui tema è il tempo: è questa causa recondita a vietare la menzione del suo nome. Omettere sempre una parola, ricorrere a metafore inette e a perifrasi evidenti, è forse il modo più enfatico di indicarla”.
Nel racconto, un importante governatore dello Yunnan, esperto in astronomia e astrologia, giocatore di scacchi, famoso poeta, decide di abbandonare tutto: potere temporale e piaceri della vita. Lo fa perché vuole dedicarsi alla composizione di un libro e di un labirinto in cui si perdano tutti gli uomini. Ma alla sua morte gli eredi trovano solo manoscritti caotici, coacervo confuso di appunti: così ne parla uno dei protagonisti: “L’ho esaminato una volta: nel terzo capitolo l’eroe muore, nel quarto è vivo”.
È così che il mistero si autoalimenta, quasi fosse un visitatore che non trova l’uscita del labirinto.
Un labirinto con l’uscita
Nonostante i misteri di Borges e la complessità della struttura di San Giorgio, è pressoché impossibile perdersi: nella vertigine che i labirinti riescono a dare, ci si smarrisce, ci si ritrova, ci si disorienta, e poi, alla fine, si scorge la via d’uscita.
Esistono in ogni caso delle strategie per trovare la strada giusta che sono ormai entrate negli aneddoti, dalla mitologia, alla letteratura, al cinema. Lo afferma lo stesso Borges: “Il consiglio di girare sempre a sinistra mi ricordò che questo era il procedimento abituale per scoprire il cortile centrale di certi labirinti”.
Il metodo più famoso per uscire da un labirinto, senza ricorrere al filo di Arianna, è quello di appoggiare una mano sulla siepe o sul muro e camminare senza mai toglierla, per non perdere l’orientamento, il percorso è più lungo ma alla fine vincente.
L’importanza dell’apertura del labirinto
L’apertura del labirinto al pubblico ha una valenza simbolica importante: 70 anni della Fondazione Giorgio Cini, 10 anni dalla realizzazione del labirinto, trentacinquesimo anniversario della morte di Jorge Luis Borges avvenuta il 14 giugno 1986.
In questo tragitto speciale, è interessante l’idea di coinvolgere tutti i sensi del visitatore, dal profumo di resina delle piante di bosso, alle armonie musicali che accompagnano la nostra passeggiata. Davvero un privilegio sentire le musiche di Antonio Fresa, molto noto grazie alle colonne sonore realizzate per cinema e tv, candidato ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento per Gatta Cenerentola.
La musica per il labirinto nasce dal progetto di Ilaria D’Uva con la realizzazione del disco “THE BORGES LABYRINTH & VATICAN CHAPELS LIVE, A SOUNDTRACK EXPERIENCE”. Idea innovativa che parte dalla valorizzazione del patrimonio museale attraverso la tecnologia, l’accoglienza e le visite guidate.
Labirinto e storia
Sin troppo semplice definire il labirinto una metafora della vita, certamente è tra i simboli più affascinanti della storia. Si pensa che alcuni labirinti venissero ideati per trarre in inganno i demoni che avrebbero dovuto entrarvi per poi restarvi imprigionati. Possiede la qualità di attrarre come l’abisso o il gorgo, ma nello stesso tempo si trasforma nello schema celeste del movimento apparente degli astri. È lo smarrimento del mondo, l’equivalente del caos.
La mia esperienza
Come appassionata di Borges e di labirinti, mi capita spesso di andare a fotografare due statue enigmatiche in un angolo di Venezia molto nascosto. Sono appoggiate ad un muro e circondate da siepi di rose bianche, fioritura che scompare d’inverno lasciando libere grandi finestre dal colore azzurro.
Le raggiungo facilmente con un percorso abituale dal quale prendo un punto di riferimento costante. Dopo gli scatti fotografici utilizzo un’uscita diversa che mi porta direttamente alla Chiesa dei Miracoli, capolavoro tutto ricoperto di lastre di marmo. Con questo metodo trovo sempre le statue, ma non riesco a capire perché quando decido di raggiungerle facendo il percorso inverso, cioè dall’uscita, mi perdo. Sbaglio strada continuamente, finisco in una calle chiusa e alla fine sono costretta a tornare indietro.
Queste statue sono diventate il mio giardino dei sentieri che si biforcano. Forse dovrei girare sempre a sinistra, oppure tenere la mano appoggiata al muro senza staccarla, o semplicemente, accettare l’idea che la vita non vuole mai farti entrare dall’uscita.
VISITE AL LABIRINTO DI BORGES
Il Labirinto Borges è visitabile dall’11 giugno tutti i giorni, escluso il mercoledì. Le visite si prenotano su visitcini.com, dove oltre agli orari sono disponibili i tour della Fondazione Giorgio Cini e delle Vatican Chapels, con proposte di esperienze che includono anche una sosta al San Giorgio Café. Per informazioni o comunicazioni: info@visitcini.com
Bravissima Elisabetta! Fantastico luogo!
Mercì
Dott.ssa Elisabetta, grazie per averci fatto conoscere questa meraviglia: il labirinto Borges della Fondazione Giorgio Cini a Venezia. Conoscevo il labirinto di Franco Maria Ricci, il raffinato editore, ma non immaginavo che una città sull’acqua potesse dedicare dello spazio ad una creazione vegetale, complessa da realizzare e poi da gestire. Però questo labirinto è un’opera d’arte, un monumento allo scrittore Jorge Luis Borges. San Giorgio, vista dall’alto grazie a queste bellissime foto che accompagnano l’articolo, sembra uno spazio ricco di verde. Però credo che questo labirinto sia privilegio di pochi, un luogo magico, elitario, riservato ad alcuni eletti; infatti scrive: “possiamo entrare in un labirinto spettacolare, dove perdersi sarà un vero privilegio”. Luogo magico, dove solo le persone consapevoli dovrebbero entrare. Bellissimo l’articolo scritto da una penna delicata e sensibile come quella della bravissima Elisabetta. Complimenti e grazie per tenerci aggiornati con uno stile che è pura letteratura.
Intensa questa rriflessione:”la vita non vuole mai farti entrare dall’uscita”.Aggiungo io…ne saremmo impauriti o affascinatida questo viaggio a ritroso. IL LABIRINTO ….che fascino!
Magico! Bravissima.
Esther