In questi mesi di rievocazioni, molti hanno parlato – salvo il governo – di un grande italiano che amò la sua patria, sia come nazione di appartenenza sia come Polesine terra natale: Giacomo Matteotti. Della prima, l’eroico politico vittima del fascismo dilagante (10 giugno 1924), ha lasciato scritto: “Per noi, patria ha esclusivamente significato se equivalga a libertà, ad autonomia di un popolo che vuole dettarsi proprie leggi.” (1915). Per quanto riguarda l’amore di una terra, la sua terra, si può dire che ha avuto con essa un rapporto simbiotico, e lo dice uno che viene da lì; ma il Polesine è stato anche un “laboratorio permanente” (cito Federico Fornaro in G. Matteotti, L’Italia migliore, Bollati Boringhieri) della sua “predicazione” socialista che esaltava questi principi morali: giustizia, libertà, eguaglianza, fratellanza”. Non ci notate anche voi un’eco… evangelica? Redenzione e predicazione non sono solo parole….
“Noi giovani”, troviamo anche scritto, “specialmente provenienti da classi borghesi, abbiamo abbracciato l’idea socialista per un alto ideale di civiltà e redenzione insieme alle nostre plebi agricole” (1921).
L’amore per la terra di Matteotti
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La “civiltà contadina” era anche miseria e ignoranza: per questo Matteotti si batteva affinché “le plebi” fossero istruite e fosse vinto l’analfabetismo: lui sapeva benissimo che la cultura era uno strumento del loro riscatto. L’ignoranza è, sempre e ovunque, una forma di schiavitù e dunque c’era da assecondare con i mezzi della politica l’“esigenza di cultura dei lavoratori”. Sapendo, aggiungo da conterraneo, che c’è un pane anche per nutrire l’anima.
L’amore per la terra sorella
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Voglio concludere questo pensiero con le parole di un poeta padovano, Bino Rebellato, che ha dedicato un libro alla sua “terra sorella”, cioè Cittadella e dintorni: Amore di una terra (1990):
Cara terra piana – fertile e facile ad essere
arata, lavorata come nessun’altra;
[……]
di filari, spartita – da lunghi terragli e fossi
con grandi fiori gialli – dei topinambur….
Durante le battaglie per il riscatto delle masse contadine, quel grande libertario che fu Matteotti restò legato sempre con mente e cuore al “suolo natio”. E non è retorica: il sangue versato non mente.
Pericolose convivenze all’interno dell’amore per la terra: gli animali domestici
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Sentiamo tanto parlare di intelligenza artificiale, argomento che un po’ ci incuriosisce un po’ ci inquieta. Ma le cronache crudeli di queste ultime settimane ci portano a chiederci: quanto sappiamo dell’intelligenza animale? E quindi, conosciamo veramente i nostri “amici a quattro zampe”? Le recenti aggressioni a donne e bambini straziati da pitbull, tenuti come cani “di famiglia”, si sono concluse in tragedia. Abbiamo degli alieni in casa?
E ci si chiede, piangendo le vittime innocenti, perché questi attacchi feroci avvengano, e se sia ragionevole accettare queste convivenze uomo-animale, sapendo della loro pericolosità. Il buon senso suggerisce che se un adulto sceglie di con-vivere con un pitbull il rischio è calcolato: ma è lecito esporre allo stesso rischio, addirittura mortale, un bambino?
La domanda iniziale forse è ingenua, ma ce ne sono altre. Per esempio se un cane possa provare gelosia per un “cucciolo d’uomo”. E ancora un’altra: questi razza di animali che condividono con noi lo spazio vitale del pianeta, e addirittura quello domestico, possono impazzire?
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Nel libro di Filelfo L’assemblea degli animali. Una favola selvaggia (Einaudi 2020), a proposito del secolare rapporto fra il Cane e l’Uomo, l’autore parla di “conflitto di fedeltà”. Ne riporto un brano:
“Si dice che il cane obbedisca all’uomo come a un capobranco. Ma questa storia dell’obbedienza era riduttiva. Era un patto concordato fra le parti. Abituato da millenni a onorare l’accordo che i suoi antenati avevano stipulato con l’uomo – io ti segnalo il pericolo, tu mi dài da mangiare – nessun cane poteva di punto in bianco rescindere il contratto; né lo voleva” (pag. 39).
Un patto! Certe cronache giornalistiche ci costringono a meditare.
Ritorno a casa
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(poesia)
I tuoi passi meditabondi
hanno stasera un compagno
che cammina sui muri:
è la tua ombra, un ritratto
involontario scritto dal sole
che dardeggia all’orizzonte.
I tuoi passi l’ombra li compie
dentro un arabesco di foglie
rubate agli alberi del vialetto
che ti conduce verso casa –
doppio viandante nell’ora
incantata della tua città.
Siamo come fantasmi
vaganti su schermi di pietra
dove l’ombra ci replica,
imprendibile silhouette:
oggi è qui, nel presente,
ma domani chissà dove.
Anonimo ‘24
Io sarei promotrice di premi da assegnare ad alunni preparati in Storia, con tanto di pergamene e medaglie, a chi dimostri di conoscere pensiero , vita e morte del grande Matteotti . Non dobbiamo dimenticare , mai ! L’ ignoranza è regresso, è inciviltà. Penso , inoltre , che quest’ ultima generazione di giovani , intenti a telefonini, macchine elettroniche e , addirittura , all’ intelligenza artificiale vadano indirizzati a conoscere il territorio in cui vivono e ad aprirsi , a confrontarsi , a ragionare sulle radici della loro vita , per trovare finalmente lo scopo della loro stessa esistenza. Solo allora potranno darsi uno scossone , un impeto di orgoglio e , spero , la gioia di vivere .
Possono impazzire gli animali che convivono con noi? Questa domanda continua ad aver risposta positiva troppo spesso. Mio padre, tanti anni fa, passeggiando fuori città nel verde, fu morso da un cagnolino minuscolo, sconosciuto, che correva attraverso un prato, morse mio papà e sparì. Io fui malamente ridotta da un cane impazzito, durante un viaggio lontano da casa, con conseguente visita nel prossimo ospedale della zone e vaccinazione antirabbia. Un amico fu morso dal suo proprio cane, animale trattato sempre benissimo … Ho paura dei cani, anche se i proprietari regolarmente assicurano di non temere. Ma le “eccezioni” esistono, eccome.