Arturo Lorenzoni, da luglio 2017 a luglio 2020 vicesindaco di Padova. Nato a Padova il 19 settembre del 1966, insegna Economia dell’Energia ed Electricity Market Economics alla Scuola di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova. Nel 2013 ho ottenuto l’abilitazione al ruolo di professore ordinario nel settore scientifico Economia Applicata. E ora candidato al ruolo di Presidente della Regione Veneto ha rilasciato un’intervista in esclusiva a èNordEst.
Le domande
Cosa l’ha spinta a candidarsi al ruolo di Presidente della Regione? “Certamente la decisione di accettare la candidatura nasce dal mio bisogno di restituire alla mia comunità, prima in città e oggi in Veneto, parte di quello che ho ricevuto. Sento di dover mettere a disposizione le competenze che ho potuto raccogliere in tanti anni di lavoro di ricerca e consulenza per rafforzare lo spirito di collaborazione e la progettualità in campo economico e ambientale. Il Veneto merita una politica all’altezza delle sue imprese, delle sue università, del suo mondo della cooperazione”.
La sfida di Lorenzoni
Alla luce degli ultimi anni di governo regionale, si sente “l’uomo giusto” per questa sfida? “Beh, non sta a me dirlo. Io sento di avere delle idee e una sensibilità che possono essere utili a costruire una proposta concreta di governo della regione. Alternativa a quella troppo poco ambiziosa degli ultimi dieci anni, limitata alla gestione ordinaria, senza progettualità né capacità di costruire relazioni tra le diverse componenti della nostra società. Io mi sono prefisso, quando partì nel 2019 il progetto di fare una rete delle esperienze civiche del Veneto, tante e belle, ma non presenti in ambito regionale.
Di favorire e spingere l’aggregazione dell’area democratica, per ridare quell’unità che è stata perduta ormai da diversi anni. Sono convinto che la maggioranza dei veneti non si ritrovi in una politica costruita intorno ad un nemico da battere, sia questo un migrante, l’Europa o un virus. Tesa a chiudere le nostre comunità di fronte a una presunta minaccia, protezionista nelle scelte economiche, discriminatoria verso ogni persona ritenuta diversa. Per questo ritengo la mia proposta valida per il Veneto, perché coerente con i valori e la sensibilità dei veneti”.
Le critiche di Lorenzoni
Quali sono le critiche che muove all’amministrazione Zaia? “Prima di tutto la constatazione di una gestione troppo di corto respiro. Senza progettualità, senza lo sforzo di creare relazioni e opportunità per la nostra economia. Troppo tesa a difendere un presunto benessere, lasciando di fatto il Veneto indietro rispetto alle regioni europee più dinamiche. La spinta verso la privatizzazione e la centralizzazione della sanità sono deleterie e ce ne siamo accorti con la gestione della pandemia. La negazione della minaccia dei cambiamenti climatici e la conseguente inerzia di fronte alla indispensabile svolta ecologica escludono il Veneto dalle opportunità della costruzione di nuove filiere orientate all’economia circolare.
La volontà di non entrare in dialogo con l’economia e di non intraprendere opere di lungo respiro hanno fatto si che si siano perse le banche della regione. E non si sia creato un polo di imprese dei servizi. Non si siano rafforzati i distretti industriali, cosi come non si sia investito sui trasporti e sulle reti logistiche. L’abbandono del progetto di Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale è irragionevole e dannoso. E la distanza dalle economie più dinamiche cresce purtroppo”.
Lei si presente come un civico: quali sono i valori che la contraddistinguono?
”Il progetto a cui lavoro è legato a obiettivi e progetti concreti, non ad appartenenze politiche. Un progetto PER, non un progetto CONTRO. Per una politica regionale più attenta alla protezione dell’ambiente. Più impegnata a favorire progetti di cooperazione economica, capace di porre le fragilità della nostra comunità al centro delle scelte. Se tutti ci facciamo carico dei bisogni di alcuni, in campo sanitario, economico, ambientale, sociale, possiamo migliorare la vita di tutti. Favorendo la solidarietà, non la paura per chissà quali minacce esterne”.
Il caso Zaia
Secondo lei, Zaia ha cavalcato l’onda del Covid per fare campagna elettorale? ”Il caso Crisanti è emblematico. Abbiamo perso la vera persona che sapeva affrontare l’emergenza. Certamente Zaia ha trovato nel virus un nemico intorno a cui costruire consenso. E le conferenze stampa in cui ha parlato di tutto nulla avevano a che vedere con la gestione dell’emergenza sanitaria ed economica. Ma quello che mi ha deluso di più, da cittadino e da uomo di scienza, è stato l’uso “a chiamata” delle competenze scientifiche. Interpellate e rese protagoniste solo quando assolutamente inevitabile. O quando esse erano ritenute convenienti per il consenso. La scienza va ascoltata sempre. In campo sanitario, ambientale, economico. Pur rimanendo della politica la responsabilità delle scelte”.
Lorenzoni, Zaia o Cappelletti? Chi teme di più? “Certamente Zaia parte da un forte consenso, costruito in molti anni di presenza sul territorio regionale. E su un semestre in perenne diretta televisiva. Cappelletti sconta l’appartenenza a un movimento in forte crisi di identità e il fatto che per le loro 5 stelle (acqua pubblica, ambiente, mobilità sostenibile, sviluppo e connettività), e dunque per gli elettori che hanno dato loro fiducia in passato, è difficile non riconoscere nelle mie competenze un riferimento solido”.
Il sogno di Lorenzoni
Domani si sveglia e scopre di essere il nuovo Presidente. La prima azione? “La prima azione è certamente una nuova legge urbanistica. Veneto 2050 è una norma novecentesca, che porta ulteriori ferite al territorio, distrugge valore immobiliare, impedisce al settore delle costruzioni di essere competitivo. Tra le persone che sto frequentando in questa campagna elettorale c’è aria nuova. C’è la speranza di un Veneto finalmente riconnesso con la sua tradizione di solidarietà, di costruzione di progetti condivisi, di attenzione alle fragilità di tutti e di ciascuno. Di un Veneto che non recrimina e non discrimina. Forte della consapevolezza di avere in se la forza per tornare ad essere protagonista”.