Scriveva nelle pagine dell’Espresso, Gilberto Benetton, l’anima finanziaria del gruppo trevigiano di Ponzano Veneto, scomparso nel 2018: “I veneziani possono stare tranquilli. La città con il nuovo Fondaco sarà più giovane, più produttiva e più moderna. Non vogliamo fare l’ennesimo albergo”. Correva l’anno 2011 e il gruppo con Edizione Property dei quattro fratelli, Luciano, Giuliana, Gilberto e Carlo, si accingeva a cominciare il restauro del Fondaco del Tedeschi, edificio cinquecentesco, già sede delle Poste Italiane, acquistate nel 2008 dall’Agenzia del Demanio per 53 milioni.
Ne metteranno altrettanti i Benetton per restauri e arredi. Fin dall’inizio fu una avventura travagliata con due ricorsi al Tar di Italia Nostra (presidente Lidia Fersuoch che poi scrisse un libro) e uno, perdente e definitivo, al Consiglio di Stato.
Molte furono le proteste, all’epoca, del mondo accademico, Ca Foscari e Iuav, in testa.
La fine dell’avventura del Fondaco
Ora è finita l’avventura con quasi 400 dipendenti a casa dal prossimo anno. Il gruppo francese Lvdh, settore grandi firme di Bernard Arnault, ha dichiarato forfait per i troppi debiti accumulati negli anni. Biblica a questo punto la sentenza emessa sulle pagine di Repubblica da Salvatore Settis nel 2012. É l’autore del celebre libro “Se Venezia muore”. A proposito del progetto dell’architetto olandese Rem Koolhaas, una archistar consigliata all’epoca ai Benetton dal sindaco-filosofo Massimo Cacciari, annota Settis: “Terrazza, con vista mozzafiato a scapito della legalità e della storia…”. Si riferiva ai premurosi permessi rilasciati dal Comune di Venezia (sindaco Orsoni) per modifiche del tetto con maxi altana di 800 mq e scale mobili con demolizioni di parti murarie originali del Cinquecento che proprio la Soprintendenza aborriva. “Ma solo per pochi centimetri”, sentenziò a Roma il Consiglio di Stato. Prevalse il concetto di “pubblica utilità”. Per i beni di extra lusso? Boh. Il Comune di Venezia , all’epoca, ricevette 6 milioni dai Benetton come “beneficio pubblico”. Serviranno per sanare il bilancio comunale traballante.
Quante traversie per il Fondaco
E pensare che nel 2012 il Fondaco sembrava assicurato alla secolare Rinascente, ora multinazionale con soci orientali (thailandesi). All’epoca l’amministratore delegato Alberto Baldan, di origine veneziana, dichiarava al cronista della Nuova Venezia, Enrico Tantucci: “…che il Fondaco diventerà come un grande campiello veneziano per la socializzazione, con cibo, artigianato…”. 6800 mq destinati al commercio e 2800 agli spazi culturali pubblici”. Un progetto “veneziano”, nazional- popolare, dopo la felice esperienza della Rinascente a Firenze, in Piazza della Repubblica.
Poi nel 2015 la sentenza, “tranchant”, del Consiglio di Stato, che rigetta il ricorso presentato da Italia Nostra. Respinto, come detto, “per gli effetti benefici per la collettività…”.
Gli affari sono affari
All’ultimo momento però il Gruppo Benetton, cancella la Rinascente che già stava preparando la conferenza stampa. Un “rebalton”, per dirla in lingua locale. Arrivano i francesi di Bernard Arnault, con fiduciaria DFS di Hong Kong. Mica bruscolini.
“Benetton ha concesso loro – scriverà la corrispondente tedesca Petra Reski, e mai smentita – in affitto l’edificio per 110 milioni di euro, per nove anni (ovvero settembre 2025), strana coincidenza di date, circa il doppio della cifra che Benetton ha sborsato per comprare il palazzo dal Demanio.
L’esempio del teatro Ridotto
Business is business. E alla famiglia trevigiana, gli affari a Venezia non sono mancati. Nel 1997 acquista l’hotel Monaco e Gran Canal. La speculazione si allarga al teatro Ridotto. Nel Seicento il primo casinò al mondo. Negli anni ‘80 e ‘90 andavamo tutti ad assistere agli spettacoli del comico Paolo Poli.
Secondo un accordo con il Comune il teatro poteva essere utilizzato per scopi culturali diversi giorni all’anno. Invece è diventato un salone dell’albergo. Stesso destino per il glorioso Cinema San Marco. Un progetto dell’arch. Giorgio Bellavitis lo doveva trasformare in sala conferenze e d’essai. Ma i Benetton dissero che era un “progetto anti-economico” e così il vecchio cinema, venne incamerato nei servizi alberghieri. Stessa sorte per la Libreria Mondadori, luogo di cultura d’eccellenza per i veneziani, coordinata da un giovanissimo Giovanni Pellizzato. Era il luogo di incontri culturali per i veneziani. Fu trasformato in negozio Louis Vitton. E andiamo avanti. Ecco l’acquisto dal Demanio dell’isola di San Clemente, otto ettari storici in mezzo alla laguna sud, già manicomio, poi trasformato in hotel cinque stelle. Prontamente venduto con profitto alla finanziaria turca Permak, oggi è gestito come albergo super lusso dal gruppo Kempiski.
