La crisi climatica sta avendo effetti sempre maggiori sull’industria del vino e della birra. In Europa, l’uva matura prima, la vendemmia viene anticipata e sta cambiando il gusto del vino prodotto da alcuni vigneti, spiega un recente articolo della Commissione Europea. Questo è vero soprattutto per il vino biologico che però sta facendo passi avanti in ricerca e innovazione. Tuttavia, nel corso dell’ultimo anno, in Italia il cambiamento climatico ha influito pesantemente su alcune denominazioni, come il Montepulciano e l’Aglianico, sottolinea Coldiretti.
Il clima mutato sta alterando anche il gusto e la qualità dell’ingrediente essenziale della birra: il luppolo. L’aumento delle temperature e il cambiamento delle precipitazioni stanno già riducendo la quantità di alfa acidi che dà sapore al luppolo europeo, rivela uno studio. Combinando i dati delle serie storiche con i modelli climatici, i ricercatori hanno calcolato che entro il 2050 la produzione di luppolo calerà del 4-18%, mentre il suo contenuto di alfa acidi si ridurrà del 20-31%, ovvero la birra sarà sempre meno amara.
Il clima nuoce al vino italiano. Produzione ridotta del 14% (al Sud molto di più)

Il 14% è una media generale: in Abruzzo e Molise la produzione è calata del 45%, in Basilicata del 50%, in Campania, Puglia e Sicilia meno 35%. La produzione italiana dovrebbe scendere intorno ai 43 milioni di ettolitri contro i 50 milioni registrati la scorsa stagione, facendo entrare il 2023 fra i peggiori anni della storia del vigneto Italia nell’ultimo secolo insieme al 1948, al 2007 e al 2017.
E se Sparta (il vino) piange, Atene (la birra) non ride!

“I consumatori di birra vedranno sicuramente il cambiamento climatico, sia nel prezzo che nella qualità”, ha detto Miroslav Trnka, scienziato del Global Change Research Institute dell’Accademia Ceca delle Scienze e coautore dello studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications. “Sembra inevitabile dai nostri dati”.
La birra, la terza bevanda più popolare al mondo dopo l’acqua e il tè, è fatta fermentando grani maltati (la maltazione è il processo di conversione dei cereali in malto) come l’orzo con il lievito. Di solito è aromatizzato con luppolo aromatico coltivato principalmente alle medie latitudini, che sono sensibili ai cambiamenti di luce, calore e acqua.
Negli ultimi anni, la domanda di luppolo di alta qualità è stata sostenuta da un boom di birre artigianali con sapori più forti. Ma le emissioni di gas serra nell’atmosfera stanno mettendo a rischio la sua coltivazione, ha rilevato lo studio.
Sostenibilità ambientale e agricoltura per difendere vino e birra

La sostenibilità ambientale è una priorità per combattere i cambiamenti climatici che mettono a rischio il futuro del vino e della birra italiani.
Le filiere corte sono la risposta migliore per tutelare le produzioni birrarie nazionali e la redditività dei produttori agricoli.
La sovranità alimentare è una strategia e una visione che ci permette di rispondere alla crisi climatica e di garantire un futuro alla birra italiana di qualità.
Gli impatti della produzione di birra

La produzione di birra con metodi tradizionali, però, non può essere considerata appieno un’attività ecosostenibile, a causa dei relativi impatti ambientali significativi provocati, ad esempio, dall’uso di grandi quantità di acqua e di ampie emissioni di CO2.
Molti birrifici si stanno però attivando per adottare pratiche più sostenibili a livello di impatto ambientale, ad esempio utilizzando fonti di energia rinnovabili, riducendo la produzione dei rifiuti e optando per materiali di riciclo oppure ottimizzando i processi produttivi così da ridurre l’utilizzo di acqua.
Alcune aziende stanno inoltre utilizzando metodi di agricoltura sostenibile per coltivare gli ingredienti della birra, come ad esempio il luppolo e il malto. La produzione di birra sostenibile è una tendenza in crescita, anche se non ancora adottata da tutti.
I problemi legati al vino

Per quanto riguarda il vino biologico, i produttori italiani si dicono pronti alle sfide portate dalle malattie della vite e dal cambiamento climatico.
Dichiara a questo proposito la presidente di FederBio Servizi Srl, Maria Grazia Mammuccini: «Proprio in questa annata difficile abbiamo dato prova di resilienza mostrando di aver compiuto importanti passi avanti sul terreno della ricerca e dell’innovazione. L’annata 2023 è stata molto difficile e impegnativa per tutte le produzioni agricole, non solo per il vino. Hanno avuto difficoltà l’olio d’oliva, la frutta e gli ortaggi e anche i cereali. E non solo per il settore biologico che, invece, ha dato prova di resilienza, mostrando di aver compiuto importanti passi avanti sul terreno della ricerca e dell’innovazione».
Vino, birra e il pensiero di Mammuccini

Continua, poi, a favore dell’agricoltura biologica italiana e in merito al vino bio: «Io trovo sia un errore dividere il mondo agricolo in due, individuando nel biologico il segmento che ha avuto danni maggiori. A me non risulta questa separazione netta. Dove vedo una netta linea di demarcazione è tra imprese che sono riuscite a rispondere tempestivamente alle sfide del cambiamento climatico, magari puntando solo sulle forze proprie e imprese, spesso più piccole, che effettuano le lavorazioni soprattutto attraverso il contoterzismo e che non sempre sono riuscite a fronteggiare le fitopatie (leggasi: malattie delle piante).
Il tutto senza dimenticare un altro importante aspetto che ha fortemente condizionato l’agricoltura italiana: la mancanza di manodopera. Le difficoltà nel trovare addetti, e in particolar modo lavoratori specializzati, ha inciso sul calo produttivo dell’agricoltura italiana forse ancora di più delle patologie come peronospora e flavescenza dorata. Ecco, più che parlare di differenze tra biologico e convenzionale parlerei di differenze tra imprese che hanno saputo rispondere alle sfide e altre che tra difficoltà organizzative e tecnologiche non ci sono riuscite».
In secondo luogo, se c’è un insegnamento che viene da questa campagna è che anche il biologico ha fatto importanti passi avanti. «Non esiste più solo il solfato di rame – aggiunge la presidente di FederBio Servizi Srl – e anche nel biologico ci stiamo evolvendo. E lo stiamo facendo grazie a formulati che hanno ridotto l’apporto di rame e all’introduzione di induttori di resistenza che, utilizzati insieme al rame, hanno rafforzato la resilienza del biologico rispetto al passato. Aspetti che dimostrano che il settore biologico guarda con grande attenzione e ricerca e innovazione e non è un settore proiettato solo al passato».