Oltre al Fondaco i Benetton partecipano anche ad altro
Altro affare degli imprenditori veneti, la partecipazione in Grandi Stazioni. Affaroni a Venezia e Mestre con decine di negozi, ovviamente rivenduti. Poi le mani sul Tronchetto destinato a diventare un polo di servizi e alberghiero. La società romana Finnat, gruppo Nattino, attraverso “Investire Sgr”, ha già pronte al Tronchetto (imminente l’inaugurazione) 330 camere con l’Hilton cinque stelle plus, e “solo” altre 440 camere come b&b. Più povere e democratiche.
Dimenticavo: la finanziaria di minoranza della Finnat, vede presente i Benetton (con Regia) all’11,6%. Nel cda c’è il commercialista Ermanno Boffa, marito di Sabrina Benetton, la figlia di Gilberto.
Non ci resta che aspettare il 2025, Demanio permettendo, anche per la sorte del grande complesso del convento di San Salvador, ex Tim, già storica sede dal 1964 della SIP.
Rientra nel piano delle alienazioni triennali. E noi stiamo a vedere.
Che schifo! Quanti affari sono stati liberi di fare… A proposito: non si doveva togliere loro le autostrade ? Gli italiani ” digeriscono ” tutto,basta un po’ di tempo.,
i Maglietton non sono mai sazi, con la complicita’ dei governi di destra e di sinistra. I beni del demanio sono degli italiani che pagano le tasse, Questi “prenditori” le tasse non le pagano perché le loro societa’ hanno le sedi nei paradisi fiscali. Cosa aspettiamo a cacciarli che sono il male della Nazione. Hanno anche sulla coscienza i morti del Ponte Morandi…e tutti zitti mentre loro se la godono. Criminali, speculatori e ladri.
Io penso a quei poveri dipendenti. Ne conosco diversi, come frequentatore del Fondaco. Molti si sono trasferiti nel veneziano da altre città, altre regioni, addirittura da altri Paesi. Hanno acquistato casa, hanno acceso un mutuo. Hanno trovato al Fondaco un posto di lavoro “sicuro” e che gli ha consentito di fare carriera. DFS ogni anno annunciava degli avanzamenti di carriera. Così c’è chi entrato col V livello del commercio è arrivato fino al III, chi fino al II, chi fino al I. E c’era anche chi dopo tanti anni di lavoro duro aspettava la tanto sudata e meritata promozione a febbraio 2025. Promozione che non arriverà mai. “Almeno prenderete una buonuscita”, chiede qualche cliente. Ed invece no! Perché per la legge italiana, una società straniera che non ha altre sedi in Italia, può chiudere quando vuole, lasciare a casa tutti e non pagare neanche gli indennizzi ai dipendenti.
E certo che un imprenditore fa i suoi interessi cosa volete che faccia, lavorare per rimmettere i soldi
…se il nostro presidente Zaia non si lamenta, siccome lui è attento ai nostri bisogni, ed è tranquillo, allora sto tranquillo anche io.
Benetton se fosse di Catanzaro mi preoccuperei, invece è un trevigiano ed è tranquillo, allora sto tranquillo anche io, come sono stato tranquillo anche con il mose. Viva i Veneti, gente tranquilla.
Ricordo le vittime del ponte Morandi a Genova…
Che altro dire se non”pecunia non olet”?interessante sarebbe conoscere in quale portafoglio e appartenente a chi sia finita tanta pecunia!
Per svendere ciò che ancora rimane della PIÙ BELLA CITTA’ DEL MONDO!e magari la incontri per strada ,questa gente ed ,educatamente,la saluti!
Speravo che un Veneto avesse a cuore la regione dove è nato e soprattutto amasse la città di Venezia visto che i Benetton x i veneziani vengono dalla campagna !
Mentre sono solo degli ARRIVISTI SPECULATORI
Speravo che un Veneto avesse a cuore la regione dove è nato e soprattutto amasse la città di Venezia visto che i Benetton x i veneziani vengono dalla campagna !
Mentre sono solo degli ARRIVISTI SPECULATORI
I Benetton cavalcano i politici da sempre. Pet i soldi con le maglierie hanno messo a carità centinaia di famiglie. Purtroppo l’Italia è un contenitore di favori tra ricchi. Imprenditori da strapazzo di bassa cultura e disonestà fiscale programmata da abilissimi studi commercialisti che godono delle strane leggi partoritevMontecitorio.
Vergogna
Si può solo condividere le parole di Gabriella e Roberto.
Intanto continuiamo a pagare le autostrade e a far fare affari che non arricchiscono la cultura di un paese ma solo le tasche di pochi …che se ne faranno poi di tutti quei profitti mutande di Louis vitton…credo sia molto meglio Armani.